don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 1 Maggio 2022

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Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si cantano. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno C” disponibile presso:
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3a Domenica di Pasqua

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Solo chi ama risorge

 Era necessario che il Risorto si manifestasse di nuovo, affinché i discepoli potessero risorgere a loro volta ed essere costituiti come comunità evangelizzante. Da soli non ce l’avrebbero fatta: troppo era lo smarrimento della morte; ancora confusa la percezione delle apparizioni. Quando il presente e il futuro non hanno contorni definiti e per questo non ti comunicano pienezza di vita, ciò che puoi fare è rifugiarti nel passato, col rischio tuttavia di vivere da fuggiasco dell’esistenza. Sì, perché la vita è andare avanti, anche un piccolo passo ogni giorno, verso il Padre. Essi invece sono tornati dalla mamma, come un adulto che conosce una involuzione, tenendosi legati al cordone ombelicale delle loro occupazioni passate piuttosto che lanciarsi verso la vita nuova che Gesù aveva già promesso. «Ma quella notte non presero nulla», commenta l’evangelista, ponendo una pietra tombale sul lavoro di questi poveri pescatori, che senza Cristo non possono far altro che trascinare stancamente le loro reti vuote.

Eppure, dopo la notte oscura dell’ennesimo fallimento umano, ecco stagliarsi all’alba la figura di un mendicante, che chiede loro da mangiare. Non mette il dito nella piaga, al massimo aveva concesso a Tommaso di farlo su di sé, ma vuole ristabilire una relazione umana, che quasi sempre si concretizza nella condivisione del cibo. Sarà Lui a fornire l’alimento di questo rapporto rinnovato, invitando a gettare le reti in mare. Perché i discepoli si fidano? Eppure non lo hanno ancora riconosciuto. Probabilmente perché la fede a volte è così: portiamo avanti le pratiche religiose pur non essendo del tutto convinti, forse perché non abbiamo il coraggio di abbandonare completamente, anche se lo abbiamo pensato spesso. Ma è sui nostri desideri poveri che Dio agisce, è persino sui nostri atti di generosità vissuti contro voglia che il Signore costruisce.

Dinanzi all’abbondanza della pesca, il discepolo amato si mostra ancora campione nel riconoscimento amoroso di Gesù, mentre Pietro è il primo nell’intraprendenza dell’azione. Se fino a questo momento aveva gettato le reti in mare, finalmente getta se stesso, avendo prima però stretto «la veste attorno ai fianchi», come Cristo Servo alla lavanda dei piedi. Si spoglia delle presunzioni che lo avevano indotto a peccare, e forse anche del senso di colpa per il triplice rinnegamento che avrebbe potuto paralizzarlo. Adesso il suo nuotare verso il Signore non è insidiato dalla paura di annegare, ma è una corsa verso l’Amato. Commovente lo slancio dell’apostolo, oggi non sempre visibile nei pescatori di uomini: è la generosità che si può riscontrare in chi è animato da uno spirito autenticamente missionario, originato necessariamente da un contatto stretto, fisico con Gesù. Non sappiamo se Pietro toccò Gesù, il cui corpo era pur sempre trasfigurato, ma non possiamo fare a meno di pensare che solo da un contatto ‘corpo a corpo’ con Cristo nasce ogni feconda opera di evangelizzazione.

La rete piena di tutte le specie di pesci allora conosciute indica che il successo dell’annuncio è sempre legato all’ascolto della Parola del Signore nell’intimità della preghiera. Con infinita tenerezza di madre, il Risorto fa trovare del pesce arrostito per il loro nutrimento e la loro gioia; questo viene unito a quello appena pescato, perché l’opera di Dio e quella dell’uomo si fondono fino a diventare un tutt’uno nell’amore.

Ed è un dialogo d’amore che Gesù intesse con Pietro. Da un lato ha bisogno dell’amore del discepolo, perché Gesù si nutre dell’amore del Padre e di quello dell’uomo; dall’altro vuole liberare l’apostolo perché torni a raccontare l’amore prima rinnegato. Non è un canto perfettamente riuscito, perché Pietro confessa un amore non ancora agapico, capace di dare la vita: mentre Gesù gli chiede ‘Mi ami?’, egli risponde ‘Ti voglio bene’. Questo è vero per ciascuno di noi, convinti di cercare Dio, mentre invece cerchiamo noi stessi persino nella preghiera e nel volto dei fratelli, cerchiamo cioè soddisfazioni per i nostri bisogni, presenze per i nostri vuoti, rischiando di non tendere al Signore solo per puro amore. Non è ancora maturo l’amore di Pietro, tuttavia Gesù non lo disprezza, lo sa accogliere, invitandolo a compiere un percorso che lo porterà a dare la vita. Ciò avverrà nella maturità del discepolo, che non obbedirà più a se stesso, non si darà i ruoli che ha scelto per sé, ma si farà condurre da Dio e dalla vita, esprimendo una docilità che lo renderà autentico seguace di Cristo, e per questo strumento della sua misericordia.

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