Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 13 Agosto 2023

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Scoraggiamenti

Va bene il Tabor, ma poi si scende, Paolino.

Nella pianura rovente, nelle città vuote o nei luoghi di vacanza strapieni e costosissimi.

Solo uno su due, fra noi, è andato via di casa. Per gli altri, molti anziani, si tirano giù le tapparelle e si aspetta che passi. Si respira aria di scoraggiamento, però.

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Agosto sembra far dimenticare per qualche istante la cappa lugubre che appesantisce le nostre vite. Il nostro futuro. E le nostre comunità, con o senza Sinodo. 

E la fede?

Liberi tutti, come accade ad ogni estate con le attività parrocchiali messe in stand-by. Ma ora è diverso. La ruota sembra inceppata, le cose che si sono sempre fatte non funzionano più, nonostante tanta fatica. E si semina senza vedere frutti o si vede crescere la zizzania.

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Giovani nelle parrocchie, non pervenuti. Preti spesso svuotati. O senza fede (non scherzo).

Il mondo sempre più aggressivo e tu, tenero discepolo cattolico italiano, boomer e ingenuo, ti senti una razza in via di estinzione da mettere in una riserva naturale.

E allora un po’ si molla il tiro. Ci si arrende. Come dopo una lunga battaglia senza vincitori né vinti.

Stanchi dentro. Anche i preti. Anche gli innamorati di Dio. Anche i profeti.

C’era già tutto questo, non scherziamo. Solo che fingevamo di non vedere. 

Si può credere ed essere scoraggiati?

Sapersi amati dal Signore e, nonostante questo, avere dei momenti di stanchezza interiore?

Sì, certo. E di questo parla la Parola, oggi.

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Scoraggiamenti

Elia è scoraggiato. Pensava, uccidendo i sacerdoti del dio Baal, portati in Israele dalla regina Gezabele, di riportare la folla al Dio di Israele, di sollevare una rivoluzione. Non è così: non solo la gente lo abbandona, ma la regina promette vendetta e il profeta deve scappare nel deserto.

Vuole morire, ammette il suo sbaglio: Dio non si impone. 

E lui, arrogante e violento, non è migliore dei suoi padri.

Gesù è scoraggiato: hanno arrestato e ucciso Giovanni Battista, l’aria si fa pesante.

Ma la cosa peggiore è che, dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù si accorge che i suoi discepoli non hanno capito praticamente nulla del suo messaggio, delle sue parole. Davanti alla folla affamata hanno suggerito al Maestro di cacciarli, di rimandarli a casa.

Gli apostoli sono scoraggiati: non hanno capito la ragione dell’improvvisa durezza del Signore che li ha costretti in malo modo a salire sulla barca per raggiungere l’altra riva, quella dei pagani, quella evitata accuratamente dagli ebrei. E si sta alzando un forte vento, ci mancava.

Fatica

La vita è così: inevitabilmente mischia luci ed ombre, momenti esaltanti e momenti faticosi, grandi gioie e forti dubbi. E non può essere diversamente.

Eppure proprio nel momento della fatica scopriamo chi siamo.

E se, invece di ripiegarci su noi stessi, osiamo metterci in discussione, attendere, cambiare, sperare, pregare, agire, qualcosa accade.

Saliamo di livello, cambiamo frequenza, entriamo dentro noi stessi, dentro la Storia, dentro gli eventi.

Ma, per farlo, dobbiamo necessariamente affrontare i nostri fantasmi e le nostre paure.

La regina Gezabele, per Elia, il dubbio di avere scelto le persone sbagliate, per Gesù, il mare in tempesta, per Pietro e gli altri.

Imparare il silenzio

Elia è spaventato e consumato, desideroso di morire nel deserto, ma non si chiude a piangere se stesso. Reagisce. Si mette in cammino. 

Dio non è nella violenza, questo ora ha capito Elia che si ritrova sul monte dell’alleanza.

(Questo vorrei capissero coloro che continuano usano Dio come una clava, per rilasciare patenti di cattolicità, dando i voti ai papi e ai credenti). E qui, sull’Oreb, Elia capisce e ci fa capire qualcosa di splendido.

Dio non è nella violenza, né nei grandi eventi naturali o nei prodigi, ma nell’intimo di ciascuno di noi. Nella brezza del mattino anzi, come più precisamente, nella voce del silenzio.

Abbiamo disimparato l’ascolto del silenzio.

Il luogo dove incontriamo Dio. Perché non osare? Perché non tornare a tacere per ascoltare?

Noi stessi. Gli altri. Finanche Dio.

Perché non ritagliarci in questa estate rovente un quarto d’ora di silenzio dopo avere letto e meditato la Parola?

Imparare a scegliere

Come possono non avere capito? Come possono, davanti alla prima vera prova, avere mostrato tanta indifferenza e tanto cinismo? Cosa serve amare, seguire, accudire, istruire, vivere con loro se poi non hanno cambiato il loro cuore?

La notte di Gesù sul monte a pregare è tormentata e greve.

Coloro che ha scelto con tanta cura e tanta passione, coloro che ha voluto con sé, che ha istruito, hanno mostrato tutta la loro grettezza. Prega, il Signore. Forse un po’ stordito e deluso. Non sa che fare. Intanto si alza un forte vento sul lago. 

Gesù sceglie. Sceglie di non sceglierne altri.

Non migliori, non più coerenti, non eccezionali. Sceglie quei dodici.

Sceglie noi, fragili e incoerenti. Sceglie questa Chiesa composta di fango e santità. 

Sceglie me. così come sono. Amandomi, mi conduce ad altri pascoli.

Pietro

I discepoli, noi discepoli, sono spaventati. 

Dalla furia del vento e delle onde. Da questa tempesta inattesa che, improvvisa, ha messo in evidenza la nostra imperizia di marinai.

E lì, nel cuore della notte, sono raggiunti dal Signore, ma lo vedono come un fantasma. Non lo hanno riconosciuto nel fratello affamato. Come possono riconoscerlo qui, ora?

Solo Matteo ci parla dell’episodio di Pietro.

Di quella richiesta, ingenua oltre ogni limite, di raggiungere Gesù camminando sulle acque.

E si getta, Pietro. Si fida. 

E affonda.

No, non è capace, come noi non siamo capaci, di camminare davvero su ciò che ci spaventa, di passeggiare fischiettando sul ciglio del baratro che costeggia la nostra vita. Vorremmo, ma non siamo così coraggiosi, né così santi.

Solo il Maestro, solo il Signore può dominare le alte onde del mare, da sempre, nella Bibbia, potente e oscuro simbolo del male e della paura. Solo lui. Noi non siamo capaci, ma il Signore ci sfida, ci spinge ad osare.

Sempre.

Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera, l’ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio, per vedere il volto di Dio che si nasconde nel vento, che pare evanescente come un fantasma. 

Solo la fede ci permette di sfidare le onde e le nostre paure. Non per arroganza ma per infinito amore, per inossidabile passione. Solo così possiamo arrivare all’altra riva.

Coraggio.

Sappiatevi amati perché lo siete. E scegliete di amare, se lo volete.

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Mt 14, 22-33 | Paolo Curtaz 17 kB 24 downloads

Diciannovesima domenica durante l’anno 1Re 19,9-13/Rm 9,1-5/ Mt 14,22-33 …

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