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don Roberto Seregni – Commento al Vangelo del 5 Maggio 2024

VOI SIETE MIEI AMICI

Oggi il Vangelo ci conduce per mano a contemplare il centro del cristianesimo, il nucleo incandescente della vita. Troppo spesso abbiamo ridotto la fede a una serie di cose da fare o da non fare e ad alcune verità da professare (senza fare troppe domande sennò il don si innervosisce…).

La maggior parte della gente è convinta che la fede sia una cosa noiosa e antiquata, che va bene per le vecchiette o per qualche essere speciale che ha ricevuto un’illuminazione celestiale. Per gli altri, per i normali, basta l’oroscopo…

Il Vangelo di oggi smaschera completamente questa visione. Gesù ci vuole nella gioia, anzi: nella sua gioia; ci chiama amici, anzi: suoi amici. Il maestro tocca due temi davvero fondamentali: la gioia e l’amicizia. Chi può vivere senza gioia e senza amici? Chi può sognare senza gioia e senza amici?

Mi emoziona sapere che Gesù ci chiama amici. Lo sappiamo: siamo infedeli, superficiali e incostanti, ma il maestro ci chiama amici. Non ce lo meritiamo, ma proprio questo è il bello! Se ce lo fossimo meritati a colpi di confessioni e rosari, che bellezza ci sarebbe in questo annuncio? Se fosse il risultato matematico di attente valutazioni etiche e spirituali, dove sarebbe lo stupore?

La grazia di Dio sbaraglia le nostre miopi considerazioni. Lui non ci ama perché vede il nostro sforzo titanico mentre cerchiamo di essere suoi amici; è il suo amore, libero e liberante, che ci da gratuitamente la possibilità di vivere come suoi amici. È un dono, certo. Ma un dono che ci chiama alla responsabilità di moltiplicarlo e di diffonderlo.

Il Signore, infatti, ci consegna il suo comandamento: «che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato». Questo comandamento è davvero stupendo. Perché è il suo. Almeno in due aspetti.

Il primo. Gesù si presenta come il modello del vero amore, cioè ci mostra la misura, lo stile, la qualità. Il Maestro mette davanti ai nostri occhi il suo capolavoro a cui tutti dobbiamo tendere. Sto amando come ama Gesù? Sto guardando ai fratelli con lo stesso sguardo d’amore di Gesù? Sto cercando di perdonare, accogliere, rispettare, proteggere, consolare come ha fatto Gesù?

Il secondo. Gesù è la fonte dell’amore. Non solo il modello da seguire, ma anche la ragione. Amo perché mi sento amato. Dono perché lui si è donato a me. Condivido perché lui ha condiviso tutto con me. L’amore è una forza che conquista per traboccamento. Non è uno sforzo, ma un contagio. Quando lo conosco, non posso che annunciarlo con la vita, i gesti e le parole.

Bello, troppo bello.

Don Roberto (prete missionario della Diocesi di Como) – Sito Web Fonte: il canale Telegram “Sulla Tua Parola“.

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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 5 Maggio 2024

È un grande testamento quello del vangelo di oggi… parole importanti, anzi, fondamentali perché rappresentano il centro del messaggio cristiano: Gesù è venuto ad insegnarci ad amare. 

Proprio così… la cosa più bella… quella che facciamo tutti… quella che sembra ci venga anche spontanea… alla fine dobbiamo imparare a farla bene e Gesù è venuto ad insegnarcela. Ecco perché non dice solamente e semplicemente: amatevi, ma aggiunge “come” io vi ho amati. E quel “come” fa la differenza!

Come ci ha amato Gesù? dando la vita. Questo è il vero amore. Se non dai la vita… non ami veramente. E cosa significa “dare la vita”? come “dare la vita”?

Non riduciamo questo “dare la vita” a “morire”… perché è molto di più.

Io do la mia vita… quando do il mio tempo… quando rinuncio a parte di me per te…  quando ti faccio capire che tu sei più importante dei miei impegni… e anche quando per te e per noi rinuncio anche ad avere ragione (o a pensare di avere ragione) pur di fare pace (perché alla fine…  non mi interessa chi ha ragione ma mi interessi tu… mi interessa noi!). 

