don Giovanni Berti (don Gioba) – Commento al Vangelo del 28 Agosto 2022

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La Chiesa assomiglia a Gesù?

Capita spesso che quando mi ritrovo con le mie tre sorelle, mi accorgo insieme a loro che in certe particolari situazioni, in quello che diciamo e nei nostri atteggiamenti siamo identici alle parole e atteggiamenti dei nostri genitori e in particolare a quelli di nostra madre, che della nostra educazione si è occupata in maniera più diretta e quotidiana rispetto a nostro padre. Sorridiamo spesso di questo “prolungamento” della vita dei nostri genitori anche perché non è solo questione di somiglianza fisica ma anche nel modo di vedere la vita, il rapporto con gli altri e il mondo, e anche il prolungamento della loro fede.

Possiamo dire la stessa cosa di Gesù nella somiglianza con Maria che l’ha messo al mondo e l’ha cresciuto e custodito con Giuseppe in quel periodo più lungo di vita a Nazareth di cui sappiamo poco?

Gesù, nel vangelo di Luca, è come sempre un attento osservatore della realtà concreta, del modo di vivere la religione, del rapporto tra le persone e il mondo. Lui osserva, e poi indica la strada per trasformare quello che non funziona e riportarlo al piano di Dio. Gesù anche in questa occasione di un banchetto punta a rivoluzionare le relazioni umane, dove funziona sempre la regola che il più ricco, il più forte e nobile sta al primo posto, mentre in fondo stanno sempre gli ultimi in tutti i sensi, ultimi dal punto di vista economico, sociale e di salute.

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Gesù con i due insegnamenti raccolti in questa pagina non vuole dare una lezione di furbizia e finta umiltà (“mettiti in fondo così ti fanno passare avanti e fai bella figura…”), ma indica un mondo che va impostato alla rovescia rispetto ad una consolidata logica umana, che è dura a morire anche oggi e ritroviamo spesso anche nella Chiesa. Gesù vuole un mondo dove gli ultimi sono primi, che è bello dare, non per ricevere, ma proprio per la bellezza del dare in sé stesso, un mondo dove chi si sente lontano va ricercato per primo, dove non conta la carica, il titolo, ma solamente l’essere umano e i suoi bisogni… Gesù osserva il suo mondo come lo guarda Dio Padre dal cielo, e insegna a cambiarlo e a renderci protagonisti del cambiamento, anche se sembra un’utopia e siamo tentati di lasciarlo così com’è.

Pensando a questo insegnamento di Gesù durante il banchetto in casa del fariseo mi sono venute in mente le parole pronunciate da Maria, appena incinta di Gesù, quando si reca in visita alla parente Elisabetta, e raccolte nella preghiera del Magnificat (vangelo di Luca capitolo 1).

Maria nel suo “magnificat” aveva già visto questo mondo rovesciato da Dio, quando diceva “…ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote…”.

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Gesù assomiglia a sua madre Maria, e Maria fa suo quello che le ha insegnato lo Spirito che l’ha resa madre del suo Dio… C’è una sintonia profonda di parole e atteggiamenti tra Maria e Gesù, così come dovrebbe essere tra le nostre parole e gesti come Chiesa e quelli del nostro Signore, così come sono raccontati nel Vangelo.

Chi mi incontra vede nel mio modo di fare quello di Gesù? Chi vede la Chiesa, specialmente quando si raduna nel celebrare l’Eucarestia, ritrova gli insegnamenti che Gesù ha dato a quel fariseo e alla sua famiglia in occasione di quel banchetto? La Chiesa assomiglia a Gesù?
Quante volte parlando della Santa Messa domenicale, che nel modo di viverla per noi cristiani dovrebbe essere il manifesto della nostra identità, si è più preoccupati della forma esteriore del “come fare bene e cosa non fare…”, e del precisare “chi può e chi non può…”, “chi è degno e chi non è degno…”, “chi è dei nostri e chi no…”.

Non vorrei che le nostre Messe domenicali si trasformino in quel tipo di banchetto che Gesù demolisce, dove c’è spazio solo per chi è vicino e “dei nostri”, solo per chi è ricco di onore e si merita di farne parte perché degno di fede e moralmente ineccepibile. Gesù dice anche oggi: “quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato…”.

I poveri, gli storpi, zoppi e ciechi nel Vangelo erano quelli che in qualche modo erano considerati maledetti e non degni di Dio, erano coloro dai quali bisognava stare alla larga, mentre per Gesù dovrebbero essere i primi, e lo erano di fatto per lui. Facciamo in modo allora che le nostre Messe domenicali non abbiamo più barriere e rigidi cancelli, e facciamo in modo che tutti si sentano invitati anche se non possono vantare una perfezione di vita e di fede che alla fine nessuno di noi ha e di cui davvero nessuno può vantarsi!
È questo il mondo alla rovescia che Gesù ha voluto costruire, che Maria sua madre ha immaginato, e che noi siamo chiamati oggi a mettere in pratica per assomigliare davvero al nostro Signore e Maestro, ed essere davvero beati…

don Giovanni

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)