Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 3 Marzo 2022

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GIOVEDÌ 03 MARZO – DOPO LE SACRE CENERI  [C]

«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno»

Gesù non vuole che i suoi discepoli e ogni altro che lo segue abbiano pensieri errati sul suo viaggio verso Gerusalemme che lui sta intraprendendo con ferma decisione. Nella Città Santa si compiranno tutte le Scritture Profetiche fatte risuonare dal Padre suo, per opera dello Spirito Santo. La profezia di Isaia giunge a definire Cristo Gesù il reietto dagli uomini: “Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere.

Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.

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Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca” (Is 53,1-9). Tutta questa Parola si dovrà compiere in Gerusalemme. Parola di umiliazione, non parola di trionfo. Parola di rifiuto, non parola di acclamazione.

Ma anche l’altra Parola della profezia si compirà, perché la profezia è una, non due. È profezia di umiliazione e di morte, ma è anche profezia di esaltazione e di vita: “Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli” (Is 53,10-12).

Una è la profezia: di profonda umiliazione e di grande innalzamento. L’Apostolo Paolo nella Lettera ai Filippesi così manifesta l’unità delle antiche profezie: “Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio  l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,6-11). Mirabile unità della profezia. Come si compie l’umiliazione così si compie l’innalzamento. Più grande è la sofferenza e più alta è la gloria.

LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 9,22-25

Chi è allora il discepolo di Gesù? Colui che è chiamato a compiere nella sua carne il mistero del suo Maestro. In lui si deve compiere la sofferenza di Cristo perché possa giungere alla gloria della beata risurrezione. Essendosi oggi il cristiano separato da Cristo e non avendo più lui Gesù Signore come unico e solo punto di riferimento, ha smarrito anche il fine del suo essere cristiano: compiere nella sua carne la vita di Cristo Gesù. Avendo come punto di riferimento un Dio senza Cristo e senza lo Spirito Santo, un Dio senza più le Scritture profetiche, abbiamo un cristiano senza la sua verità. Non solo.

Abbiamo un cristiano che giorno dopo giorno si inabissa nella falsità e in nome delle tenebre rinnega ogni luce. Dal soprannaturale con Cristo, in Cristo, per Cristo è passato al naturale senza Cristo. Ignora però che il naturale senza Cristo è un naturale di morte e non di vita. Un naturale di peccato e non di grazia. Un naturale di tenebre e non di luce. Un naturale senza il vero Dio è anche senza il vero uomo. E così l’amore che oggi si predica per l’uomo è predicato dalla falsità dell’uomo e non dalla luce, dalla verità, perché non è predicato dalla Parola del Signore. Non potrebbe essere diversamente. Cristo e solo Lui è la nostra luce. Avendo rifiutato Lui, con Lui rifiutiamo anche la luce perché è Lui la luce del mondo e noi possiamo divenire luce solo in Lui, con Lui, per Lui. Rifiutando Lui, rimangono per noi solo le tenebre. La Madre di Dio interceda. Ci liberi da questa universale falsità e menzogna.