Dare la vita è prometterti che non ti farò male… e mantenere la promessa… ma siccome non posso prometterti che non ti accadrà mai nulla, posso prometterti di starti accanto quando ti farai male per colpa di qualcuno o della vita stessa…  e dare la vita è anche prometterti di starti accanto senza giudicarti quando sarai tu a farti del male con i tuoi errori… 

Dare la vita è fare di tutto farti felice… perché la mia gioia è vederti gioire…

Ma è anche non farti sconti sulla verità… perché la verità ti farà veramente libero… 

Dare la vita è “non vi chiamo più servi ma amici”, cioè: non sei in funzione mia… non vali per quello che mi puoi dare… ma “perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” siamo amici perché condividiamo un segreto, quello di Dio… condividiamo il fare insieme la sua volontà…

Dare la vita è… amarti fino alla fine… fino alla fine di me… della mia vita…  dei miei giorni… e amarti fino alla fine di te… cioè amare tutto te… con i tuoi pregi e i tuoi difetti… 

Questo è amare e dare la vita come ci insegna Gesù… sicuramente è anche tanto altro… ma già questo è un bel programma di vita… e di amore…

AUTORE: Don Antonio Mancuso PAGINA FACEBOOK | Telegram

Image by blenderfan from Pixabay

Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 5 Maggio 2024

«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi». Il Signore Gesù ci istruisce nella semplicità dei suoi comandamenti. Come io sono stato amato dal Padre—ci dice—così estendo a voi quell’amore, quella misericordia capace di abbracciare e accogliere tutti i nostri tentativi, più o meno sghembi e vacillanti, di essere dei buoni figli.

Il Cristo è fratello nell’umanità, nel limite doloroso e però onesto di essere mortali, finiti, e al contempo tuttavia autentici. Non possiamo fingerci qualcosa che non ci appartiene, perché andrebbe oltre la nostra possibilità; ecco allora che se ci presentiamo con quel che siamo e possiamo il Signore è pronto a benedirci. Egli colma di bene il nostro più piccolo gesto.

Gesù è in tal senso portavoce, perché in grado di far risuonare l’Amore del padre e farlo arrivare sino a noi, incarnando la Parola che ci viene rivolta. È anche per questo che Egli si fa messaggero di comandamenti; per affidarci dei criteri che possano aiutare ad orientarci, come fossero una mappa, un’indicazione.

La nostra povertà è guidata verso il Padre e colmata di grazia, e questo ci conduce alla vera gioia e alla pienezza. Se faremo ciò che c’è stato indicato seguendo la linea tracciata per noi, vivremo allora nella letizia; e non perché la vita sarà per noi meno dura, ma perché sapremo mantenere ferma la prospettiva rivolta a qualcosa di più grande ed importante del qui ed ora.

Quel punto di approdo è il Signore, Dio Padre, e la misura attraverso cui raggiungerlo è quella dell’amarsi l’un l’altro senza riserve, senza mai risparmiarsi.

Per riflettere

Quante volte ci sentiamo afflitti e ci chiediamo quale sia il senso del dirsi cristiani? Se ha ancora senso per noi definirci tali è perché viviamo i nostri giorni alla luce di una prospettiva ulteriore, in grado di illuminare gli accadimenti della nostra quotidianità. Fermiamoci a riflettere ed osservare, rispetto a quale luce orientiamo i nostri passi, e verso quale meta siamo diretti.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

Sr. Mariangela Tassielli – Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2024 per bambini/ragazzi

Ma ve lo immaginate quanto sarebbe straordinario il mondo se prendessimo alla lettera il Vangelo che questa VI domenica di Pasqua ci offre?
Ve lo immaginate se tutti noi cristiani, proprio tutti, di qualsiasi confessione di fede – ortodossi, cattolici, protestanti – ci preoccupassimo solo di rendere realtà le parole di Gesù?
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»… Ve lo immaginate se smettessimo di considerare queste parole un ideale irraggiungibile e iniziassimo a renderle criterio di scelta delle nostre giornate?

Il Vangelo di Giovanni e le sue lettere sembrano avere un unico obiettivo sintetizzabile in due parole: fede e amore, credere e amare, fidarsi di Colui che si è fatto per noi via da percorrere e tuffarsi nella sua vita, perché in lui-Dio ognuno di noi possa ricevere la stessa vita, quella eterna, immortale, quella che è capace di generare vita.

