HomeSolennitàdon Alessandro Dehò - Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2023

don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2023

Ti ricordi quando il tuo angelo, luminoso e tremendo, ti ha incatenato il cuore per sempre? Ti ricordi quando hai sentito chiaramente che il divino aveva infranto il silenzio dei cieli per svelarsi alla tua innocenza? Ti ricordi di quando non ti vergognavi di dire che ci credevi? Che credevi nei miracoli, negli angeli, nell’Invisibile linfa in ogni cosa? Ti ricordi quando non avevi parole, non avevi bellezza, non avevi credibilitĂ  e abitavi i deserti dell’impopolaritĂ ? Quando ti chiamavano pazzo? Quando eri solo un pastore inutile e bellissimo e nessuno ti chiedeva ragione di ciò in cui credevi perchĂ© tutti credevano che tu fossi irragionevole? Non avevi ragione, come i pazzi o come gli innamorati.  E per questo sapevi.

Ti ricordi le parole che farfugliavi a quei tempi? Nessuna ideologia ad ingabbiarli, nessuna teologia, nessuna filosofia, erano povere parole d’analfabeta, eppure risplendevano immacolate, avrebbero abbagliato la presunta sapienza dei professori, se ti avessero ascoltato. Niente che non fosse tuo,  poco era, pochissimo, ma sotto quel cielo ingravidato di nostalgia dall’annuncio angelico, ogni sillaba portava dentro il mistero di una vita: la tua. Che le parole non devono essere perfette ma gravide di chi le pronuncia. Questo il vero mistero dell’incarnazione.

Ti ricordi? Cercavi compagni di viaggio per andare a vedere l’incarnazione del Mistero, cercavi traiettorie terrestri che fossero fedeli a quelle celesti. Non avevi dubbi che fossero vere le parole del messaggero, solo cercavi compagni improbabili che con te attraversassero un deserto. E in fondo li stai cercando ancora, pastori non ancora ripuliti, non ancora resi presentabili e mondani. Pastori che non vogliono perdere il privilegio dell’esclusione, che se ne stanno fuori dagli schemi e non perdono tempo a mostrarsi sostenibili, inclusivi, politicamente corretti, perché non lo sono. Perché la vita non è sostenibile e inclusiva, e il Vangelo lo sa, per questo è credibile solo chi prende il posto degli esclusi e non di chi continua a parlare di loro, usandoli. Per questo per il bambino non ci sarà mai un posto dove nascere che non sia fuori dalle mura di una città, per questo quel bambino diventato adulto morirà fuori, l’amore è esclusivo, esclude i potenti. E’ di chi è fuori!

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Ti ricordi? Cercavi pastori svergognati come te, li cerchi ancora? Pastori, gente da scarto, che non abbia paura di dirti che loro ai miracoli ci credono, che credono in Dio, e che ti giurano, soprattutto, che loro sono stati scelti da Dio, proprio loro, senza ancora capirne il perché. E non importa se qualcuno si sente escluso, loro Dio lo hanno visto, di luce bellissima, e ora camminano incontro al bambino, perché ci credono ancora.

Ti ricordi quando della cronaca ti importava niente? Tu eri come fuori dal tempo, oltre, eppure contemporaneo agli eventi, come se ne abitassi il cuore. Ti ricordi di quando dei potenti, dei governanti, dei politici ti importava niente? Di quando ridevi di chi voleva fare beneficenza non capendo che eri tu, povero scarto, a guardarli con pietà? Povero e sdentato ridevi e dei loro soldi non ti importava, delle loro benedizioni, delle loro autorizzazioni, delle loro parole, dei loro pronunciamenti… ridevi e camminavi verso il Mistero, e lasciavi loro a ingozzarsi con le briciole delle cose di questo mondo.

Ti ricordi quando avevi l’innocenza? Quando ti sei messo a spiegare a Maria e Giuseppe tutto quello che gli angeli ti avevano raccontato? Loro ti guardavano e avevano gli occhi che ridevano. Lucidi gli occhi, di chi ha messo al mondo un bambino, di chi ha un angelo deposto lì, ai piedi, in una mangiatoia che sembrava già un tabernacolo. Ti ricordi che quella era la mistica preghiera che adesso ti manca? Non senti la nostalgia, non ti viene voglia di perdere tutto quello che hai accumulato in questi anni? Non senti il bisogno di perdere credibilità, di perdere le sicurezze, di perdere persino le parole, non senti il bisogno di stare nel mistero e di tornare a ridere con gli occhi e di balbettare suoni ridicoli assieme a quel neonato deposto sulla paglia? Non senti il desiderio di tornare a essere solo l’asino o il bue o la roccia scavata di una grotta? Un folle muto riempito solo di stupore.

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Ti ricordi lo stupore? Te lo ricordi ancora? Si stupivano delle tue parole, e tu ti abbeveravi del loro stupore. Così rimanevi, incantato, incatenato a un Amore che non avevi bisogno di ridurre a pensiero accettabile. Se tu fossi stato aggrappato allo stupore di quei giorni ti saresti lasciato trascinare a riconoscerlo, bambino diventato adulto, nei ciechi che riacquistavano vista, negli storpi che ricominciavano a camminare, nei paradossi del cuore delle beatitudini, nelle trappole d’amore delle parabole, e anche nella passione, a anche sulla croce l’avresti riconosciuto, stupore di un amore così fedele a se stesso da morirci. E davanti al sepolcro vuoto avresti riconosciuto la grotta di una nuova definitiva natività.

Ti ricordi di quando camminavi glorificando la vita, glorificando Dio che di quella vita era l’anima, il sangue, la carne, tutto? Ti ricordi di quando lodavi il cielo, le stelle, la terra? Quando la tua vita era tutta una lode? Te lo ricordi? Perché allora non ritorni pastore?

Per gentile concessione dell’autore don Alessandro Dehòpagina Facebook

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