p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 3 Dicembre 2020

Avvicinarsi alla Parola di Dio, alla volontà del Padre, per fare diventare nostra questa Parola e questa volontà, non è cosa secondaria, non è cosa disumana.

La volontà del Padre non è cosa da super eroi, cosa adatta a ben pochi, cosa che è legata solo alla sofferenza o ai momenti in cui ti capitano delle disgrazie. È utile anche in quei momenti, ma guai se fosse solo per quello.

Noi siamo profondamente convinti che la volontà del Padre è roba da giocarsi nel chiuso delle chiese chiudendo fuori quel mondo che è sostanzialmente cattivo.

La fede, la volontà del Padre, è roba da cantare e da danzare in piazza. È una sinfonia di vita da suonare nella bellezza della nostra esistenza. È una fatica cantata, la volontà del Padre. Sì perché andare a seminare e a coltivare è fatica. Ma si può vivere questa dinamica di vita come un peso, con dei musi da arrabbiati oppure come una legge della vita bella da cantare. Da cantare perché questa legge della vita genera vita, e la vita generata è sempre bella, cambia il cuore, porta il sorriso sulle labbra.

La volontà del Padre è vita donata e vita ricevuta. La volontà del Padre è relazione col Padre perché possiamo essere nella gioia e nella gioia completa.

La volontà del Padre è che l’uomo si realizzi. Ascoltare ed accogliere questa volontà ci cambia la vita. Ci cambia la vita perché quello che ascoltiamo non è più una predica più o meno bella, ma quello che ascoltiamo, se decidiamo di farlo nostro, non alimenta il nostro sapere, anche, ma soprattutto il nostro vivere.

Quando ascolto la Parola e la metto a confronto con la mia interiorità e lascio che questa Parola invada la mia interiorità, compio un primo atto buono nei confronti della mia vita: l’atto di non chiudere fuori da me la sapienza di Dio.

All’inizio un po’ sconquassa, ti lascia senza fiato, ti ribalta, ma poi, un po’ alla volta, la senti sempre più vitale, la riconosci come qualcosa di tuo, come qualcosa di non più esterno a te. Allora la senti penetrare in te. Ti accorgi che va a toccare certi sentimenti che fanno male e che fanno del male. Magari non sai come prenderli e come farli evolvere, ma accetti di stare in attesa fino a quando questo avviene. Quando un sentimento di rabbia evolve, come neanche tu lo sai, già non sei più schiavo di quel sentimento, non dipendi più dal desiderio di vendetta nei confronti dell’altro. Il tuo pensare non continua a rincorrere in modo ossessivo la necessità di ribadire le tue ragioni e i torti dell’altro. Ma semplicemente stai e semplicemente ricerchi dentro di te la verità non più come qualcosa da imporre all’altro, ma semplicemente come qualcosa da vivere indipendentemente dal fatto che l’altro la recepisca oppure no. Questo non è menefreghismo nei confronti dell’altro ma liberazione da una sorta di dipendenza dove sembra che se l’altro non si muove anch’io allora non mi muovo o, se lo faccio, ho bisogno di evidenziare quanto l’altro non fa.

Fare la volontà del Padre è una cosa bella e gioiosa, direi vitale: è un costruire sulla roccia della sapienza di Dio anziché sulla sabbia della stoltezza del mio buon senso e delle mie rivendicazioni. Allora la pioggia che arriverà non sarà una maledizione o una sfortuna o un castigo, ma semplicemente una benedizione perché la terra ha bisogno di essere irrigata e di riacquistare vita. Allora continueremo a lavorare, cioè a vivere, perché tutto quel ben di Dio che scende dal cielo possa essere benedizione sulla vita di ogni uomo.

Ne consegue la necessità di una scelta: o evitiamo le tempeste contro la nostra casa scegliendo la tranquillità ed evitando gli spigoli della vita, oppure accettiamo le tempeste che comunque vi sono anche oggi, scegliendo ciò che è essenziale ad una vita vera.

La roccia non è data da invocazioni più o meno gridate e più o meno ripetute. No, la roccia è una scelta di vita dove la scelta del Signore per noi è cosa bella e centrale. È chiara la allusione a Gesù come Roccia della nostra esistenza su cui fondare la nostra esistenza. La roccia che noi siamo chiamati a scegliere è Lui la cui ricerca continua è di non giudicare il fratello. La scelta di evidenziare a me stesso la trave che c’è in me piuttosto che la pagliuzza che c’è nell’altro.

Nel momento in cui accetti di maturare in te la scelta di Gesù Roccia che ti invita a non giudicare il fratello, le piogge che sgretolano le rocce si abbattono sulla tua scelta. La tentazione ventosa di ritornare a guardare all’altro piuttosto che a me, per poterlo giudicare e sfuggire alla necessità di guardare me per crescere in questa dimensione, si abbatte da subito sulla casa. La tentazione di lasciare la via stretta appena scelta, per imboccare la via larga e tranquilla, si affaccia appena alzato.

Oggi i venti della tentazione a lasciare la Roccia del non giudizio del prossimo, si abbattono su di me e dentro di me. Ed è naturale. È più facile e immediato preoccuparmi di guardare ciò che l’altro sbaglia e condannarlo, dimenticandomi di me e della mia maturazione interiore, piuttosto che tenere duro e non mollare la scelta vitale e centrale della Roccia del non giudizio. Sappiamo che Colui che non ha giudicato è stato giudicato ed è stato condannato come colpevole, proprio perché innocente. La tentazione di lasciare ciò che è stretto è subito alle porte. Meglio vivere in modo più tranquillo piuttosto che entrare in una guerra continua. Meglio giudicare e condannare il prossimo, piuttosto che vederlo come uomo mezzo morto sul ciglio della strada, assalito e abbandonato dai briganti. Meglio giudicarlo impuro evitando di doverlo soccorrere. Meglio giudicare indegno lui piuttosto che lasciarci provocare dalla sua presenza ad una vita più vera. Il Dio con noi, la Luce vera che viene nel mondo, ci indica la strada del Maestro: essere con, cioè vicini e non lontani. Essere roccia perché siamo con, non solitari e lontani.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM

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