Chi crede davvero non può che amare. E credo che non sia eccessivo affermare che probabilmente possiamo misurare il livello della nostra fede dalla nostra capacità di amare, dove quando dico «amare» dico amare, e non intendo colmare i nostri bisogni affettivi, le nostre voragini interiori.
È il suo essere amore che “permette” a Dio di cercarci, di attenderci, di dare la vita per noi. È per amore che Colui che tutto sa e può si ferma davanti alla nostra libertà. È per amore che Dio continua a credere che quella scintilla di eterno che lui ha soffiato in noi un giorno brillerà e diffonderà luce. È per amore che lui continua a credere in noi.
L’amore ci avvicina a Dio, perché originariamente l’amore ha avvicinato Dio a noi, lo ha fatto uscire dai cieli, lo ha reso prossimo. Chi può impedire a Dio di amare? E non di amare genericamente qualcosa e qualcuno. Ma di amare noi… di amarci nella differenza e nella distanza da lui.

La nostra fede in Gesù Risorto non è altro se non imparare a credere, a fidarci, ad affidarci, a tuffarci in questo amore. Rimanere è null’altro che un atto di fiducia, e per questo di fede. Credere è amare. Ma amare è credere. È qui il segreto della gioia.
E forse facciamo così tanta fatica a credere perché facciamo fatica ad amare. Non riusciamo a sperimentare gioia perché la leghiamo a cose e a eventi, a bisogni… non all’amore e alla sua gratuità. Facciamo fatica ad amare gli altri, noi stessi, Dio.

Credere e amare sono l’orizzonte di vita in cui Dio, in Gesù, ci propone di vivere. Credere e amare sono il senso stesso della nostra vita cristiana. Credere e amare sono il perché delle nostre scelte.

Solo se amiamo riusciremo a scoprire le infinite sfumature che caratterizzano le persone, le situazioni che ci circondano e la loro complessità.
Solo se amiamo riusciremo a frenare quell’irrefrenabile desiderio di farla pagare a chi ci ha fatto del male.
Solo se amiamo avremo la forza di smascherare il negativo che ci abita.
Solo se amiamo avremo la capacità di riconoscere il bene nell’altro, anche se piccolo, anche se minuscolo, anche se in nuce, e farlo emergere, accompagnandolo.
Solo se amiamo avremo la libertà interiore di riconoscere e denunciare il male, ma in noi prima che negli altri.
Solo se amiamo potremo cogliere la sofferenza che l’altro vive.
Solo se amiamo potremo gioire con chi gioisce e piangere con chi piange, liberandoci dall’ipocrisia di chi si pensa giusto davanti a Dio e giudice davanti agli uomini.

Solo se amiamo saremo davvero liberi, e in questo felici: la nostra esistenza sarà un dare alla luce. E la nostra libertà un farci carico del mondo, del suo futuro, del suo presente, di ogni vita.
La vita di Gesù, la sua morte e risurrezione, il suo Spirito donato con abbondanza ci dicono che noi possiamo amare, perché possiamo credere: la via è aperta, i cieli sono aperti.

Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com

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don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 5 Maggio 2024

“Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi.” 

Come se l’amore non si potesse inventare, come fosse sorgente, e noi, con le nostre mani a forma di preghiera a provare a raccoglierne gocce per cercare, disperatamente cercare, di versarne sulle arsure dell’amico. Amiamo di un amore che ci raggiunge. Intanto guardare con occhi gonfi di lacrime le persone che ci hanno strappato dai nostri pensieri con il loro semplice esistere, e ringraziarle. Benedire le malattie, ma sottovoce, per non scandalizzare, e le violenze ricevute, e gli strappi nella tela del dovuto, e i lutti, tutti i nostri morti, baciare con lentezza tutto ciò che ci ha reso incapaci di abitare lo scontato. Venerare gli imprevisti, celebrare le nostre cadute. Lentamente scandire il nostro grazie per tutte le volte che, tremando, abbiamo ciecamente cercato il Mistero implorando di essere almeno visti, anche solo da qualcuno, almeno solo per un istante. Ci bastava alla fine un amore feriale, senza pretese, per questo ci siamo astenuti dalla lamentela, già questo è traccia di santità, smettere il lamento. Essere amati, in fondo, è la grazia più grande. Perfino immeritata.

“Rimanete nell’ amore, quello mio.”

L’amore come spazio da abitare e mai come sentimento da consumare. Casa è l’amore, e tutto ciò che crea riparo. Anche le nostre parole dovrebbero diventare rifugio. Creare asilo con i nostri gesti, resi finalmente calmi e stupefatti. Scaldare la voce come fosse un fuoco acceso. Cominciare a costruirlo l’amore, con pazienza e concretezza, come quando si spostano pietre, si ammassa legname, si tirano su dei muri. L’amore sarà tale quando finalmente dal cuore migrerà nei muscoli. Suderemo d’amore. Con fatica. Niente di facile, non sarà mai più solo un gioco. D’altronde siamo sempre in ricerca di qualcosa che faccia scudo, che scaldi, che in qualche modo protegga dal gelo del tempo, e che ci ripari, soprattutto da noi stessi. Quanti sono i posti in cui amiamo rimanere? Non credo siano molti. Sono quelli in cui ci è concesso non fare nulla. Stare per il gusto di restare. Fare finalmente niente, diventare niente, deporre ogni cosa e farsi vento nel vento, pietra tra le pietre. Soffiare via dai cuori delle persone che amiamo il dubbio che debbano meritarci. Che non siano abbastanza. Che ci abbiano deluso.   

“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.”

Poterti chiamare per nome, non disintegrare il cuore prostituendolo in illusioni, battezzare ogni parola nel Giordano della tua misericordia, abilitare il cuore alla gioia, incedere sempre con solennità, accarezzare le radici da cui proveniamo, sradicare la paura d’esser destinati al nulla, poter donare vita perfino con i silenzi, soprattutto con il silenzio. Non uccidere mai. Non cedere alla tentazione di credere che qualcosa sia senza Te, non penare che tu possa aver lasciato orfano qualcosa o qualcuno. Non tradire l’amore per nessun motivo al mondo, non svilirlo, non usarlo. Non illudersi di poterne fare a meno. Togliere l’adulterio dalle nostre pupille, gioire per chi ancora ha il coraggio di innamorarsi. Attaccare il cuore solo a cose di valore, che poi sono tutte quelle che non si possono rubare. Amare la verità, e pagarne il prezzo sempre. Mai sciupare le parole, mai falsificarle, liberarsi dalla tentazione della seduzione. Vivere ogni giorno per il gusto di liberarsi dalla brama di potere. Allenarsi a non imporre, a non imporsi, a deporsi. Come unico comandamento continuare a riscrivere il proprio decalogo.    

“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.”

Tornare ad avere la sfrontatezza di chiedersi se siamo davvero felici. Allontanarsi dalla tristezza, smettere di fare l’amore con la cupezza. Diventare grandi, finalmente, e smettere di elemosinare attenzione, di cercare alibi, di macerarsi nell’amato dolore. Chiedersi una volta per tutte se è ancora felice chi vive accanto a noi. Per amore essere disposti a lasciare, se questo moltiplica gioia. O a restare, ma solo per lo stesso motivo. Decidere finalmente di sé, ma farlo ancora e sempre con gioia. E che sia piena.

“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”.

Correre ai ripari, se non siamo buoni amici, se gli amici non siamo stati capaci di conservarli, se siamo stati troppo concentrati su di noi da dimenticarci di allenare il cuore alla compagnia. Smettere di volerla trattenere questa vita, tanto tutto se ne va, ad ogni istante, siamo sempre in perdita, tutto scorre e invecchia e muore. Saggio è decidere di non subire l’emorragia, ma tramutarla in dono.

“Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri»

Siamo stati scelti, continuiamo ad essere scelti, chiamati per nome, chiamati ad affidarci, chiamati a lasciarci abbracciare da un sogno più grande di noi. Vivere secondo le nostre logiche è spesso condanna ad accontentarsi. Accettare che le pareti dei nostri desideri siano infinite. Poter arrivare alla fine della nostra vita potendo dire che ci siamo fidati solo della Sua Parola. Nell’obbedienza stupire degli accadimenti. Non accontentarsi mai dello scontato. Scrutare la Sua presenza in ogni ombra.

E provare a non cadere nel tranello di non amare. Nemmeno chi non ci ama.

Per gentile concessione dell’autore don Alessandro Dehòpagina Facebook

don Luigi Verdi – Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2024

Siamo amici di Dio, amati senza un perché

Cosa ci chiede oggi Dio, cosa chiede ai suoi prima di andar via? Forse riti astrusi, l’adesione ad una dottrina filosofica complicata, la perfetta e rigida obbedienza a una religione?

Il Dio Risorto, il Rabbi che aveva camminato per le strade di Palestina e si era imbarcato sulle onde del lago, che aveva pescato e salito monti per poter meglio abbracciare con lo sguardo e consolare quella folla di straccioni che lo seguiva, oggi ai suoi lascia invece parole tenere, di una tenerezza appassionata: «Restate con me, restate in me, amici miei…».

La richiesta di Gesù è quella di imparare ad amare Dio da innamorati e non da servi, di non fuggire lontano dall’amore, Lui vuole una vicinanza da amanti: «Amore io voglio, non sacrifici» (Os. 6,6). «Rimanete nel mio amore»: perché l’amore, quando lo trovi, lo senti che non è solo un’emozione, uno stato d’animo, ma diventa un luogo, un posto dove stare e sistemarsi.

L’amore si fa casa, capanna, nido. Nell’amore si entra e si sta, perché si sta troppo bene. E si sta con quella “gioia piena” degli uccellini nel nido: al sicuro, protetti, fra ali calde in cui accucciarsi. Eccoli i suoi ragazzi, me li immagino mentre ascoltano queste parole, loro smarriti e ritrovati; li vedo i loro occhi carezzare quel Maestro pazzo d’amore, l’amore di Dio. Mi sembra quasi di ascoltare il battito del loro cuore che si impenna mentre si sentono chiamare “amici”.

[…] Continua a leggere su Avvenire.

mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2024

Rimanete nel mio amore

Gli apostoli sono nel Cenacolo. Si sta concludendo la Nuova Alleanza tra Dio e il suo popolo. Siamo sul nuovo Sinai, il Cenacolo, anticipo del Calvario e Gesù detta la Nuova legge, non un nuovo decalogo, ma il Comandamento Nuovo, quello unico, quello dell’Amore.

“Rimanete nel mio Amore”. La vita cristiana è tutta qui: rimanere nell’amore di Cristo. Gesù aveva premesso di essere la vite e noi i tralci. Tutto dipende dall’unione del tralcio. Tutto dipende dalla relazione che Gesù ha spiegato molto bene con questa immagine. Bisogna premettere che Gesù è la pianta radicata nel nostro cuore, che è il terreno.

La prima condizione è che il terreno sia buono, quello in cui il grano produce il cento per uno. Primo compito dell’uomo, quindi, è preparare il terreno purificando il cuore, perché possa radicarsi la pianta e crescere. Cresciuta la pianta produce i rami che siamo noi e da cui nascono i frutti.

Purificare il cuore e dare spazio a Cristo è il compito di ogni uomo e la condizione per produrre frutti. Dio non ammette compromessi: vuole essere l’unica pianta del nostro campo, del nostro cuore, il resto è pura letteratura. Quanti programmi e quanti progetti abbozzati e non portati a compimento, perché privi di vita.

Nel cuore dei progettisti manca l’innesto sull’albero che non ha trovato il terreno adatto nel cuore. È possibile una Chiesa senza Cristo se i fedeli non accettano che la sua presenza sia radicata in loro. “La vostra gioia sia piena”. La gioia è la pienezza della vita e “la gloria di Dio è l’uomo vivente”, l’uomo pieno di gioia e pieno di amore, fino a poter dire come San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me” .

Dice San Giovanni della Croce nel suo Cantico spirituale: “Scoprire la tua Presenza e la visione della tua bellezza mi uccide. Considera che il mal di Amore si guarisce soltanto con la tua chiara presenza”. La pienezza della gioia dell’uomo è soltanto nel possesso di Dio. Sant’Agostino lo dice chiaramente dopo averlo sperimentato: “Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te”.

