HomeSolennitàmons. Giuseppe Mani - Commento al Vangelo di lunedì 1 Gennaio 2024

mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di lunedì 1 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Lc 2, 16-21

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Un nuovo anno

Dio ci concede di iniziare un anno nuovo, ci offre un nuovo dono. Per valorizzarlo al massimo è necessario capire di che cosa si tratta. Un nuovo anno è del tempo che ci viene messo a disposizione e allora cos’è il tempo? I filosofi hanno consumato il cervello a studiare questa questione dare una risposta. Oggettivamente il tempo non è che il tic.tac dell’orologio, che non è altro che l’ingranaggio che gira su se stesso. Soggettivamente è quello che si prova nell’attesa, star fermi o precipitarsi.

Cos’è il tempo che ci viene concesso? Il freddo precipitarsi dei secondi o, nel cuore della persona, nell’esperienza intima delle proprie emozioni? Il tempo non consiste nel freddo movimento dell’orologio. Si situa in un cuore: nel cuore di Dio che aspetta che, finalmente gli apriamo la porta. Il tempo è il margine dell’esistenza offerta da Dio alla sua creatura. E’una durata liberamente donata perché la creatura risponda all’amore del suo Creatore. Non c’è altra possibilità: una vita umana è per ciascuno l’ora di convertirsi. Se l’ultima dichiarazione dell’amore divino è la Passione la prima virtù di Dio è la pazienza. Il Padre del figliol prodigo aspetta e desidera il nostro ritorno. Inteso così il tempo ci libera dalla tensione morale che pesa sulle nostre spalle. Pensiamo infatti che per essere un buon cristiano sia necessario agire continuamente senza fermarsi mai. Siamo tentati continuamente di chiederci cosa posso fare adesso? E metterci alla ricerca di una ascesi più esigente per piacere di più a Dio. C’ invece uno sforzo ancora più grande da fare ad immagine di Dio: pazientare. Ascoltare un amico balbuziente in tanti sensi, accompagnare qualcuno che si è perso, stare accanto ad un malato.

Non è necessario cercare una prova che ci sollevi, meglio aspettare e cogliere nell’attesa ciò che conviene di più alla nostra esistenza. Simon Weil scrive “L’umiltà nell’attesa ci rende simili a Dio. I mendicanti che hanno il pudore sono la sua immagine. Non sono gli eroi ne i grandi asceti da imitare ma coloro che senza fretta stanno ai bordi della nostra strada aspettando, come Dio, il nostro sguardo che gli dia esistenza.

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Quanto ho scritto non lo avrei pensato diversi anni fa, adesso, che sta per cominciare il mio 88° anno e godo della saggezza che solo l’età può dare, non temo a proporre come metodo di vita quanto ho proposto. Ho fatto tante cose nella mia vita, più serie sono quelle che mi ha suggerito Lui nei momenti di silenzio e di attesa e, giunto vicino al raccolto, verifico che sono rimaste in piedi solo le cose che Lui mi aveva suggerito, le altre qualcuno ha pensato a distruggerle, scusate, a sostituirle, ma nessuno è riuscito a distruggere ciò che ho costruito nelle anime.

All’inizio di questo anno consiglio una preghiera che suggeriva un mio professore e maestro di morale, il P. Bernhard Haring che nei suoi ultimi anni era abituato a chiamare lo Spirito e sperimentare questa forza e farla diventare efficace: è la preghiera “Abba”perché possiede una efficacia psicofisica rasserenante ed è una via privilegiata all’interiorizzazione e considerata il compimento interiore ed esplicito dell’”Abba” di Gesù Scrive ancora il grande maestro: “Osserva il tuo respiro come simbolo e immagine del soffio “Abba” di Gesù. Fatti prendere dallo stupore sempre crescente che il tuo respiro possa ricordarti che tu stesso sei totalmente inserito nel soffio dell’amore eterno tra Padre e Figlio. Il nostro respiro deve essere profondo e regolare. Espira profondamente e riposati alcuni istanti nel pensiero che tu a ogni respiro ti affidi a Dio per trovare in Lui, riposo, gioia e pace. “Ab…e….ba”.

Buon anno nel respiro di Gesù, nella preghiera. E’ l’anno che ci prepara al giubileo del 2025.

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