don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 31 Ottobre 2021

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Onda di incontenibile amore

Arrivi a un certo punto che non serve più alzare la voce, ribaltare i tavoli dei cambiavalute, gridare profetici strali di conversione. Arrivi a un certo punto (ma solo per Lui la discesa verso se stesso è stata così impietosa) che ogni parola, anche quella sussurrata, anche lo scambio apparentemente più innocuo mostra comunque i nervi. Come fosse imbevuto di definitività.

Arrivi a un certo punto, ma devi avere coraggio, tanto coraggio, che sei così immerso nella storia che hai scelto, che sei così libero e pienamente consapevole, che perfino ogni tuo silenzio ammutolisce chi ti sta attorno e chi ti ascolta non può che meravigliarsi di tanta semplice compiutezza. Nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Arrivi a un certo punto che sei seduto nel cuore più profondo della verità che anche le parole sembrano essere un pretesto per mostrare la tua posizione, la sconvolgente verità è che non dici più niente di così nuovo eppure sembra che quelle parole siano venute al mondo grazie a te. Più ancora ascolti parole antiche e senti che ora quei suoni hanno trovato una carne così docile al loro disegno che nessuno potrà pronunciarle più senza vergognarsi. Senza svilirle.

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(Vorrei non pronunciale neppure io oggi, vorrei lasciarle scritte e dette da colui che è stato l’approdo definitivo dell’amore del Padre)

Arrivi a un certo punto che ogni comandamento è così incastrato tra le costole, scorre nelle arterie, respira in ogni lacrima che ti sembra che quell’uomo sia nato per essere attraversato dall’Ascolto di una Parola, che sembra che quell’uomo sia diventato quella Parola. Lo guardi e lui e solo lui è Israele e ti sembra che tutte le preghiere dei padri siano servite solo a spingere gli eventi a Cristo e che dopo di lui noi non potremmo neppure lontanamente intuire cosa significhi sentirsi attraversati dal verbo del Creatore in modo così devastante. E anche se le parole sembrano ripetere una catechesi risaputa è quella carne trasfigurata d’Amore a lasciarci senza parole.

Noi non possiamo amare fino a quel punto, abbiamo bisogno di proteggere la nostra mediocrità, non troviamo il coraggio di smarrirci in modo così totale. Lui ci è riuscito, in una discesa così perfetta, in una corrispondenza tale con l’Amore, da infilzare a morte perfino la morte.  

Perché dentro il dialogo educato tra Lui e uno scriba ciò che i due si dicono è praticamente uguale solo che mentre lo scriba è semplicemente saggio Lui, invece, è completamente consegnato. Non si tratta di semplice sapienza, non si tratta di comprendere qualcosa su Dio, si tratta di consegnarsi in un delirante abbandono, in un maniacale tradimento di se stessi. Uno saggiamente riporta la verità l’altro, invece, la scrive, la mostra, diventa ciò che l’altro si limita a disegnare con la voce.

Ecco cosa lascia senza parole, che lui diventa ciò che la Legge raccomanda.  E tutto trasfigura di sé, tutto prende di sé: cuore, anima, mente; nessuna uscita di sicurezza, niente è preservato, ogni cosa è compromessa, se non ci fosse Dio lui non sarebbe. Ammutoliscono gli altri, come si ammutolisce davanti a chi non si risparmia, a chi è riuscito a sconfiggere ogni minima ombra d’ambiguità.

Tutto questo fa paura. Il suo amore è così totale che non serve alzare la voce, è così evidente che anche le persone che vengono in contatto con lui sono semplicemente travolte: amerai il prossimo tuo come te stesso, e non è una indicazione moralistica, non una legge da applicare per buona volontà ma la semplice conseguenza, lui è torrente travolgente, niente di ciò che gli sta intorno può rimanerne indenne, nemmeno i nemici. Nemmeno il peccatore. Questo ammutolisce.

Lui non dice cose nuove ma è definitivo, dopo di lui nessuno riuscirà a rapportarsi con la stessa pienezza. Lui non dice cose nuove e non deve nemmeno spiegarle, lui è il Verbo fatto carne.

A noi non resta che arrenderci e lasciarci travolgere. Volerci mettere sullo stesso piano della sua capacità d’amare è pura follia, mai sapremo amare il prossimo come noi stessi, però possiamo deporre le armi e consegnarci, quello sì, riuscire a trovare il modo per farci travolgere, riuscire a credere che quell’Uomo nulla abbia lasciato di non amato, nemmeno il mio peccato. Ecco, forse questa mi pare una strada percorribile, smettere di dire che dobbiamo “amare il prossimo come noi stessi” ma iniziare a guardare ogni uomo, ogni evento, ogni cosa come attraversata e amata da quell’onda di incontenibile amore.

Io non sono capace e mai lo sarò di amare così tanto il mio prossimo ma credo nel Suo amore, una forza così radicale che la mia banalità non riuscirà certo a disinnescare. Io non riesco e mai riuscirò ma mi hanno detto che per qualcuno è stato possibile e io voglio crederci.

E spero che un giorno, quando io non riuscirò ad amare nemmeno me stesso, spero che qualcuno al mio fianco abbia la pazienza di raccontarmi ancora di quell’uomo, quello che un giorno ha iniziato ad amare in modo così folle che nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica