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Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

“E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio” (Albert Einstein). Il brano di oggi ci mette in guardia da un grande rischio che tutti corriamo: quello di incasellare le persone, soprattutto quelle che conosciamo meglio, in degli schemi.

Lui è così, ormai lo conosco, non potrà mai cambiare! Di fatto queste persone, che noi incaselliamo, non le ascoltiamo più veramente perchè nel nostro immaginario dicono e fanno sempre le stesse cose.

E lo stesso procedimento si verifica anche nei confronti di altre persone che appartengono a gruppi o categorie che la società ha già etichettato e schedato. Che tristezza una società fatta di pregiudizi!

Quanta ricchezza e unicità di ogni singola persona ci perdiamo! Chiediamo a Gesù di donarci la sua capacità di guardare l’altro nella sua meravigliosa ed inspiegabile unicità perchè in quella unicità c’è un frammento inedito della bellezza di Dio.


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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Il pregiudizio è un muro che impedisce alla grazia di agire…
Il pregiudizio è un veleno che ammazza le relazioni nel nascere…
Il pregiudizio è una sostanza che inquina le relazioni già nate…

Il pregiudizio è zizzania… e diventa una falsa fede contro la vera fede… diventa incredulità… perché il pregiudizio è credere alla mia impressione… credere ai miei pensieri… credere alle voci degli altri e non lasciare spazio all’azione di Dio.

Spesso abbiamo una brutta tendenza: etichettare l’altro… classificarlo in maniera definitiva per quello che ha fatto. L’altro è… l’altro coincide con quello che di male ha fatto… e non c’è altra possibilità!

Se Dio si comportasse così con noi… non avremmo scampo!

Ma nessuno è il male che ha fatto… nessuno è la somma dei suoi errori… nessuno coincide con le sue debolezze e fragilità… perché ognuno è sempre di più di quello che appare… è sempre di più di quello che ha fatto… perché ognuno è potenzialmente quello che Dio vuole per lui!
Ognuno è tutto il bene capace di fare… anche se (ancora) non l’ha fatto!

Mai mettere freno a ciò che Dio può fare… mai mettere freno a ciò che l’uomo può fare di bene… dai sempre un’altra possibilità, perché Dio fa così con tutti… fa così con te… dai sempre un’altra possibilità… datti sempre un’altra possibilità… non è mai troppo tardi!

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AUTORE: Don Antonio Mancuso
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don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

“Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?”

La gente era stupita degli insegnamenti di Gesù. La sua parola era ricca di sapienza e accompagnata da prodigi. Tuttavia restavano confusi e scandalizzati perchè non si spiegavano queste sue capacità conoscendo bene le sue origini.
I credenti di oggi dovrebbero essere in un certo senso favoriti rispetto alla gente di allora. Noi non corriamo il rischio di di questa confusione e di questo scandalo. Conosciamo Gesù già come il Cristo, il Figlio di Dio, percui la sua Parola la riceviamo già come parola di Dio. Ma è per noi ancora una parola sapiente e prodigiosa? Quando ascolti e leggi la Parola di Dio riesci a riconoscere questa sapienza? Sai individuare la Sua capacità di portarti a guardare le vicende umane con una logica diversa dalla tua? O ti sembra una parola già conosciuta che non porta nessuna novità nella tua vita?

Inoltre sai notare i prodigi connessi alla parola di Dio? Quando vivi osservandola riconosci quello che ti succede dentro o intorno? Come il Signore è fedele alla sua Parola e continua ad agire attraverso di essa?
Se per i contemporanei di Gesù erano ammissibili quei dubbi, è invece inspiegabile come, conoscendo il valore della Parola di Dio, tu rischi di non vederne a volte la sua sapienza e i suoi prodigi.

In breve

Sperimenti ancora la sapienza e i prodigi che la parola di Dio porta con se? Tu più dei contemporanei di Gesù puoi constatare come nei secoli Dio è rimasto fedele alle sue parole e continua ad agire attraverso di esse.


Di don Vincenzo Marinelli anche il libretto:

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Commento a cura di don Vincenzo Marinelli

Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Il vangelo proprio di Sant’Ignazio di Loyola illustra, tra i vari aspetti, l’immagine di un re che parte in guerra contro un altro re. Sorge quella che Ignazio chiamerebbe “ambiguità” o “inquietudine”: davvero è la scelta giusta? Quali sono i mezzi per affrontarla? Come Gesù dice che un re assennato «siede prima a esaminare», anche per la nostra vita, perché non sia scriteriata, è necessario esaminare, fare discernimento e soprattutto esercitarsi a decidere nel modo giusto, per non prendere decisioni avventate né fuori tempo massimo.

Ogni persona ha la propria storia, la propria battaglia, le risonanze interiori da ascoltare nello stato presente e i propri mezzi da scoprire e da sfruttare al meglio. Ma sentirsi n medesimo dubbio del re è la precondizione indispensabile per iniziare gli esercizi ignaziani, un vero e proprio combattimento da affrontare con un accompagnatore che sappia aiutarci a tramutare i nostri punti di debolezza in punti di forza per vincere la battaglia della vita, già vinta dal Signore.

Per questo è importante imparare a sgamare le false sicurezze e a rifiutare le illusorie promesse di felicità, che ci propongono magari un bene inferiore a ciò che ci può invece dare la vera gioia: capire dove ci portano stabilmente gli affetti del nostro cuore speciale ci permette di scegliere davvero il meglio che è proprio per noi, e non per altri. «Considerare attentamente la condizione particolare della persona» è imprescindibile. Allora negli Esercizi chiediamo al Signore di mettere ordine nella nostra vita per meglio seguirlo, servirlo e amarlo nel modo in cui la singola persona — nella relazione più intima con Dio che si lascia incontrare nella sua Parola e in ogni cosa — si sente più libera, invitata e determinata a farlo, senza farsi distogliere da false ragioni.

Così diceva Ignazio: «È proprio questo che insegniamo riguardo alla scelta dei mezzi per conseguire un obiettivo; poiché in tal caso non esaminiamo solo ciò che basta per raggiungere il fine, ma anche ciò che è migliore, più utile, più diretto».


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Medita

Questo brano, che segue immediatamente il grande discorso di Gesù sul regno dei cieli, interrompe per un attimo il racconto degli insegnamenti di Gesù, per riportare un episodio tanto meschino quanto plausibile da Lui sperimentato nella sua città di Nazareth. “Nemo profeta in patria”, recita il proverbio derivato da questo episodio, e molti di voi avranno avuto occasione di sperimentare personalmente o comunque di osservare quanto sia difficile che in ambienti familiari, tra parenti, amici, compaesani siano apprezzate le eccellenze di qualcuno di loro.
Non è difficile immaginare il disappunto di Gesù, reduce da entusiastiche acclamazioni per i suoi insegnamenti sulle rive del lago di Tiberiade, quando persone a lui care e alle quali è legata la sua infanzia lo accolgono con scetticismo e astio, accusandolo addirittura di scandalo. “Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?”, è la domanda che si pongono. Come a dire: “Questo, girando qui nei dintorni, ha visto un po’ di mondo e si è subito montato la testa. Ma è sempre un poveraccio come tutti noi”. E a dimostrazione di questo enumerano i suoi familiari e i suoi amici, quasi fossero dei veri e propri lacci che lo tengono legato all’infimo livello della società di Nazareth impedendogli di eccellere. È quasi una prima uccisione sociale!

Rifletti

Sotto l’influenza della meschinità dei nazareni, le poche, semplici parole dell’ultimo versetto potrebbero essere interpretate come una ritorsione di Gesù nei loro confronti. Invece nasconde una notizia straordinaria per tutti noi: abbiamo il potere di operare miracoli insieme a Gesù perché la nostra fede ne è condizione necessaria.

Prega

O Dio, che a gloria del tuo nome
hai suscitato nella Chiesa sant’Ignazio di Loyola,
concedi anche a noi, con il suo aiuto e il suo esempio,
di compattere la buona battaglia del Vangelo,
per ricevere in cielo la corona dei santi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo.
(dalla liturgia)


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Sant’Ignazio: quando il Signore chiede di rinunciare a qualcosa

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AUTORE: don Marco Scandelli
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don Nicola Salsa – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Conosco davvero chi sia Gesù

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don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 31 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

Sito web – preg.audio

p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

Finita la sezione sul Regno inizia oggi la sezione sull’incredulità, una sezione lunga fino al capitolo 17 versetto 27.

L’itinerario dell’incredulità passa attraverso il dubbio che sempre accompagna sia la fede come l’incredulità.  L’atteggiamento che emerge è quello del rifiuto a farsi coinvolgere nel cammino di Gesù.

