Carlo Maria Martini ha segnato un’epoca nella storia della Chiesa.
La sua scomparsa ha tenuto per giorni le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali. Almeno duecentomila persone, credenti e non credenti, hanno partecipato all’ultimo saluto all’arcivescovo. Come si spiega un affetto tanto profondo? La gente รจ accorsa “perchรฉ ha colto che in Martini il cuore dell’uomo veniva prima della pur importante teologia; la misericordia e la comprensione, la capacitร di interrogarsi e di mettersi in discussione ispiravano l’approccio del cardinale, mai il giudizio o l’erigersi in cattedra“.
Martini รจ stato un profeta del nostro tempo, ha saputo cioรจ interpretarlo, esserne coscienza critica, indicare delle mete. La volontร di raggiungere tutti รจ stata il filo conduttore della sua missione, il dialogo la parola-chiave del suo ministero: con i terroristi, quando Milano era frontiera dei terribili “anni di piombo”; con le altre confessioni cristiane, come presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee; con tutte le religioni, in particolare quella ebraica; con il pensiero laico, attraverso l’iniziativa della “Cattedra dei non credenti”; con l’uomo contemporaneo e le sue inquietudini; con una scienza in grado ormai di ridisegnare i confini della vita e della morte. Per questo suo “stile”, per l’instancabile propensione al confronto, l’arcivescovo di Milano รจ stato amato e avversato, sognato o temuto come possibile pontefice.
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