Zaccaria oggi torna a parlare. E non dice un discorso lungo, non fa una predica, non si giustifica per il suo silenzio. Dice una sola cosa: il nome del bambino.
Ma quel nome non è suo, non è tradizione di famiglia, non è il più comodo: è ciò che Dio ha detto.
«Giovanni», cioè: Dio fa grazia.
Il mutismo di Zaccaria non è stata una punizione ma una rivelazione:
finché non crediamo alle cose impossibili che Dio prepara per noi,
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restiamo muti.
Abbiamo la bocca piena di parole… ma nessuna che accende la vita.
Parliamo, ma non comunichiamo. Siamo ascoltati, ma non tocchiamo il cuore.
Zaccaria torna a parlare solo quando entra nella logica di Dio, non nella sua.
Quando accetta che Dio possa fare nuove tutte le cose, anche quelle che lui giudicava finite, sterili, impossibili.
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Solo allora la sua voce diventa profezia.
Quante volte restiamo “muti” anche se parliamo tanto…
muti perché abbiamo perso la capacità di credere che Dio possa creare qualcosa di nuovo nella nostra storia:
una riconciliazione che sembrava impossibile,
un sogno che pareva morto,
un cammino vocazionale che sembrava chiuso,
una missione che non sapevamo più da dove riprendere.
Quando smettiamo di credere ai miracoli quotidiani, diventiamo muti davanti al mondo:
non abbiamo più nulla da dire, da annunciare, da testimoniare.
Giovanni nasce per ricordarci questo:
Se credi che Dio può fare l’impossibile, allora ritrovi la voce.
Una voce che non è rumore, ma Vangelo.
Una voce che non è protesta, ma promessa.
Una voce che non parla di te, ma di grazia.
Oggi chiediamoci:
Qual è l’impossibile che Dio mi sta chiedendo di credere?
Perché è lì che sta nascosta la mia voce nuova.
Ed è quella voce che il mondo aspetta.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade
