Commento al Vangelo del 16 agosto 2015 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 16 agosto 2015 a cura di Paolo Curtaz per la XX domenica del tempo ordinario.

Pro 9,1-6/ Ef 5,15-20/ Gv 6,51-58

Cibo, bevanda

Ricorderemo certamente questa estate per il caldo torrido che ha caratterizzato le vacanze.

La celebrazione della Festa dell’Assunta, quest’anno a ridosso della domenica, segna, in qualche modo, l’inizio della fine dell’estate.

Dalle mie parti, dopo metà agosto, alla prima pioggia si sente l’autunno fare capolino…

L’inizio della fine, come è stato l’inizio della fine il miracolo più eclatante e peggio riuscito del ministero pubblico del Signore: quella moltiplicazione dei pani e dei pesci che, invece di spingere le persone a condividere ciò che possedevano, li ha convinti di avere risolto tutti i propri problemi grazie ad un maghetto che regala il cibo.

Da qui, come abbiamo visto nelle scorse settimane, è iniziato un feroce dibattito basato sull’incomprensione delle folle e sulla evidente delusione di Gesù.

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Gesù ha alzato la posta, ha invitato la folla a cercare il pane che non sfama, il senso della vita, ha chiesto fiducia nelle sue parole rivelandosi come colui che ci conduce alla vita dell’Eterno. Fidarsi di Gesù, seguire le sue parole, credere nel volto di Dio che ci rivela, ci permette di partecipare alla vita stessa di Dio.

Per accedere a Dio, dice il Signore, dobbiamo cibarci di lui, delle sue parole, del suo insegnamento.

Decidere di diventare discepoli significa prendere Gesù come modello, come fonte di ispirazione. Il nostro pensiero, direbbe san Paolo, diventa il pensiero di Cristo.

Vediamo il mondo, gli altri, noi stessi, Dio, così come lo vede Cristo. Siamo affascinati dal suo modo di porsi, è convincente la sua chiave di interpretazione della vita e, alla fine, il nostro cuore si spalanca alla verità tutta intera.

Frequentare il Signore, ascoltarlo, pregarlo, meditare le sue parole, cambia inesorabilmente il nostro modo di essere. Gesù diventa pane quotidiano e lo fa perché il mondo abbia vita.

Dio è il cibo del mondo, è colui che può portarci ad un livello di comprensione della realtà inatteso e spalancarci alla condivisione.

Facendosi cibo, nutrendo la nostra anima, Dio ci dona la vita e questa vita ci aiuta a risolvere le grandi questioni irrisolte del mondo. Molte di queste questioni, la povertà, la fame, siamo noi a doverle affrontare, come il ragazzo del miracolo, senza aspettare che sia Dio a soffiarci il naso.

Ancora di più

Non soltanto ci nutriamo delle sue idee, delle sue parole ma, addirittura, di lui, del suo corpo.

È una riflessione delicata e ardita, che ha messo in crisi l’uditorio e i discepoli.

Gesù chiede di cibarci si lui, di mangiare la sua carne.

Con il termine carne, in Israele, si intende la pienezza della persona, compresa la fragilità. Non si tratta più solo di cibarsi della Parola, della dottrina del Maestro, ma di assumerlo nella sua totalità.

Il sangue indica il principio vitale degli esseri, ciò che li tiene in vita (infatti gli ebrei ancora oggi mangiano solo carne di animali morti per dissanguamento).

Gesù chiede di assumere la sua essenza, il rapporto col Padre.

Mangiare di lui significa diventare come lui, “cristificarsi”, assumere la prospettiva del Maestro.

A noi, oggi, tutto appare fin troppo chiaro: Gesù parte dal pane distribuito per parlare di un altro pane che lui darà e che è sua carne da mangiare per dimorare in lui. Come non pensare all’ultima cena? Come non sentire riecheggiare in queste parole il fate questo in memoria di me pronunciato dal Maestro prima di essere ucciso?

Eucarestie

Gesù parla di questo dono semplice e tremendo, gioioso e durissimo, che ci obbliga alla fede, che ci scardina dalle abitudini, che è l’Eucarestia.

Ogni domenica ci raduniamo per ripetere la cena, un gesto di caldo affetto e di obbedienza al Maestro, ogni domenica ci nutriamo del pane della Parola e del pane Eucaristico, custodiamo questo pane nelle nostre Chiese per i nostri malati, per segnalare una Presenza nel caos anonimo delle nostre città.

Siamo qui per questo, per questo ci raduniamo, perché affamati, perché abbiamo urgente bisogno di saziare il cuore, di illuminare il cammino, di credere, finalmente, senza ambiguità, senza ritrosia. Credere con tutto il cuore e con tutta l’anima.

Gesù svela un mistero: non solo cibarsi di lui ci nutre il cuore, non solo ci dona la vita vera, la vita eterna, ma cibarsene con consapevolezza ci porta a vivere per lui.

Lo vedo nella mia vita: più frequento il Vangelo e il Maestro Gesù e più ne resto affascinato, più ne sono innamorato, più imparo a conoscere me e gli altri.

Perciò san Paolo può dire che l’incontro col Maestro ti cambia la vita, ti cambia dentro. Che non fai più le cose di prima, per scelta, con gioia, non per un ipotetico moralismo che ti blocca e ti castra, ma per una conversione profonda che inizia con l’incontro con Cristo e che dura per tutta la vita. Così il libro dei Proverbi ci invita al banchetto di Dio, a mangiare insieme acquistando saggezza, acquistando intelligenza, l’intelligenza che ci permette di leggere la nostra vita con lo sguardo di Dio.

Fine del discorso, fine della provocazione.

Ci rendiamo conto di ciò che facciamo ogni domenica?

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