Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 10 Aprile 2022

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Una regalitร  paradossale

Con la domenica delle Palme termina il tempo di Quaresima e inizia il tempo di passione in cui entriamo nella settimana santa. Nellโ€™annata C il testo evangelico non รจ il โ€œracconto dellโ€™ingresso di Gesรน in Gerusalemmeโ€, perchรฉ Gesรน si avvicina solamente alla cittร , come emerge dal v. 41 (โ€œQuando fu vicino, alla vista della cittร โ€ฆโ€), e non รจ neppure il โ€œracconto delle palmeโ€ perchรฉ non vi รจ alcuna allusione a rami o palme agitate dalle folle, ma vi รจ solo lโ€™atto di stendere mantelli sul puledro per fare una sella a Gesรน e di stendere mantelli per terra dando una valenza regale al corteo.

La pagina lucana presenta la regalitร  paradossale di Gesรน. Abbiamo un Signore che entra in Gerusalemme scortato da un corteo di povera gente, cavalcando un asino, avendo come paramenti i poveri mantelli che alcuni han posto in groppa allโ€™asino e steso per terra. Questo โ€œreโ€ ha bisogno di chiedere in prestito un asino: la scena appare grottesca, quasi ridicola e risibile: un corteo da burla, un Signore che previene le rimostranze di chi potrร  porre obiezioni alla โ€œrequisizioneโ€ dellโ€™asino suggerendo le giustificazioni ai discepoli (Lc 19,30-31). Gesรน รจ un re che non possiede nemmeno un asino. In questa scena vi รจ un aspetto farsesco. Dove si manifesta la signoria di Gesรน sugli eventi? Nel suo inviare due suoi discepoli a prendere un asino. Tutto lรฌ. Il paradosso della regalitร  di Gesรน appare nell’insignificanza delle azioni ordinarie qui messe in atto.

Ma il paradosso appare anche nell’atteggiamento della โ€œfolla dei discepoliโ€ (Lc 19,37) che acclamano Gesรน come re. Ma di fronte all’intervento dei farisei che gli dicono di rimproverare i discepoli, Gesรน mostra tutta la sua determinazione respingendo con vigore quell’invito: โ€œSe questi taceranno, grideranno le pietreโ€ (Lc 19,40). Sรฌ, perchรฉ se i discepoli non sanno cogliere la rivelazione nel paradosso, sarร  la realtร  che la riconoscerร , saranno le pietre che la grideranno. Quelle pietre che nel racconto della tentazione di Gesรน nel deserto (Lc 4, 3-4; Mt 4,3-4) sono simbolo di una realtร  che ha come compito di porre resistenze agli umani e ai loro desiderata, qui appaiono come simbolo di quella realtร  che รจ essa stessa paradossale e che sa riconoscere ciรฒ che eventualmente non sa discernere e confessare il credente: ovvero la rivelazione di Dio in un uomo, del Messia in un povero, del salvatore in un perduto, del giusto in un crocifisso. Alla paradossalitร  della realtร  si accompagna la paradossalitร  della rivelazione.

Gesรน accoglie questa proclamazione di regalitร , lui che sempre ci รจ mostrato dai vangeli restio e avverso ad analoghe attribuzioni. Interrogato da Pilato sulla sua regalitร , Gesรน si mostra prudente e scettico, non fidandosi della comprensione della regalitร  che puรฒ avere un uomo come Pilato e gli risponde โ€œTu lo dici: io sono reโ€ (Gv 18,37). Ma Gesรน accorda un significato antiregale alla sua regalitร . Cosรฌ, egli non rifiuta gli attestati di regalitร , irriverenti e ingiuriosi, che gli vengono rivolti durante la passione perchรฉ lรฌ, nel corso del processo e sulla croce, gli si puรฒ riconoscere la signoria regale: รจ impotente, non puรฒ salvare nessuno e dunque non ci sono possibili cattive comprensioni della sua regalitร . Lรฌ, il carattere antiregale, di contestazione radicale del modello monarchico, รจ evidente. Lรฌ, il paradosso diventa ossimoro. Sulla croce Gesรน puรฒ solo essere salvato da Dio, รจ un povero che puรฒ solo attendere aiuto da Dio.

E lโ€™aiuto e la salvezza che attende dal Signore avverranno in maniera paradossale, non certo eclatante e prodigiosa come lo scampare dalla condanna a morte o la discesa dalla croce. Gesรน aveva rifiutato la regalitร  mettendo in atto lโ€™arte della fuga quando, secondo il IV vangelo, le folle volevano prenderlo per farlo re dopo che li aveva sfamati con la moltiplicazione dei pani. โ€œGesรน sapendo che venivano per prenderlo per farlo re, si ritirรฒ di nuovo sul monte lui soloโ€ (Gv 6,15). In Giovanni l’intento delle folle di fare re Gesรน รจ stravolgimento del suo gesto di donazione sovrabbondante in un do ut des in cui esse accordano potere su di loro a chi dona loro cibo e sussistenza. In quellโ€™ottica accettare di essere re significherebbe entrare in un gioco di potere in cui non vige il servire gli altri, ma il servirsi degli altri. Il rifiuto di essere fatto re rivela che Gesรน non vuole che gli uomini si asserviscano, pagando con lโ€™obbedienza e la sottomissione il pane che potrebbero ricevere.