Da dove viene questa sapienza a questo qui che conosciamo bene e che non ha neppure studiato? Come facciamo a credere che la potenza di Dio possa essere in Lui? Non ha praticato particolari ascesi.  È uomo normale e ordinario in tutto simile a noi. Non può essere Dio questo tale. Noi vogliamo un Dio che corrisponda alle nostre idee e intuizioni, non accettiamo un Dio che si fa come noi.

In fondo vorremmo Lui e noi diversi da come siamo, come vorremmo la realtà diversa da come è. Questo è l’origine del male: non accettare la realtà per quello che è e volerla cambiare in ogni dove. Il risultato è sotto i nostri occhi: distruggiamo il creato per cambiare il mondo e non riusciamo più ad avere una relazione normale perché vogliamo cambiare il prossimo.

C’è da chiedersi se noi vedessimo Gesù se crederemmo ancora in Lui. Non credo, semplicemente perché non corrisponderebbe all’idea che noi abbiamo di Lui. Se venisse ora mentre leggo il vangelo? Probabilmente neppure ora: troppo diverso da quello che io penso di Lui. Magari lo vorrei biondo con gli occhi azzurri mentre Lui si presenterebbe coi capelli neri e un po’ scurotto di pelle. Se poi cominciamo a parlare con Lui, apriti cielo!

Lui si è rivelato ai piccoli. I religiosi cercano la potenza, mentre i sapienti ricercano la sapienza: Lui si è rivelato come uomo che finirà in croce.

Quel Dio che ognuno di noi pensa come sapiente e potente e che nessuno ha mai visto, ebbene quel Dio si è manifestato nella carne di Gesù. Questa è la notizia di Dio: Gesù nella sua carne; il Verbo eterno che si fa carne. Quando da sempre filosofi e cultura greca aspettavano la liberazione dalla carne. Lui si fa carne e ritorna a farsi carne nella risurrezione.

Siamo degli gnostici. Lo gnosticismo è la prima eresia delle prime comunità cristiane e noi siamo fedeli a questa eresia dei primi tempi.  Gnosticismo significa non accettazione della debolezza dell’umanità di Gesù e ancor più dell’umanità crocifissa. Questa radice della fede è sempre insidiata dall’incredulità, non stupiamocene.

Il cardo salutis caro, vale a dire che la sua carne è il cardine della salvezza, è sempre insidiato e non creduto, è sempre negato nella nostra quotidianità. Chi può credere che Dio si occupi di una madre che accudisce il figlio? O chi può credere ad un Dio che ha tempo per uno che dona una carezza ad un anziano? O chi può credere ad un Dio che perde il suo tempo al bar o ai crocicchi delle strade a parlare di niente?

Siamo disincarnati, questa è la nostra fregatura.

Il cristianesimo è amore per Cristo crocifisso: questa è l’unica fede, è l’unica alta teologia. Lui inchiodato alla realtà della vita non perché amante della sofferenza, ma perché amante dell’amore, quello vero, quello che si incarna e che prende a cuore le cose quotidiane, le cose belle, le cose che ogni giorno siamo chiamati ad incontrare e a vivere.

Noi increduli in questo Dio siamo chiamati a camminare nella terra del dubbio, per divenire credenti nel Dio incarnato. Lui che si fa come noi perché noi possiamo essere come Lui.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 31 Luglio 2020

LA SAPIENZA DEL PROFETA SMASCHERA L’INCREDULITA’ NASCOSTA NELLO SCANDALO E NEL RIFIUTO PER OFFRIRCI LA POSSIBILITA’ DI CONVERTIRCI E GESU’ POSSA OPERARE MIRACOLI IN NOI

