p. Ermes Ronchi – Commento al Vangelo di domenica 17 Settembre 2023

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Perdonare l’altro, perché perdonati dal Padre

Bellissimo questo stupore per l’illogico perdono: fino a settanta volte sette. Dio che rompe i nostri bilancini, che rimette i debiti sempre, che libera non come uno smemorato che dimentica il male, ma con la casta follia della croce che si prende gioco della logica e degli equilibri umani e anche delle mie morti quotidiane.

Lui è l’Innamorato che vede primavere dentro i miei inverni. Il servo, appena uscito, appena visto quanto sia grande un cuore di re, appena liberato, preso il suo compagno per il collo lo strangolava: ridammi i miei centesimi! Lui, perdonato di milioni.

Quel servo non è ingiusto, è senza cuore. Tecnicamente non è disonesto, è crudele. Davvero è possibile essere onesti e spietati. Non dovevi anche tu aver pietà? Non dovevi anche tu agire come agisco io? Tu come me, io come Dio, la creatura come il creatore… Chiave di volta di tutta la morale biblica.

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Perché avere pietà? Semplice: per un battito all’unisono con il battito di Dio. Nella Bibbia ogni indicativo divino (ogni azione riferita a Dio) diventa un imperativo umano, per la pienezza e lo sconfinamento in alto. Un istinto in noi ci fa credere che il male si possa “riparare” mediante un altro male, ferendo chi ci ha ferito. Occhio per occhio. Non più una, ma due ferite che sanguinano.

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Altro commento di p. Ermes

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Il cuore largo del re

Quando decido di non perdonare, non faccio che alzare il livello di dolore. Anziché annullare il mio debito, stringo un nuovo laccio, aggiungo una sbarra alla prigione.

C’è un modo regale di stare nel mondo, un modo divino che risiede saldo nella larghezza di cuore: sa perdonare chi è più grande, e quindi più forte.

Gesù lo spiega con la parabola dei due debitori. Il primo doveva una cifra iperbolica al suo re, qualcosa come un debito ingrassato a dismisura dagli usurai, che il povero servo non sarebbe mai riuscito a pagare. Allora, gettatosi a terra, egli lo supplicava. E il re provò compassione.

Il grande re sente su di sè tutta l’angoscia del servo, sente che questa conta più dei suoi diritti di creditore, la sente allargargli il suo cuore di re.

In opposizione a questo cuore regale ecco il cuore servile: appena uscito, il servo trovò un suo pari. Perchè “appena uscito”, e non un’ora, non un giorno o una settimana dopo; ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato il respiro e restituito al futuro e alla famiglia, fatta l’esperienza di un cuore regale, preso il suo compagno per il collo lo strangolava, gridando: ridammi i miei cento euro! Lui, perdonato di miliardi.

Così anche noi: bravissimi a calare sul piatto tutti i nostri diritti, abilissimi prestigiatori nell’azzerare i nostri doveri. Passando nelle strade del mondo come predatori, anziché servitori della vita.

Il servo perdonato non agisce contro il diritto o la giustizia. È giusto, ma spietato. È onesto, e al tempo stesso crudele. Giustizia e diritto non bastano da soli a fare nuovo il mondo. Anzi, l’estrema giustizia, ridammi i miei cento euro, può contenere la massima offesa all’uomo: presolo per il collo lo strangolava.

Giustizia umana è dare a ciascuno il suo. Ma ecco che sulla linea dell’equivalenza del dare e dell’avere, Gesù propone quella dell’eccedenza: perdonare settanta volte sette, amare i nemici, porgere l’altra guancia, dare senza misura, profumo di nardo per trecento denari. Follia? Forse. Ma quando decido di non perdonare, quando di fronte a un’offesa riscuoto il mio debito con una contro offesa, non faccio che alzare il livello di dolore e di violenza. Anziché annullare il mio debito, stringo un nuovo laccio, aggiungo una sbarra alla prigione.

Occorre il perdono del cuore. Ed è difficilissimo. Comporta un atto di fede, non d’intelligenza. Nell’uomo. Un atto di speranza, non di spontaneità. Nell’uomo.

I popoli in guerra usciranno dall’equilibrio di paura e di morte solo con il coraggio di un atto di fede reciproca. Fede è dare fiducia guardando non al passato, ma al futuro. Vivere il vangelo di Gesù non è spostare un po’ in avanti i paletti della morale, del bene e del male, ma è la lieta notizia che l’amore di Dio non ha misura, che la misura del perdono non è mai colma. Il perdonante ha gli occhi di Dio, che ad occhi chiusi perdona e ti lancia in avanti, come colui che anche nel buio vede solo primavere.

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