Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 17 Novembre 2021

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Noi stiamo vivendo il tempo in cui l’uomo di nobile famiglia è partito per un paese lontano e stiamo aspettando il suo ritorno. Quest’uomo nobile ha lasciato a ciascuno di noi delle mine da impiegare: dei doni, delle risorse, delle qualità, un “una tantum” di partenza!

Il brano ha come sottofondo un ambiente ostile a quest’uomo nobile, infatti è odiato e non lo vogliono come re (cf. v. 14) e alla fine quell’uomo nobile, diventato re, farà eliminare i nemici, dimostrerà la sua forza e la sua supremazia (cf. v. 27). Questo incute timore nel leggere questa storia, ma andando oltre il linguaggio forte, possiamo capire che il Signore vincerà sul male, non tanto sulle persone. Di ciascuna sarà custodito e conservato il grano e bruciata la zizzania, ma il nemico, la sorgente del male sarà eliminata, finirà il potere del maligno, e con questa sicurezza Gesù procede verso Gerusalemme (cf. v. 28). Sicurezza che il bene vince il male e che la morte non è l’ultima parola, l’amore vince e la resurrezione sarà il dono, il gesto sul Figlio del Padre che ama e dona la vita per sempre.

Nel tempo dell’attesa del ritorno, l’uomo nobile ha lasciato ai servi dieci mine da impiegare; non ha detto però come o a quale fine: lascia libertà, creatività perché ciascuno con il suo ingegno e la sua capacità possa farle fruttare. Quando al suo ritorno richiama i servi, li loda non tanto per l’operosità, ma per la fedeltà “ti sei mostrato fedele nel poco” (v. 17). Fedeltà a quello che il Signore ci ha dato e che non ci appartiene, per cui non può essere trattenuto per noi, ma va donato a sua volta e impiegato per fare il bene.

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“Chi è fedele in cose di poco conto (minime), è fedele anche in cose importanti (grandi) e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?” (Lc 16,10-12).

Alla fine arriva l’ultimo servo che ha riposto la mina in un fazzoletto perché, dice: “avevo paura di te” (v. 21). La paura l’ha bloccato. Il vero contrario della fede, della fiducia che ci apre alla vita, alla positività, all’agire, alla cura dell’altro, alla vita gioiosa non è il dubbio o la mancanza di fede, ma la paura, che ci toglie il coraggio di vivere, di spendere e rischiare la nostra vita.

Il Signore allontani da noi la paura che blocca, chiude, rende impermeabile il nostro cuore, e lo apra alla fiducia in lui e negli altri per vivere fedeli a quel “poco” che il Signore ci ha dato, ma che è anche quel tanto che basta alla nostra vita per essere piena dell’essenziale, quell’essenziale che può riempire e sostenere la nostra vita di tutti i giorni.

sorella Roberta


Fonte

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