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Gesù viene oggi a Nazaret, la sua patria. Viene cioè nelle nostre città, nei nostri quartieri, nei luoghi che frequentiamo ogni giorno. Viene perché “colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine”. Ciò significa che anche oggi abbiamo bisogno di nuovo di essere messi da parte, strappati al mondo, alla carne e al demonio che ci seducono per non farci vivere secondo la volontà di Dio che ci ha scelti ed eletti per essere suoi figli. Eppure può succedere come quel giorno a Nazaret, e chissà quante volte è già accaduto… Possiamo cioè “scandalizzarci” del fatto che, “per ridurre all’impotenza il demonio” e farci figli del suo stesso Padre, Gesù “divenga partecipe” oggi della nostra carne e del nostro sangue. E’ difficile infatti imbattersi in un amore così e non inciampare sulla sua gratuità. Nessuno si è fatto mai compatriota dei nostri fallimenti. Nessuno ci ha amato sino a farsi peccato, sino a condividere le conseguenze dei nostri peccati. Non a caso nel parallelo di Luca la scena del rifiuto si svolge in sinagoga, dopo che Gesù aveva annunciato solennemente che proprio in quel giorno si stavano compiendo le profezie che Egli stesso aveva proclamato. Gesù, il loro compatriota, era il Vangelo fatto carne, lì, in quel momento, per loro. E che dicevano le profezie? Annunciavano la libertà! L’uomo nuovo che rinasce dal battesimo. Gesù è “venuto nella sua patria” per spalancare le porte sprangate che la chiudevano nella schiavitù della paura della morte. Gesù è venuto per strappare ai confini terreni e carnali la sua patria, e quindi quella di ogni uomo; per demolire le barriere della morte che limitano e rinserrano ogni rapporto nell’egoismo e nella concupiscenza. Come accade sovente anche a noi, in un primo momento la “gente” di Nazaret si “stupisce” per gli “insegnamenti” di Gesù.

Non parlava, infatti, come i loro scribi, e aveva una “sapienza” e un potere di compiere “miracoli” che non avevano mai visto. Ma ai loro occhi era come se quella sua eccezionalità straripasse dalla sua carne, era impossibile che quell’uomo che aveva vissuto con loro tanto tempo potesse contenerla; già, “da dove gli veniva”? Gli veniva dallo stesso Cielo dal quale i cristiani, i nuovi compatrioti, avrebbero ricevuto in dono lo Spirito Santo; gli “veniva” dalla “patria” che è madre di tutte le patrie, dalla Gerusalemme celeste; gli “veniva” dal Padre, dal quale ogni paternità, e quindi ogni patria prende origine. E perché Nazaret fosse accolta nella paternità divina, perché tutte le patrie degli uomini diventassero parte della Patria celeste, Gesù è “venuto” a prendersi il rifiuto dei suoi patrioti. Per renderli figli di Dio e così fratelli oltre la carne, ha lasciato che il peccato lo uccidesse nella carne. Per liberarli e introdurli nella vita nuova “è divenuto partecipe della loro carne e del loro sangue” con cui è entrato nella morte, e con cui ne è uscito vittorioso. Per salvarci ha assunto su di sé le invidie, le gelosie, le meschinerie che ci avvelenano la vita; si è fatto peccato, peccato nella carne, nella famiglia, nei rapporti dove tutti inciampiamo. Ha lasciato che il peccato originale, consumato non a caso da due sposi, lo deponesse nella tomba. Ma è risorto, per fare di ogni peccatore la sua sposa senza macchia né ruga, perché ogni legame bloccato dal peccato e dalla paura, potesse ritrovare la libertà dell’amore autentico, libero e nella verità. 

La sua “venuta” a Nazaret è identica alla sua “venuta” nella nostra vita, per scendere nelle profondità del peccato nel quale ci ha concepito la nostra madre nella carne. A Nazaret va in scena tutta la nostra vita, quella di ogni giorno, fatta di piccole e semplici cose, ma segnata dal peccato originale. Anche noi abbiamo bisogno di un messia che si infili nella quotidianità. Ed è necessario anche lo scandalo di fronte alla normalità del suo amore. Tanto il demonio ci ha fatto credere speciali, praticamente come Dio, che ormai sappiamo immaginarci la salvezza, la felicità, la svolta nella vita “venire” solo attraverso chissà quale effetto speciale. Mai e poi mai Gesù il Messia “verrà” dalla Nazaret che conosciamo bene, dal marito, dalla moglie, dai figli, dai fratelli, dal lavoro di ogni giorno, a casa tra pranzi, cene e pannolini, o in ufficio, snervante, deprimente; mai da un malattia, da un fallimento amoroso, da un licenziamento. No, siamo certi che la salvezza ci verrà da un fatto capace di cambiare radicalmente le nostre esistenze. E invece Gesù “viene” proprio da Nazaret, da quello che non accettiamo e che vorremmo cambiare. “Viene” da Nazaret per tornare a Nazaret; “viene” dalla nostra stessa carne, per “venire” alla nostra carne e deporvi un seme di Cielo. “Viene” da Nazaret ma “viene” anche dal Cielo, per trasformare le nostre Nazaret in meravigliose città celesti. Così è nata la Chiesa, così rinascerà la tua famiglia, simile alla santa Famiglia di Nazaret.

