don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 25 Giugno 2023

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La mia dose industriale di autostima

Chissenefrega se per il mondo io valgo meno di zero: saranno sempre quelli senza valore a dare un prezzo. A darti un prezzo. E poco importerà se anche ai miei occhi io penserò di valere meno di zero, o giù di lì: vita facendo si scopre che chi avrà bisogno di dimostrare il proprio valore non vale poi molto. A contare, per chi ha voglia di contare, è il valore che tu hai agli occhi di Dio. Un valore così esorbitante che, nel suo registro con tutti i nomi e i cognomi, accanto al mio ha aggiunto: “Tu vali”. Il mio nome, se ci credo, è: “Marco Pozza tu-vali”. Per me: aggiunge Dio. Perchè, a prescindere da che cosa vada pensando il mondo di me, ci sarà sempre un Dio che mi apprezza per come sono, non per come avrei dovuto essere. O per come vorrebbe che io fossi.

Io, per Lui, sono il valore aggiunto della sua esistenza: tanto che, se un giorno mi perderò, non sarà soltanto la mia sconfitta, ma anche la sua sconfitta. Il mio peccato, pare persino incredibile a dirsi, diventerà la sua tristezza: quella di non essere riuscito a farmi apprezzare la sua voglia matta di salvarmi. (Amen)

C’è gente che, conoscendomi, mi rinfaccia di avere dosi di autostima industriale. Troverei strana la situazione opposta: d’altronde, se mi guardo riflesso nello specchio dei Vangeli, non c’è nulla di me che non faccia perdere la testa a Dio. Per me, che sono il suo pensiero eterno, Dio ha fatto tante di quelle cose che la memoria fatica persino a trattenere: “Non ciò che tu fai per Dio, ma prima di tutto ciò che Dio fa per te è l’inizio della tua salvezza”. Fu questa la prima cosa che si sentì dire anche Nicodemo, quel tipetto “So tutto io, gli altri sono tutti ignoranti” che si è infilato nel buio della notte perchè attratto dalla figura del Cristo.

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Gesù, quando l’incontra, non gli fa trovare il calendario degli appuntamenti – per la cresima, la sagra del folpo, la gita ad Assisi, il campeggio in alta quota, il corso di aggiornamento per i catechisti provetti -, ma gli confida soltanto una cosa: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Prima di tutto, Nicodemo, non dimenticare mai ciò che Dio ha fatto per te: poi, se vorrai, deciderai tu se fare qualcosa o meno in nome suo. Dunque se è vero ciò che scriveva Publilio Siro – che «ogni cosa vale il prezzo che il compratore è disposto a pagare per averla» – allora, pur non essendo una cosa, per Dio io valgo Cristo. Valgo tanto quanto il suo Figlio unico e benedetto. Nessuno, prima d’ora, mi aveva mai fatto un complimento simile: la mia autostima, all’annunciarsi di tale notizia, ha la pancia che scoppia per troppa pressione.

Non c’è nulla di me che al mio Dio non importi, nemmeno un capello visto che «perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati»: nulla, nemmeno il superfluo di me, riesce a lasciare il mio Dio indifferente. Tanto che, se cadrò, cadrà anche Lui: il mio dramma diventerà il suo dramma, la mia miseria in un battibaleno diventerà la sua miseria. D’ora in avanti, tutto ciò che sarà di me andrà a toccare anche la fisionomia di Dio: per sempre legati, io e Lui. Per sempre (in)dipedenti, per sempre contaminati.

Per sempre condannato a non piagnucolare più di me stesso: “Cambiami vita, Signore: questa vita mi fa schifo, non riesco più a portarla avanti. Se vuoi ti suggerisco io un’alternativa valida!” E, così facendo, non mi accorgo di prendere in giro Dio per i suoi gusti: io, per Lui, sono un sapore tutto particolare. Lui, per me, aspira ad un’altra prospettiva. Mi allena a ragionare diversamente, pur non nascondendomi la fatica del vivere: “Signore, non ci capisco niente di questa mia vita, sono in piena confusione.

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Ma io mi fido di te: prometto che prendo sul serio ciò che mi sta capitando. Tu, se puoi, accendimi la luce: che io ci veda meglio”. Per nessuno dei santi, nemmeno per la Madonna, fu tutto chiaro all’istante: ma la loro certezza d’essere nelle mani di Dio se da una parte non tolse loro nessun dubbio, dall’altra illuminò i loro dubbi alla luce dell’amore di Cristo. Una luce con più concentrazione di quella del sole stesso. Luce d’uno splendore mirabile.

Alla faccia del “sarò felice il giorno in cui realizzerò questo sogno” come diciamo: la vita, a volte, non ti dà nemmeno il tempo o la possibilità di realizzarlo. La felicità, sapendo quanto valgo per Dio, non sarà più aspettare che si realizzi il mio sogno migliore ma imparare a scoprire che anche dentro la faccenda più snervante è nascosto un significato. Ci abita un Cristo che mi tiene la mano. Mi (man)tiene per mano.

Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte