Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 26 Marzo 2020 – Gv 5, 31-47

Testimonianza

Il Vangelo di oggi ripete per ben 8 volte questo termine ( 10 volte se consideriamo anche le forme verbali “ testimoniare “ e “ testimoniano “ ).

Chi è un testimone?

Utilizzando la definizione classica da dizionario prendiamo atto che è “ colui che può fare fede di un fatto per averne diretta conoscenza “.

Il testimone, pertanto, è un soggetto attendibile, che ci racconta una verità a lui nota.

E’ questa la motivazione per cui, in diritto, la “ prova testimoniale “ costituisce il “ mezzo istruttorio “ per eccellenza.

E allora, proprio perché un testimone è un soggetto credibile, arriva la reprimenda che Gesu’, nel Vangelo di oggi, fa ai giudei.

Il Signore li rimprovera perché non hanno creduto alla testimonianza né di Giovanni né di Mose’ né, addirittura, di Dio, i quali, tutti, hanno “ fornito la prova “ di chi lui fosse.

E’ forte l’accusa del Signore.

Relativamente a Giovanni dice che i Giudei “ gli mandarono messaggeri “ ed il profeta dette “ testimonianza della verità “.

Ricordiamo tutti le meravigliose parole di Giovanni il quale dirà di non essere il Cristo ma solo una “ voce che grida nel deserto “ e che verrà dopo di lui uno a cui non è degno di “ sciogliere il legaccio del sandalo “.

Dinanzi a questa “ testimonianza di verità “ non hanno creduto.

Nè hanno creduto a Mose’, dietro al quale si sono trincerati.

Il Signore li rimprovera fortemente evidenziandogli, con crudezza, anche la loro contraddizione in quanto affermano di credere in Mose’, in cui “ ripongono la loro speranza “, ma di non credere in lui, di cui ha scritto lo stesso Mose’!!!

Ed, infine, l’accusa più grave; dice loro che non credono neppure in Dio, rivolgendogli queste nette parole: “ le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato…..ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato “.

E in queste forti espressioni si trova il messaggio che la pagina evangelica manda anche a noi.

“ La sua Parola non rimane in voi “.

Sta tutta in questa frase la difficoltà di credere ai testimoni.

Se la Parola di Dio non rimane in noi non potremmo mai credere in Gesu’ e, anche, nei testimoni della fede del nostro tempo.

Ma come fare a far “ rimanere in noi “ la Parola?

Mettendosi in ascolto della stessa, leggendola quotidianamente, frequentandola, pregando, costruendo una relazione personale, filiale e non solo concettuale con Dio.

Solo se questa Parola diventa “ pane quotidiano “ della nostra esistenza essa può sedimentare in noi e consentirci, gradualmente, di guarire dalle nostre cecità, che ci impediscono di riconoscere come Gesu’ opera, giorno per giorno, nella nostra vita e in quella degli altri.

Se continueremo, invece, ad essere distratti, indifferenti, alla Parola, non saremo mai capaci riconoscere nè il Gesu’ che sta passando nè i tanti che, ancor oggi, lo testimoniano, anche a rischio della loro vita ( non a caso la parola “ martire “, in greco, significa “ colui che testimonia la propria fede nonostante la persecuzione “ ).

E allora, a tutti, un grande invito: nutriamoci della Parola, facciamola sedimentare in noi.

Quale sarà l’effetto?

Riconosceremo Gesu’ che opera nella nostra vita diventando noi stessi suoi testimoni.

Buona giornata a tutti.


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