d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 12 Marzo 2020 – Lc 16, 19-31

Gesù ci può dare in un cammino personalissimo nella grazia un appuntamento concreto in persone specifiche. Non è “come se” facessimo del bene a Lui. Egli è lì, se non un moralismo ma la grazia ci chiama. E allora in tale incontro riceviamo tanti doni spirituali e umani da Cristo ed in lui da quella data persona. In questo brano non si parla dunque di un uomo che non può vedere, perché ancora non ha il dono dello Spirito per farlo.

Ma di un ricco che non vuole vedere. E non per una volta ma per tutta la vita. Una chiusura che può diventare ermetica. Anche se è davvero difficile giungere persino a questo, Cristo fa riflettere che si può giungere a rifiutare definitivamente la misericordia senza condizioni di Dio. Nell’inferno si sta malissimo, forse si vorrebbe stare bene ma non per le vie che sole possono far risorgere, quelle dell’amore. L’epulone chiede, vuole cose, senza cuore.

Chiuso alla propria stessa umanità. Talora si può pensare che se ci apparisse Dio o un angelo, un parente, dal cielo ci convertiremmo. Ma se non è lo Spirito a toccarci il cuore, ad aprirci ad un cammino con Cristo, con tutti i suoi doni dopo qualche tempo non vedendo cambiamenti ci chiederemmo se non abbiamo avuto un’allucinazione. Non si tratta di un vedere fisico ma nello Spirito. Un tocco della grazia senza annesse esperienze sensibili, accolto, potrebbe portarci in una vita piena più di mille apparizioni.

Una storia

Senza la grazia, o senza però accoglierla, possiamo in mille modi non vedere il fratello, chiuderlo nei nostri pregiudizi, nelle nostre ristrettezze di cuore. Pensiamo a come è stato trattato in tanti casi Gesù stesso. In un gruppo di amici sui trentacinque anni si era formata una nuova coppia. Sembrava tutto molto bello ma dopo un mese cominciano litigi sempre più furiosi. Molti pensano ad un umano periodo di assestamento. Ma le tensioni nella coppia aumentano. Dopo sei mesi gli amici suggeriscono ai due di lasciarsi.

Poi anche i genitori. Dopo un anno anche il prete della loro parrocchia e infine persino uno psicologo al quale si sono rivolti. Hanno compreso di portarsi dentro sofferenze ataviche ma la loro vita sembra cambiare solo un poco. Si lasciano e si rimettono insieme mille volte. Cercano ancora un altro sacerdote che, è stato loro detto, ascolta molto. Tale prete si rende disponibile. Cerca di comprendere ogni aspetto della loro vita. Le difficoltà nel tempo continuano a sembrare insormontabili. Certe ferite della vita passata sono molto radicate e sembrano mettere il dito nella piaga dell’altro. Gradualmente sperimentano i benefici del sentirsi amati da Dio che li comprende sul loro percorso, li accompagna a misura e non per schemi, li aiuta a vedere quanti momenti belli vivono insieme, a non ingigantire certe difficoltà…

Ma grossi problemi restano e più di una volta domandano al padre spirituale se sia meglio lasciarsi. Lui risponde che la decisione spetta a loro. Se loro vogliono ancora provare lui vede tanti possibili semi di speranza nella loro vita. Hanno tanto desiderio di lasciarsi portare per mano da Dio, ne stanno sperimentando l’amore sereno, a misura, nei momenti belli condividono una fede profonda, hanno in comune tante cose belle e la loro storia sembra manifestare che, al di là di tanti ostacoli, si vogliono bene… I due ogni volta prendono coraggio, si sentono rasserenati per periodi via via più lunghi, finché dopo alcuni anni si assestano profondamente. Arrivano a celebrare un matrimonio felice e questa volta col consenso di tutti.

A cura di don Giampaolo Centofanti su il suo blog


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