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don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 26 Novembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 25, 31-46

Nessuno “andrà” all’Inferno

La più grande bestemmia è quella d’andare a minacciare uno dicendogli, o dicendole: “Attento che, se continui così, andrai all’inferno!” O, ancora peggio, il minacciare tirando in ballo Dio medesimo: “Dio ti manderà all’inferno!” Fossero la stessa cosa, come apparirà di primo acchito al lettore, non so se varrebbe la candela (af)fidarsi ad un Dio così: di macellai religiosi che vanno a minacciare il quieto vivere armati di mannaie ce ne son a bizzeffe.

Cristoddìo, quando venne al mondo, ci venne come nessun altro prima di Lui, dopo di Lui: “Sono venuto fin qui perchè abbiate la vita, e ce l’abbiate pure in abbondanza” ebbe a dire in una giornata uggiosa per gli animi dei suoi ascoltatori. All’inferno, dunque, non si va, non si andrà: punto, a capo. Che nessuno osi professare una baggianata simile. E nemmeno sarà Dio che manderà qualcuno all’inferno.

L’Inferno, come pure il Paradiso e il Purgatorio (ch’è l’anticamera del Paradiso), si declina con i verbi al tempo presente, non al tempo futuro: troppo comodo posticipare a data da definirsi la soluzione del nostro caso. All’inferno, dunque, uno ci sta adesso, o non ci starà manco domani. In Paradiso uno ci sta adesso, oppure non ci starà nemmeno domani. Perchè all’Inferno, come anche in Purgatorio o in Paradiso, non ti ci manda Dio: sei tu che decidi di starci adesso. Di rimanerci per sempre, dunque. Anche domani, ch’è il giorno d’inizio dell’eternità. Del tempo perpetuo.

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Siamo in presenza dell’ultima eresia? Assolutamente: è qui, nell’oggi della mia storia, che io sto decidendo che ne sarà di me domani. Che sto scegliendo dove andare domani: all’Inferno o in Paradiso, magari abitando qualche tempo in Purgatorio. L’ha messo per iscritto Cristo stesso, venendo al mondo, che Lui non avrebbe assolutamente voluto imporsi o proporsi come disossatore delle carni: visse aprendo parentesi nelle anime, proponendosi come alternativa alla moda del tempo, sognò di diventare l’amico segreto dei pomeriggi tristi.

Poi, alla fine però, lasciò all’uomo il diritto di decidere sul suo fine-vita: con Lui, contro di Lui. “Quando mai mi è capitato di decidere dove andare dopo morto – diranno i più leggendo queste righe -. Ovvio che, se spettasse a noi, chi andrebbe giù in fondo ad ardere nell’Inferno?” Rispose Cristo in persona, prendendosi la scena e il microfono: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato».

Colpisce l’attenzione ai piccolissimi dettagli, sembra l’elogio della gestualità più semplice: un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, la porta che si apre, una maglietta usata, il letto d’ospedale. Mica parla di incensi, processioni, novene, castità, digiuni, cilici, saturni e talari. Parla di infinitamente meno, perchè per Lui, al centro, c’è l’infinitamente grande della vita. Sono verbi sui quali si sopravvive e si naufraga un po’ tutti quanti: verbi di scogliera, verbi di tempesta, verbi quotidiani. Sono verbi finali attraverso i quali, come al gate di un aeroporto, esibiremo al Dio cristiano la nostra scelta nell’ultimo giorno, quello del grande decollo.

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Lui, senza battere ciglio, a seconda del “Ero lì e sei venuto” o “Ero lì e non sei venuto, tu mi hai scansato” ci indicherà la direzione, scelta da noi come si sceglie un posto in aereo al momento della prenotazione: «Venite, benedetti del Padre mio (…) Via, lontano da me maledetti, nel fuoco eterno».

Preoccuparsi dunque dell’aldilà non serve a nulla, se non ad illudersi che il tempo faccia le cose al posto nostro. Preoccuparsi dell’al di qua, invece: è qui, in questa trama così apparentemente ripetitiva, che stiamo scegliendo chi saremo per sempre.

Invece di vivere la vita com’è di certi uccelli, quelli che sono capaci di dormire in volo, Cristo invita a non farsi scappar la più piccola delle occasioni ch’è sempre la più fastidiosa delle occasioni: «Ero in carcere e voi siete venuti a trovarmi». Ci mancava quest’ultima, proprio il carcere: Cristo nascosto in galera. E lì, in quel posto turpe, aprire una delle sei autostrade che portano in Paradiso.

Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte

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