Don Luciano Condina – Commento al Vangelo del 12 Giugno 2022

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Lo Spirito Santo fa della nostra vita il luogo della provvidenza del Padre

Nella solennità della Santissima Trinità celebriamo la rivelazione fatta per mezzo di Gesù Cristo della natura intima di Dio che noi siamo chiamati a sperimentare.

Il vangelo ci pone di fronte a una strana logica: «Lo Spirito della verità vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio» (Gv 16,13-15). Che confusione!

Come girano le cose all’interno della Santissima Trinità? La vita di Dio è amore e l’amore è comunione. In questo suo amore generosissimo, dona totalmente se stesso al Figlio e il Figlio vive del suo amore gioiosamente; la relazione sussistente fra loro è la Terza persona.

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Noi definiamo infatti la Santissima Trinità attraverso la relazione fra i tre: Padre, Figlio e Spirito che è amore. Vuol dire che c’è un dono totale di tutto quello che uno ha, senza perdere la propria identità.

Questa è l’esperienza che fa chi si lascia trascinare in questo vulcano che è la vita di Dio. E l’esperienza è aperta a tutti.

È impossibile mettere d’accordo certe tendenze esoteriche – che parlano di iniziazioni riservate a pochi – con la fede cristiana. La tendenza privatistica ed elitaria che intende porre degli arcani rispetto a quello che tutti possono vedere è in totale disarmonia con la condivisione piena che il Padre fa con tutti della sua esistenza.

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Leggiamo poi che lo Spirito Santo «non parlerà da se stesso», perché la sua natura è l’umiltà. Lo Spirito Santo è un po’ difficile da definire perché tende a non parlare di sé. Lo interroghi e Lui ti parla del Padre; Lo interroghi e ti parla del Figlio. Parla sempre di un altro. Così dovrebbero essere i cristiani: quando hanno un po’ di Spirito Santo normalmente non parlano di se stessi ma di chi li ha salvati.

Non ci sono maestri nella Chiesa – come gli swami della tradizione induista –  ma solo testimoni dell’unico Maestro. È dallo Spirito Santo che riceviamo una natura, finalmente riposata, nella quale il nostro ego non è più il centro congestionato del nostro essere.

Avviene come quando una persona si innamora: ti parla sempre di chi ama, pensa sempre e finalizza le sue opere a lei: è questa la condizione di chi conosce Dio. La tragedia dell’uomo è perdere il rapporto con Lui. Dietro a tutte le cose più brutte che fa, in fondo, c’è l’unico, vero peccato: non lasciarsi amare da Dio e non amarlo; non dare spazio allo Spirito Santo che ci parla di Lui. Questa sarebbe la nostra liberazione, il nostro riposo, la nostra decongestione.

Quando stiamo in una casa dove le persone non ci apprezzano, presto o tardi, per aggressività o per paura, implodiamo e il nostro io diventa forzato, infelice, condizionabile. Non è più se stesso perché ricattato o ferito.

Solo quando stiamo insieme a gente che ci vuole bene sentendoci nella verità, allora parliamo e ci esprimiamo liberamente, ridiamo o dissentiamo perché percepiamo  l’amore.

L’esistenza di un cristiano è vivere in quella casa con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, il quale grida nell’interiorità che Dio è nostro padre e Cristo è il nostro salvatore.

Lo Spirito Santo fa della nostra vita il luogo della provvidenza del Padre. Così attraverso la Santissima Trinità capiamo veramente chi siamo e solamente in Essa siamo noi stessi.


Commento di don Luciano Condina

Fonte – Arcidiocesi di Vercelli