“Dare la vita per i propri amici”. Tutto quello che abbiamo dipende dal fatto che Gesù è nostro amico e ha dato la vita per noi. E questo ce lo ha detto chiaro: non siamo servi, ma amici, a cui Lui ha raccontato tutti i segreti del suo rapporto col Padre. Perché tutta questa simpatia per noi, tutta questa amicizia? “Ci ha scelti e ci ha costituiti, perché portassimo molto frutto”.

Il frutto dipende unicamente dalla nostra comunione con l’albero che ha le sue radici nel nostro cuore. Questa vita che scorre si chiama vita interiore ed è quella che è destinata a farci fruttificare. Dio vuole i frutti, non ama le piante ornamentali. Fece seccare il fico che aveva molte foglie e nessun frutto. La prova dei frutti è la fecondità della nostra preghiera.

“Quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo concederà”. È il frutto dell’Alleanza con Dio, della nuova alleanza stipulata nel sangue di Cristo che ci unisce a Lui e ci rende graditi al Padre. Rimanere nell’Amore, vivere nella gioia e amare gli altri è lo stile dell’Alleanza Nuova, quella sancita sul Nuovo Sinai, il Calvario e il Cenacolo.

Fonte

Suor Roberta Vinerba – Commento al Vangelo di domenica 5 Maggio 2024

Dalla Basilica dei Santi Quattro Coronati in Roma, suor Roberta Vinerba commenta il Vangelo di domenica 5 maggio 2024, VI Domenica di Pasqua.

Che cosa vuol dire amare? Nella parola amore si nascondono grandi significati.
Cristo ha vinto la morte. Forte più della morte è l’amore.
Abbiamo ricevuto i sentimenti di Gesù per esserne suoi amici, per conoscere e volere le stesse cose che Dio conosce e vuole per noi.

All’origine di ogni amore c’è una scintilla dell’amore divino.
Ciascuno di noi è chiamato ad amare per come è amato da Gesù.

L’amore può essere drammatico perché è morire per l’altro. Amare è donare se stessi. Il modello è Cristo che dà la vita. Chi non ha incontrato Gesù non conosce la gioia.

Suor Roberta Vinerba, riprendendo il monologo sull’amore tra Pelagia e il Capitano Corelli, ci lascia un messaggio: l’amore è quello che resta quando il fuoco dell’innamoramento si è consumato.

Sulla Strada va in onda sabato alle 14.35 e domenica alle 8 su Tv2000 | Canale 28 – 157 Sky – https://www.tv2000.it/live

Link al video

Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 5 Maggio 2024

Ciò che colpisce oggi è quante volte compare la parola “amore”. Tutto dipende dalla nostra capacità di amare. Camminare su questa terra rinunciando all’amore significa buttare via l’unica occasione che abbiamo di conoscere Dio.

A prima vista può sembrare facile, ma questo comandamento, nella sua semplicità, ci inchioda ad assumerci la responsabilità delle relazioni che abbiamo la grazia di costruire lungo il corso della vita.

Se rimaniamo nell’amore di Gesù possiamo davvero gioire, anche quando paure, ansie e delusioni sembrano far da padrone nella nostra esistenza. L’amore più grande è quello che abbandona il proprio interesse per abbracciare il rischio di donarsi, soprattutto laddove non è facile intravedere reciprocità o magari dove c’è da portare croci più pesanti di quelle che sono toccate a noi.

È una logica che sembra lontana dal nostro essere creature spesso radicate nell’egoismo e in quell’istinto di sopravvivenza che tutto punta sulla comodità e sulla soddisfazione individuale.

Non abbiamo scelto di amare per primi ma siamo stati amati da Qualcuno che desidera per noi la libertà. Conoscere questo amore attraverso gli occhi e le braccia di chi c’è, c’è stato o ci sarà nel nostro cuore è fondamentale per uscire dagli schemi che spesso contraddistinguono la nostra quotidianità. L’unico modo per portare frutto è essere creativi nell’amore!

Fabrizio Barbieri

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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

Don Francesco Cristofaro – Commento al Vangelo del 5 Maggio 2024

Vangelo del giorno e breve commento a cura di Don Francesco Cristofaro.


AUTORE: Don Francesco Cristofaro