Invece Gesรน accetta la proclamazione regale rivoltagli dalla folla nel suo cammino burlesco verso la Cittร  Santa. E forse lโ€™aspetto burlesco di quel gesto รจ in veritร  rivolto verso la regalitร  mondana, politica, con i suoi connotati di potere esibito, di concentrazione di โ€œpotereโ€ nelle mani di uno solo che arriva ad esercitare potere di vita e di morte sulle persone. Gesรน accetta una regalitร  che sconfessa la regalitร  mondana e le maniere usuali di esercitarla. Nella sua regalitร  non c’รจ alcuna pretesa di potere, nessuna violenza da compiere, nessun dominio da instaurare, nessuna libertร  da confiscare.

Vi รจ dunque, nel cammino di Gesรน verso Gerusalemme, un aspetto polemico nei confronti della regalitร : il suo mimo profetico diviene parodia della regalitร  umana, dei suoi riti e delle sue cerimonie, dunque, della sua ideologia. E tale parodia รจ efficace proprio perchรฉ Gesรน ha rivestito i panni e compiuto i gesti del re che prende possesso della capitale del suo regno. Il gesto profetico assume i contorni di rappresentazione teatrale satirica. Ma questo non รจ che un aspetto della narrazione lucana. Ve ne รจ un altro per cui, dietro al cammino di Gesรน, il vangelo lascia intravedere il cammino di Cristo verso il Padre e la guida che egli esercita sulla chiesa dallโ€™alto dei cieli.

Anzitutto viene presentata la missione della chiesa โ€œGesรน inviรฒ โ€ฆ dicendo: โ€˜Andateโ€™โ€ฆ Essendo andati quelli che erano stati inviatiโ€ฆโ€ (Lc 19,29-30.32). La missione esige dai cristiani, da un lato, la capacitร  di rendere conto a chiunque ne chieda ragione, dei gesti che essi compiono (vv. 31-34), dallโ€™altro, la capacitร  di motivare il loro agire sulla base della parola del Signore. I gesti della chiesa nella sua missione nel mondo non mirano alla soddisfazione o allโ€™eliminazione di un suo bisogno, ma sono obbedienza alla parola del Signore e manifestano il bisogno del Signore (โ€œIl Signore ne ha bisognoโ€: v. 34), narrano un Signore che viene allโ€™uomo nella povertร  e nellโ€™umiltร , perchรฉ solo nella condivisione della povertร  puรฒ avvenire lโ€™incontro. E la ricchezza che gli inviati portano con sรฉ รจ tutta nel ridire le parole che il Signore ha consegnato loro (vv. 31.34): parole che, mentre proclamano la povertร  dellโ€™inviante, situano nella povertร  lโ€™inviato stesso. Il racconto cammino messianico di Gesรน diviene la paradossale proclamazione di un Signore bisognoso e indigente. Viene cosรฌ indicato alla chiesa che i bisogni che la affliggono possono divenire motivo di fiducia invece che di angoscia. Fiducia nel Signore e forza di comunione con i poveri a cui รจ rivolto il vangelo.

Nel v. 37 si afferma che tutta โ€œla folla dei discepoliโ€ lodava Dio a gran voce. Luca utilizza di nuovo questa espressione in At 6,2 per indicare i cristiani. Al rimprovero che i farisei intendono rivolgere ai discepoli attraverso Gesรน, questi risponde dicendo: โ€œVi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietreโ€ (v. 40). Il testo intravede la possibilitร  di un silenzio colpevole della chiesa: ci sono una confessione di fede e un riconoscimento dei prodigi del Signore, che non possono essere taciuti, pena la sconfessione del proprio statuto di cristiani. Ignavia, codardia, vergogna, complicitร , paura, interesse, convenienza, conformismo: tanti sono i motivi che possono spingere il cristiano a tacere quando dovrebbe parlare oppure a dire parole non abitate dallo scandalo evangelico, parole allineate, che non scomodano. E le parole evangeliche non scomodano solo chi le ascolta, ma anzitutto chi le pronuncia. Perchรฉ lo pongono nella situazione di povertร , inermitร  e bisogno propria del suo Signore. La condivisione della povertร  del Signore รจ la condizione della credibilitร  della chiesa tra gli uomini.

Lโ€™acclamazione della folla dei discepoli proclama benedetto โ€œColui che vieneโ€ (v. 38; cf. Sal118,26). Nome del Signore รจ โ€œil Venienteโ€. In quanto Veniente, il Signore non รจ presenza addomesticabile e non รจ possesso. Il Veniente ricorda alla chiesa che della confessione di fede fa parte lโ€™apertura allo stupore e alla meraviglia, la disponibilitร  a mettersi in discussione, a farsi interpellare dalle novitร  della storia. Solo in quanto Veniente il Signore รจ anche il Vivente. E la confessione e la testimonianza della chiesa hanno la responsabilitร  di annunciare il Vivente, non โ€“ come fanno i discepoli di Emmaus โ€“ un morto (cf. Lc 24,19-24).

Gesรน precede i suoi salendo verso Gerusalemme, la โ€œcittร  della paceโ€, la cittร  che uccide coloro che sono inviati a lei (cf. Lc 13,34) e su cui Gesรน piangerร  perchรฉ non ha saputo riconoscere la via della pace (cf. Lc 19,41-42). Il cammino verso la pace richiede unโ€™esigenza: il non fare violenza. La regalitร  di Cristo non รจ di questo mondo proprio perchรฉ, a differenza delle regalitร  mondane che legalizzano la violenza e se ne servono, Gesรน ne rifiuta radicalmente lโ€™uso, rifiuta di creare vittime. Egli รจ il re radicalmente non violento, fino ad assumere la violenza su di sรฉ sulla croce, epifania massima della sua paradossale regalitร .

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A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose