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Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Il commento alle letture del 31 Luglio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Ed era per loro motivo di scandalo

VENERDÌ 31 LUGLIO (Mt 13,54-58)

La Lettera agli Ebrei così parla di Gesù: “Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli” (Eb 7,26). Se lui è santo e innocente in ogni cosa, mai potrà essere motivo di scandalo. Gesù proclama beato colui che non trova nella sua persona motivo di scandalo: “Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!»” (Mt 11,2-6). Scandalo è una parola proferita che non è conforme alla purezza e alla verità della Legge del Signore. È anche un’opera che manifesta trasgressione, disobbedienza, violazione della Legge del Signore.

Quanto Gesù dice dello scandalo per ogni suo discepolo, vale anche per la sua persona. La sua Legge obbliga Lui e ogni altro uomo che vuole raggiungere la vera salvezza nel regno di Dio: “Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco” (Mt 18,8-9). Se Gesù è perfetto in ogni cosa, perché per la gente della sua patria è motivo di scandalo? La ragione è subito detta: perché quelli di Nazaret non pensavano secondo i pensieri di Dio, non vedevano secondo la Legge del Signore, non erano mossi dalle verità contenute nelle profezie. Il metro per valutare e giudicare Cristo era il loro cuore. Il loro cuore era impastato di satanica e diabolica falsità. Il cuore di Cristo era purissima divina verità. Il loro metro di valutazione e di misura non è secondo Dio. Le loro false e bugiarde attese sono assai difformi da quelle che vuole realizzare il Padre per mezzo di Gesù. Tra un Messia che crocifigge e un Messia che è Crocifisso grande è la differenza. Grande è anche la differenza tra un Messia potente e un Messia debole.

In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

Anche i Giudei si scandalizzano di Cristo Gesù. La loro religione non è quella di Gesù Signore. Essi ne fanno un indemoniato e un peccatore. La risposta di Gesù è immediata: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio» (Gv 8,42-47). Gesù è Messia dal cuore del Padre. Il mondo vuole un Messia dal proprio cuore, pronto a giustificare e a legalizzare ogni peccato, ingiustizia, cattiveria, malvagità. Noi non siamo lontani dai Giudei di ieri. Anche noi oggi vogliamo un Messia che dichiari abrogati la Parola, il Vangelo, la sana dottrina, la retta fede, la vera moralità. Vogliamo un Cristo che ci lasci vivere secondo la malvagità e la cattiveria del nostro cuore. Non vogliamo alcuna distinzione né tra bene e male né tra chi crede in Lui e chi in Lui non crede. Vogliamo una religione nella quale tutto è indifferente.

Madre di Dio, Angeli, Santi, aiutateci a ritrovare la fede nel vero Messia di Dio.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.

Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 31 Luglio 2020

Una semplice e dura constatazione ci viene proposta oggi. Un profeta viene disprezzato tra i suoi e nella sua stessa patria, e non solo, è anche motivo di scandalo. Perché mai un profeta, un uomo, dovrebbe dare scandalo ed essere disprezzato? E perché proprio Gesù che elargisce la sua benedizione a coloro che accogliendo la sua parola non trovano motivo di scandalo (cf. Mt 11,6)?

Riprendo a commento le dense parole di Alberto Mello sulla figura del profeta e della sapienza.

Il profeta è uomo dalla parola generativa che orienta la vita, la storia e ne offre una direzione. Basta rileggere la storia di Abramo per ritrovare un uomo che ha saputo fare obbedienza alla parola del Signore e su questa parola ha scommesso la sua vita senza sapere neppure dove l’avrebbe portato. Il profeta è uomo di ascolto e di relazione attraverso cui cerca di incarnare tutta la sapienza di Dio.

Il profeta è uomo sapiente perché fa una “corretta esperienza di mondo”. “Sapienza è il saper vivere con gli altri nel mondo. Sapienza è la capacità di sopportare le prove della vita” (A. Mello). “Sapienza dell’accorto è capire la sua via” (Pr 14,8).

Ebbene, Gesù è considerato profeta dai suoi (cf. Mc 8,27). Egli si incarna nella storia, è inscritto nella storia come i profeti che lo hanno preceduto. È creatore di storia in quanto porta a compimento la salvezza promessa dal Padre, salvezza per l’umanità intera, salvezza operata attraverso le sue parole, i suoi prodigi, la sua stessa vita. Eppure quest’uomo nato a…, figlio di…, fratello di…, dà scandalo proprio con il suo insegnamento, la sua sapienza, i suoi segni.

Paradosso quanto mai verificabile quotidianamente: chi si fa seminatore di una parola generativa, chi si fa chicco che muore, chi parla con la bocca del cuore, della sapienza, della misericordia, della lungimiranza, costui non da tutti viene accolto.

“Nei confronti di Gesù scatta quella particolare censura mentale, che si può chiamare pregiudizio di familiarità. Siccome i suoi concittadini presumono di conoscerlo bene, non sono per nulla disposti a considerarlo diversamente da come se lo sono sempre immaginati” (A. Mello). Messa in dubbio non è tanto la sapienza in sé ma il non sapere da dove essa proviene. La mancanza di fiducia, di fede nell’esperienza della buona notizia, fa sì che la domanda “Da dove viene?” crei un inciampo, un ostacolo all’incontro. La fede è continuamente messa alla prova con i suoi “se”, “ma”, “perché”. L’ostacolo più grande è quando i “se”, i “ma”, i “perché” accecano a tal punto da mettere un filtro tra la realtà e lo sguardo su di essa, rendendolo non libero.

Ma il profeta vede lontano, nello spazio e nel tempo. Non compie prodigi lì nella terra dove è cresciuto, perché non avrebbero saputo discernere in essi la gloria di Dio, l’amore del Padre. Non gli resta allora che spostarsi di luogo e portare il bene e la pace là dove “la casa ne è degna” di accoglierli, come sarà per i discepoli inviati dal Signore alle pecore perdute (cf. Mt 10,11-14).

sorella Francesca


Fonte

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Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 31 Luglio 2020

«Ma che volete da me?»
Gesù è troppo ben educato per rispondere in questo modo ai sospettosi e arcigni concittadini di Nazareth. Ma questa potrebbe essere la sua risposta di fronte a chi resiste passivamente e con una certa malizia alla sua grande intraprendenza e alla sua generosa offerta di parola e prodigi che danno senso e gusto alla vita. Perché questi di Nazareth anziché prendersi il buono che c’è, cioè la parola appetitosa di Gesù, si fanno domande che ne impediscono l’accoglienza… ma che cosa gliene importerà mai da dove gli vengano la sapienza e i prodigi?! Se possono accogliere e questa e quelli, perché rimanersene a bocca asciutta con le aride domande che non dissetano e induriscono il cuore?

Forse c’è dietro (o dentro) una pretesa o una presunzione: se lui è uno dei nostri e dice e fa questa cose, allora dovrei poterle fare anch’IO! Sì scritto proprio così, tutto maiuscolo, perché è l’EGOlatria che impedisce di accogliere l’altro con il suo specifico dono, mentre per invidia, per superbia o non so per cos’altro, lo vorrei IO quel dono, lo vorrei per me, come una perla da aggiungere alla MIA collana!

Proprio per questo Gesù non può fare prodigi per loro! Il disprezzo è l’invidia livida e gelosa di chi vuol trattenere per sé, anche i doni più belli e spirituali e quindi non potrà accettarne di gratuiti e… sprecati.

Oggi per noi ignaziani è una festa grande e bella: celebriamo il Signore per averci dato sant’Ignazio, nostro padre e fondatore. Ebbene, proprio lui ci ricorda che i doni del Signore sono sempre dati per gli altri e non per colui che li riceve. Sono dati essere trafficati, utilizzati, “sprecati” nella misericordia!

Quando Ignazio, a Roma, di notte guardava il cielo pieno di stelle, sprofondava nella più viva contemplazione e versava calde lacrime di partecipazione, ma non per un gusto estetico o intimistico. Questa contemplazione lo spronava a impegnarsi per il Regno di Dio, per coloro che ancora non lo conoscevano, per coloro che erano lasciati ai margini di questo Regno. Il dono si faceva determinazione, scelta di amore e di misericordia, il Signore ci doni la grazia di essere figli di tanto padre, di non trattenere mai per noi il dono che riceviamo, in patria e altrove.

Buona festa!

Stefano Titta SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Il profeta, uomo di Dio è Parola fatta Vita

Sant’Ignazio di Loyola

Nel libro del Deuteronomio (cap. 18) Mosè offre il criterio per distinguere tra il vero e il falso profeta: la parola di quello vero si realizza, mentre l’oracolo di quello falso no. A partire da Mosè, che è l’archetipo dei profeti, passando per Elia, Eliseo, Isaia e soprattutto Geremia, fino ad arrivare a Gesù e ai suoi discepoli, il profeta autentico diventa il segno visibile del peccato dell’uomo. Infatti, come gli uomini spesso si ribellano a Dio e lo rifiutano, così i profeti subiscono la stessa sorte. Essi non sono creduti e addirittura osteggiati. Da qui il detto proverbiale «nessuno è profeta in patria sua». Il profeta, quale uomo di Dio, lo rende presente, udibile, tangibile. Il profeta è l’uomo nel quale Dio si fa piccolo per parlare agli altri uomini e intessere con loro un rapporto di amicizia vera, gratuita, disinteressata, autentica. Ma gli uomini invece di fidarsi di colui che si offre senza chiedere nulla in cambio per sé, diffidano perché rappresenta ciò che di più distante c’è dalla logica commerciale, utilitaristica, materialistica, individualistica di cui sono impregnati gli uomini. Si nasce individui e si dovrebbe diventare persone, se ci si lascia guidare, aiutare, educare. Questo è proprio il compito del profeta che è strumento non del giudizio di Dio ma della sua pedagogia.

Matteo, come fanno tutti gli evangelisti, preparano per tempo i lettori della loro opera al gran rifiuto che condurrà Gesù alla morte. Tuttavia, al gran rifiuto dell’uomo Dio oppone la grande fedeltà che porta alla risurrezione. Ogni profeta è fatto segno di scherni, offese, ingiurie, complotti fino a subire la morte, ma lo stesso profeta è fatto oggetto della misericordia di Dio. Infatti, con la risurrezione di Gesù Cristo, che rivela come vera la sua parola e quella di Dio, riscatta il destino di ogni profeta del passato, del presente e del futuro, ma anche di tutti coloro che hanno fede e credono nella loro parola fatta vita. 

L’uomo è amato da Dio sempre, ecco perché è amato veramente. Non c’è nulla di più vero dell’amore di Dio di cui si può fare esperienza solamente quando abbassiamo i muri di difesa dei pregiudizi. La vita, quella vera, la si accoglie aprendo la porta del cuore a Dio. La maniglia di questa porta è solo dal di dentro perché è l’esercizio della libertà personale che Dio ha reso inviolabile anche a sé stesso. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

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Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Pagina di grande attualità: la profezia non è mai accolta da coloro che conoscono il profeta, da chi abita intorno alla profezia… la profezia è riconosciuta sempre da lontano e molto dopo e  mai da chi non è familiare alla profezia, cioè dalle persone che hanno una vista corta e una mentalità  ristretta.

Per accogliere un profeta, per riconoscere un profeta, bisogna avere un cuore grande e una mente molto aperta soprattutto alle alle sorprese di Dio,  al modo di intervenire di Dio nella storia, alla sua Provvidenza.

Perché il profeta è sempre un uomo scelto da Dio, è mandato da Dio. Il profeta è per sé stesso una sorpresa di Dio per l’umanità. Solo chi ha occhi capaci di aprirsi alle meraviglie di Dio può riconoscere i profeti di tutti i tempi. Oggi chiedo al Signore la grazia di riconoscere chi sono i profeti che ha mandato nella mia vita.

Chi è il Profeta che magari mi ha indicato cammini di Santità diversi da quelli che io stavo percorrendo… ed io non l’ho riconosciuto.  Chiedo al Signore: ma sarò anche io un suo profeta per il mondo di oggi? Il profeta è un “diverso” scelto da Dio. Per questo è insostituibile.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 31 Luglio 2020

Non è costui il figlio del falegname?

La frase è emblematica del modo di pensare della “ gente “ dell’epoca e…di oggi.

Le persone ti etichettano, ti assegnano un “ ruolo “ in virtù della tua estrazione sociale, della tua storia familiare.

Se sei “ il figlio del falegname “, “ da dove ti vengono tutte queste cose “?

E’ uno scandalo.

Cosi’ è visto Cristo.

Come uno scandalo perché non è quello che loro dicono che dovrebbe essere in relazione alla sua provenienza.

I contemporanei di Gesu’ si fossilizzano sui loro preconcetti senza prendere atto dell’evento più importante: che Gesu’ insegnava nella sinagoga, aveva sapienza e compiva prodigi.

Dinanzi a cio’ avrebbero potuto ricredersi o, quanto meno, interrogarsi; invece, rimanendo rigidi nei loro schemi, pur rimanendo “ stupiti “ ritenevano scandaloso il comportamento di Cristo.

Attenzione allora a non riprodurre anche noi questo atteggiamento.

Non restiamo fissi nelle nostre rigidità, se incontriamo qualcuno, ad esempio il prete della nostra parrocchia, un volontario, che ci porta Cristo, ce ne parla con entusiasmo e competenza, è testimone credibile degli insegnamenti del Vangelo, non ci chiudiamo dinanzi ai nostri pregiudizi, alle nostre etichette, ma, al contrario, ringraziamo di averlo incontrato e facciamoci coinvolgere.

Diversamente perderemo la possibilità di cambiamento che ci era stata donata ed il “ profeta nostrano “, a causa della nostra incredulità, non potrà fare miracoli in casa sua.

Buona giornata a tutti.


don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Dal Vangelo di oggi:
“Non è costui il figlio del falegname?”. (Mt 13,55)

Sei il Figlio di Dio e anche il figlio del falegname. Orgoglioso di lui, del suo lavoro. Di aver imparato da lui cos’è la vita. Perdonaci per tutta quella storia del “padre putativo”. Se Tu non fossi stato figlio del falegname non ci avresti potuto salvare, così come se non fossi Dio.


Edgar Morin – La fraternità, perché? Resistere alla crudeltà del mondo

Fraternità perché? E quale fraternità? Queste le domande che Edgar Morin, intellettuale tra i maggiori del nostro tempo, ci pone in questo denso pamphlet.

Domande rese urgenti dalla drammatica crisi, insieme ecologica, sociale, politica e spirituale, nella quale siamo immersi su scala locale e planetaria. Condensando in poche pagine decenni di ampi studi transdisciplinari, Morin evidenzia come nella triade democratica libertà-uguaglianza-fraternità sia l’ultimo termine a dover oggi prevalere, pena l’aggravarsi ulteriore della crisi in atto.

La «comunità di destino terrestre» che coinvolge ormai tutti gli esseri umani necessita più che mai di quel «sentimento profondo di una maternità comune» che nutre le fraternità. E che ci chiede di saper dare vita a concrete «oasi di fraternità».

Di seguito la riflessione di Giovanni Grandi a proposito de ?? ??????????̀, ??????̀?, “?? ????? ?? ???????, ??????????? ?? ?????????”. “?? ??????????̀ – ci dice Grandi – è la chiave di lettura che può aiutarci a capire qual è il cambiamento che abbiamo auspicato in questi mesi così difficili. ?? ????? ? ???????? ?? ?????? ???????, ? ? ??? ?????? ???’????? ???????? ?? ???? ???̀ ??????????? ?? ?????? ????????”.

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p. Raniero Cantalamessa – Commento al Vangelo per domenica 2 Agosto 2020

Gesù chiede la comunione delle risorse della terra

Un giorno Gesù si era ritirato in un luogo solitario, lungo la sponda del mare di Galilea. Ma quando fece per sbarcare, trovò una grande folla che lo attendeva. Egli “sentì compassione per loro e guarì i loro malati”. Parlò loro del regno di Dio. Intanto però si era fatto sera. Gli apostoli gli suggeriscono di congedare le folle, perché si procurino da mangiare nei villaggi vicini. Ma Gesù li lascia di stucco, dicendo loro, in modo che tutti sentano: “Date loro voi stessi da mangiare!”. “Non abbiamo, gli rispondono sconcertati, che cinque pani e due pesci!” Gesù ordina di portarglieli. Invita tutti a sedersi. Prende i cinque pani e i due pesci, prega, ringrazia il Padre, poi ordina di distribuire il tutto alla folla. “Tutti mangiarono e furono saziati e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati”. Erano cinquemila uomini, senza contare, dice il Vangelo, le donne e i bambini. Fu il picnic più gioioso nella storia del mondo!

Cosa ci dice questo vangelo? Primo, che Gesù si preoccupa e “sente compassione” di tutto l’uomo, corpo e anima. Alle anime distribuisce la parola, ai corpi la guarigione e il cibo. Voi direte: allora, perché non lo fa anche oggi? Perché non moltiplica il pane per i tanti milioni di affamati che ci sono sulla terra? Il vangelo della moltiplicazione dei pani contiene un dettaglio che ci può aiutare a trovare la risposta. Gesù non fece schioccare le dita e apparire, come per magia, pane e pesci a volontà. Chiese che cosa avevano; invitò a condividere quel poco che avevano: cinque pani e due pesci.

Lo stesso fa oggi. Chiede che mettiamo in comune le risorse della terra. È risaputo che, almeno dal punto di vista alimentare, la nostra terra sarebbe in grado di mantenere ben più miliardi di esseri umani di quelli attuali. Ma come possiamo accusare Dio di non fornire pane a sufficienza per tutti, quando ogni anno distruggiamo milioni di tonnellate di scorte alimentari, che chiamiamo “eccedenti”, per non abbassare i prezzi? Migliore distribuzione, maggiore solidarietà e condivisione: la soluzione è qui.

Lo so: non è così semplice. C’è la mania degli armamenti, ci sono governanti irresponsabili che contribuiscono a mantenere tante popolazioni nella fame. Ma una parte di responsabilità ricade anche sui paesi ricchi. Noi siamo ora quella persona anonima (un ragazzo, secondo uno degli evangelisti) che ha cinque pani e due pesci; solo che ce li teniamo stretti e ci guardiamo bene dal consegnarli perché siano divisi tra tutti.

Per il modo in cui è descritta (“prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, li benedisse, spezzò i pani e li diede ai discepoli”), la moltiplicazione dei pani e dei pesci ha fatto sempre pensare alla moltiplicazione di quell’altro pane che è il corpo di Cristo. Per questo le più antiche rappresentazioni dell’Eucaristia ci mostrano un canestro con cinque pani e, ai lati, due pesci, come il mosaico scoperto a Tabga, in Palestina, nella chiesa eretta sul luogo della moltiplicazione dei pani, o nell’affresco famoso delle catacombe di Priscilla.

In fondo, anche quello che stiamo facendo in questo momento è una moltiplicazione dei pani: il pane della parola di Dio. Io ho spezzato il pane della parola e Internet ha moltiplicato le mie parole, sicché ben più di cinquemila uomini, anche questa volta, hanno mangiato e si sono saziati. Resta un compito: “raccogliere i pezzi avanzati”, far giungere la parola anche a chi non ha partecipato al banchetto. Farsi “ripetitori” e testimoni del messaggio.

Fonte: il sito di p. Raniero


Commento al Vangelo di domenica 2 Agosto 2020 – don Roberto Ponzini

Il commento al Vangelo di domenica a cura di don Roberto Ponzini della Diocesi di Piacenza-Bobbio.

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