Gesù, infatti, non “viene” a cambiarne le mura, le vie, le case, i negozi… Il tuo carattere e quello dell’altro probabilmente non cambierà di una virgola, perché il Messia “viene” a trasformare dal di dentro le relazioni, il cuore dei suoi abitanti. “Viene” a darci un cuore nuovo, capace di amare e accogliere l’altro come il Messia inviato alla nostra vita. Gesù, infatti, doveva redimere l’ordinario, perché lo straordinario non esiste, è figlio della menzogna del demonio: noi non siamo diventati come Dio, per questo Dio si è fatto uomo. Ci scandalizzerà ancora che il Messia entri dalla porta di servizio, ma l’unica verità è che siamo tutti lì, a Nazaret… Lui non si è “scandalizzato” di te, perché tu ti scandalizzi di Lui? Perché non ti accetti, non sopporti le debolezze, la precarietà spirituale… E così ti scandalizzi degli altri, e di Lui, che invece di fare il miracolo di cambiarti si fa come te… E non capiamo che è per farci, poco a poco, come Lui, lasciando intatta la nostra fragilità. Per questo, confessiamolo, è già successo, vero? che “a causa della nostra incredulità, non ha potuto fare molti prodigi”… Lo abbiamo “disprezzato” e rifiutato proprio perché si è presentato come uno di noi: un povero prete, un catechista a cui non daresti due lire; o nella carne di chi ti è accanto. Non abbiamo ascoltato le sue “profezie” perché risuonavano nelle voci che ci siamo illusi di conoscere molto bene. Ma oggi di nuovo Gesù ci annuncia una “profezia”, coraggio! Guardati intorno, ti dice, guarda al più piccolo di casa, come Samuele guardò a Davide. Scruta ciò che sembra non avere valore, perché è lì che risplende la vita divina nella carne umiliata di Cristo. Così è nella storia, dove si incarna nei più poveri, negli ultimi, in quelli che il mondo neanche guarda più. Così oggi busserà alla tua porta, come Lazzaro piagato giaceva sull’uscio del ricco epulone. Lo aveva ben compreso San Francesco, che non a caso inviò Frate Rufino a predicare nudo nel Duomo di Assisi, episodio ritratto magistralmente da Liliana Cavani.

 La misura della fede emergeva dall’accoglienza di quell’uomo inerme, completamente nudo. Era Cristo “venuto” nella Chiesa, era il Servo di Yahwé che tutti erano capaci di venerare nelle immagini scolpite ma che rifiutavano se “veniva” loro a “insegnare” in carne e ossa di povero e ultimo. Purtroppo accade ancora oggi nella Chiesa, quando parroci e fedeli rifiutano i doni dello Spirito Santo, i carismi che Dio dona incartandoli nella carne dei loro fratelli; deboli, fragili, magari laici e non sacerdoti, e per questo disprezzati, perché è ancora vero che “un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua”. E in quelle parrocchie Dio non può compiere i “molti prodigi” che avrebbe voluto compiere… E’ un mistero, ma è così, profetizzato duemila anni fa da Gesù, che lo aveva vissuto in persona. Ah l’incredulità dei pii… E’ puro diserbante sparso nelle comunità… E così nelle nostre case, dove amiamo e accogliamo sin tanto che l’altro non ci si presenta nudo, ferito, piagato dai propri peccati, dalla debolezza, dagli errori. Apri gli occhi del cuore allora, e guarda bene, sei tu quell’uomo ferito, è il tuo matrimonio, la tua storia, ed è Lui che “viene” ancora per salvarti. E’ Lu che ti parla, è Cristo vivo in tuo marito, in tua moglie, in tuo figlio. E ti sta “insegnando” a spogliarti dell’uomo vecchio gettandolo nella misericordia di Dio; le relazioni difficili ci stanno “ammaestrando” nell’umiltà, spingendoci a chiedere aiuto alla Chiesa. Abbiamo rifiutato tante volte il Signore, scappando dalla Croce. Ebbene oggi ci è offerta una nuova possibilità: accogliamolo nella carne, anche nei difetti dei fratelli. Lui ha già rotto ogni muro che ci separa da loro. Basta aprire un pochino il cuore e lasciare che Lui compia in noi il “prodigio” della sua “sapienza” crocifissa. Allora ci farà stendere le braccia con Lui per amare, perdonare, e offrirci liberamente, senza esigere, senza usare dell’altro; allora vedremo la nostra Nazaret tingersi di Cielo. 


AUTORE: don Antonello Iapicca
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