Viene quel giorno
Ultimo giorno dellโanno liturgico, non per fare un bilancio o per riposarci prima di iniziare lโanno nuovo. No! Ma giorno per far memoria di โquel giornoโ annunciato da Gesรน.
Giorno di veglia, o forse piuttosto notte di veglia, come fu, per il Signore, quella notte di Pasqua in cui gli Israeliti uscirono dallโEgitto: โNotte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dalla terra dโEgitto. Questa sarร una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazioneโ (Esodo 12,42).
Nei tre versetti che compongono lโevangelo odierno, abbiamo due imperativi che sorgono da un pericolo che minaccia. Stranamente, la minaccia รจ costituita appunto da โquel giornoโ. Nei giorni scorsi abbiamo sentito qual era quel giorno: un giorno ambivalente. Giorno della venuta del regno di Dio (Lc 21,31), ma giorno preceduto da giorni di grande tribolazione: il tempio sarร distrutto, Gerusalemme circondata da truppe nemiche, ci saranno guerre e persecuzioni, terremoti e carestie (Lc 21,5-11), e proprio in mezzo a questi scombussolamenti verrร il figlio dellโuomo la cui venuta segna lโinizio della nostra liberazione (Lc 21,27-28).
Proprio a causa del carattere ambivalente di โquel giornoโ, Gesรน esorta i suoi discepoli, ma anche, attraverso lโevangelo lucano, i suoi lettori, noi. Due imperativi, dicevo: โState in guardia per voi stessiโ e โstate svegliโ (vv. 34 e 36). Li traduco cosรฌ perchรฉ in questo modo questi verbi giocano con altri che precedono il nostro testo.
In Lc 20,46, Gesรน esortava a โstare in guardiaโ dagli scribi che amano apparire; ora occorre stare in guardia โper voi stessiโ: il pericolo non รจ tanto fuori di noi, in quelli che agiscono male e che possono anche perseguitarci; il pericolo siamo noi! Siamo esseri di desideri che vogliamo a tutti i costi vedere soddisfatti. Ma devono essere questi i nostri pensieri? Non occorre piuttosto aprire gli occhi, non sui desideri, ma sulle necessitร e i bisogni urgenti di tanti uomini, donne, adulti e bambini? Non chiudere il nostro cuore a quelli in mezzo ai quali Dio ha scelto di fare la sua dimora:
Il cielo รจ il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi โฆ
In quale luogo potrei fissare la dimora? โฆ
Su chi volgerรฒ lo sguardo? Sullโumile e su chi ha lo spirito contrito
e su chi trema alla mia parola (Is 66,1-2).
Lโaltro imperativo esorta a stare svegli, come sentinelle che scrutano la notte perchรฉ improvvisa sarร la venuta di quel giorno dal momento che tutti i segni annunciati si sono verificati: quale secolo infatti non ha visto persecuzioni, terremoti, guerre, tribolazioni? Perfino il grande segno della venuta del figlio dellโuomo nella sua gloria รจ giร avvenuto. Sulla croce, infatti, Gesรน, il figlio dellโuomo, ha manifestato la sua vittoria sulla morte, attraverso la sua propria morte.
Stiamo svegli dunque, non nella paura di altre catastrofi โ che probabilmente accadranno ancora โ, ma perchรฉ il giorno atteso sarร โ se lo aspettiamo davvero โ quello della nostra liberazione.
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fratel Daniel
Per gentile concessione del Monastero di Bose.
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