Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 18 Giugno 2023

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Ma dai

Levi il pubblicano è rinato, ora è diventato Matteo apostolo, ha visto nello sguardo del Nazareno, ospite di Pietro e Andrea, la possibilità di una vita diversa, libera, nuova. La misericordia lo ha convertito, solo la misericordia che ha visto in fondo allo sguardo sereno del Rabbì Gesù lo ha cambiato. 

Si è scoperto amato, agapetoi, come noi, come me.

Trent’anni sono passati da quell’incontro, e la penna ancora indugia nello scrivere, rotto a tratti dall’emozione che serra la gola. La misericordia era il tesoro nascosto nel campo che Levi, infine, ha trovato.

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Non è stato il solo a fare questa esperienza: ci racconta che Gesù aveva lo stesso identico sguardo su ogni uomo, sulla folla intera. L’amore che Dio provava per l’umanità era struggente e incontenibile. 

È struggente e incontenibile.

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Pecore senza pastore

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Gesù vede nel profondo le persone che gli stanno di fronte, sa dell’infinito bisogno di senso e di felicità che alberga nel nostro cuore, conosce l’immane fatica che facciamo nel dare una risposta all’inquietudine. 

Venderemmo l’anima per essere amati, daremmo un braccio per conoscere – infine – cosa davvero può colmare durevolmente il nostro bisogno di felicità.

Questa ricerca appassionata è ciò che ci rende simili, ciò che unisce ogni uomo, in ogni tempo. Gesù vede che siamo sbandati, come pecore senza pastore, perché non abbiamo in noi stessi le risposte a tutte le domande.

Peggio: in questo delirante e fragile tempo in cui siamo chiamati a vivere, la felicità viene venduta a caro prezzo e noi, spaesati, finiamo col seguire l’idea più seducente, più luccicante, che sembra appagare quel bisogno profondo di bene e di vero che alberga nel nostro cuore.

Gesù si commuove perché ci vede faticare più del dovuto. 

Chissà: forse anche Dio ha dei ripensamenti: non era questo il suo progetto quando, creandoci, ci ha resi liberi. Perché la libertà è un dono difficile da gestire, superiore alle nostre forze, e volentieri cediamo all’incantatore di turno, di facciamo intortare, cediamo alla catechesi del mondo.

Siamo davvero pecore senza pastore. E così ci vede il Maestro, commuovendosi. 

Perché il nostro è un Dio felice che ci vuole felici, non ce l’ha con noi, e in Gesù ci indica una strada.

Inattesa.

Ma dai

Al solito Gesù ci spiazza: la pagina finisce nel modo più inatteso e incredibile. 

Tutti ci aspetteremmo: Gesù si commuove e quindi si propone come il Buon pastore. 

Macché: Gesù si commuove e inventa la Chiesa.

Lo so, lo so, la stragrande maggioranza di voi ha un’esperienza di Chiesa povera e contraddittoria, si è scontrato duramente col volto incoerente e severo di qualche cattolico più devoto di Dio.

Gesù pensa ad una compagnia, ad una ricerca comune, ad un sogno realizzato: uomini e donne, suoi discepoli, capaci, insieme, di cercare senso e pienezza, misura e gioia. 

Lui è il Pastore che ci guida a pascoli erbosi, ma insieme possiamo fare esperienza di gregge, di comunità.

Non è facile capire e amare la Chiesa. Troppe le fragilità, troppe le contro-testimonianze, troppe le persone che si dicono credenti e che vivono senza neppure essere pienamente uomini e donne, troppe le incoerenze, troppi gli errori nella storia per non essere diffidenti quando si parla di Chiesa. 

Gesù sceglie dodici persone per iniziare a costruire il Regno, dodici che stiano con lui, per diventare poi capaci di condurre ai pascoli erbosi nei quali loro per primi saranno condotti. Epperò.

Un’improbabile Chiesa

Nessuno si sognerebbe di mettere insieme dodici persone così radicalmente diverse per realizzare un progetto! Pescatori abituati alla concretezza e alla rudezza insieme ad intellettuali come Matteo e Giovanni; tradizionalisti come Giacomo insieme a pubblicani, peccatori pubblici, violenti come Simone del gruppo degli Zeloti, disposti ad uccidere l’invasore romano. C’è l’intero Israele in questo gruppo, l’intera umanità nella sua vivace diversità. La Chiesa è la comunità dei discepoli di Gesù, diversi tra loro in tutto ma uniti nell’esperienza e nel desierio dell’amore del Maestro, chiamati ad annunciare il vangelo con semplicità e verità. 

Questa è, nel sogno di Dio, la Chiesa. 

Paradosso di Dio! 

All’umanità ferita e fragile che necessita di una guida, Gesù propone un pezzo di umanità, altrettanto fragile e ferita, trasfigurata dall’Amore. 

Alle pecore perdute di Israele

La missione dei dodici è sconcertante: devono rivolgersi alle pecore perdute di Israele. 

Un invito attuale e urgente: la Chiesa ha bisogno di testimoni che la riconducano all’ovile del Padre. I primi destinatari dell’annuncio del Vangelo siamo proprio noi cristiani.

Troppo cattolici per diventare discepoli, troppo convinti di saperne abbastanza per ascoltare il Vangelo, troppo riempiti di cristianesimo socio-culturale per credere che – sul serio! – la Chiesa ha a che fare con Dio. Siamo proprio noi cristiani del terzo millennio, nelle nostre società che riconoscono un campanile e ignorano le parabole, che apprezzano gli oratori e ignorano l’interiorità, che celebrano le feste dimenticando il festeggiato, coloro chiamati a ricevere – ancora e ancora – la buona notizia di un Dio che si fa vicino.

Non pensate, vi prego!, a chi annunciare il Vangelo in questa settimana: accoglietelo voi.

Vi svelo un segreto: io amo la Chiesa. Amo questo pazzesco sogno di Dio che sono chiamato a vivere; capiamoci: non quello sgorbio di chiesa troppe volte dipinto dai mezzi di informazione e coltivato dalle nostre tiepide appartenenze. No: la Chiesa comunità di perdonati e di figli, non di insopportabili perfetti, di diversi che cercano l’Uno, di compagni di viaggio chiamati a rendere presente il Pastore nei loro gesti continuamente da riformare, sempre da convertire…

È da questa comunità di folli che ho ricevuto l’intero Vangelo del Maestro.

Sì, preferisco così: la povertà e lo scandalo dell’Incarnazione è anche questo Dio sceglie di farsi annunciare da persone incostanti e dubbiose come noi, come me. La sua genialità e la sua lungimiranza stanno tutte in questa sua incredibile volontà di insegnarci a prenderci carico gli uni degli altri, a  diventare qui, oggi, sorriso di Dio per il fratello

Questa è la Chiesa che faremo.

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