don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 24 Dicembre 2020

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Non reggo l’abbandono

(Matteo 1,18-25)

Natale anno B 2020

Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto ebbe il coraggio di pensare ad un’alternativa coraggiosa, pensando alla sua Maria non voleva accusarla pubblicamente, (quindi) pensò di ripudiarla in segreto. Ma inspiegabilmente a Giuseppe quella notte non arrivò in dono la pace che abita i cuori delle persone che mettono tutto al loro posto e forse per la prima volta nella sua vita comprese che la giustizia non salva dalla malattia più terribile, dalla condanna più atroce, la giustizia non salva dall’abbandono.

Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto si trovò a pensare che per il bene di tutti la cosa più giusta da fare era prendere le distanze da Maria, prendere le distanze dal figlio che doveva nascere, prendere le distanze dai progetti di vita insieme per lasciare tranquillo il paese e la sinagoga, per rispettare le regole, per ubbidire alla Legge, per non deludere nessuno. Aveva trovato una soluzione discreta che, apparentemente, tutelava il quieto vivere. E allora perché gli mancava il respiro? Perché non sentiva la pacificazione profonda? Perché tanta inquietudine? Perché Giuseppe stava diventando un uomo, stava per nascere e non si nasce prendendo le distanze dalla vita, non si nasce abbandonando e dimenticando, anche se il pensiero comune spesso dice il contrario.

Il giorno di Natale non nasce semplicemente un bambino ma nasce e rinasce l’uomo, nasciamo e rinasciamo noi se, prima di tutto, accettiamo che no, non basta essere giusti, non è giusto rinunciare a qualcosa o a qualcuno solo per mantenere le cose in equilibrio. Che il male peggiore, forse l’unico vero peccato a cui ci crocifiggiamo noi e gli altri è l’abbandono. Magari un abbandono in nome di norme apparentemente intoccabili. Giuseppe non regge l’abbandono, ecco la sua grandezza.

Mentre però stava considerando queste cose ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore… immaginare questo ragazzo che si rigira nel cuore si una notte silenziosa, sotto un cielo vicino, incapace di assolversi, incapace di dimenticare, incapace di ridurre l’amore a una soluzione di un problema, incapace di sopravvivere al ricordo del profumo di lei, incapace di immaginarsi a vivere con Maria abbandonata al suo destino. Natale è maturare che la vita non può essere ridotta a una soluzione di problemi, perché c’è un vuoto, in fondo a ogni ostacolo, che tortura i cuori sensibili. Giuseppe decide coraggiosamente di fare i conti con quel Vuoto.

Natale è nascere e rinascere, è diventare uomini, e non nasci se non sei innamorato. E Giuseppe comincia a comprenderlo, comincia a sentire che la legge e il buon senso rischiano di bruciare il senso profondo della vita… Giuseppe è innamorato, e se sei innamorato riesci a fare due cose contemporaneamente: pensare e sognare. Mentre considerava (…) apparve in sogno, non c’è distanza nei territori dell’amore: sogno e pensiero, possibilità e riflessione, il loro incontro rimette in gioco la vita. Questo ci fa diventare davvero grandi, questo è il Natale. Se fossimo solo sogno rimarremmo eterni adolescenti, se fossimo solo pensiero saremmo cinici vecchi votati alla morte. Natale è il sogno che fa l’amore con il pensiero. E a quel punto le regole non bastano più. Non vengono dimenticate ma non sono più argini entro cui puoi muoverti, non hanno la forza di reggere la traiettoria della vita, un orizzonte fatto solo di regole rende impossibile il cammino e allora Giuseppe comprende che diventare adulti è immergersi nei volti, nelle storie, è dare nome proprio alle cose, è liberarsi del mito inutile e triste della tranquillità a tutti i costi, è smettere di pensare alla vita “per principio” e incominciare a sentirsi unici, non ridurre ogni cosa a un “caso” da manuale ma sentire che di Giuseppe c’è solo lui e che Maria non è un problema ma una donna con cui lui amerebbe trascorrere il resto della vita. Maria, proprio Maria, solo Maria. Ci pensa. È il suo sogno. Coincidono. E comprende: a cosa serve fare le cose “giuste” se poi si rimane soli? (sentite anche voi lo sgretolarsi di certa morale? Di certo modo di affrontare le questioni etiche?)

Nel sogno gli pare di vedere il volto di Dio sorridente. Non che la paura gli passi del tutto ma Giuseppe cresce, è Natale, smette di essere il bambino ubbidiente e inizia a interrogare sul serio i propri desideri, smette di voler tranquillizzare il mondo e sente profonda connessione tra quel volto di donna che promette felicità e quel Dio misterioso che non desidera altro.

Giuseppe sotto quel cielo vicino e stellato, nella mangiatoia dei suoi sogni, scaldato da pensieri finalmente adulti partorisce un futuro che finalmente gli sembra vivo, e tutto nasce, come quando un bambino scivola nel mondo, passata la testa con i suoi pensieri il resto è davvero una conseguenza. Non temere… che non significa non avere più paura ma non restare triste e solo in un angolo di mondo a far finta che la moglie saggia che ti hanno dato da sposare sia la stessa che desideravi, tu vuoi Maria e non “una donna”. Non temere, anche se a volte piangerai torturando il dubbio di aver fatto qualcosa per egoismo ma almeno potrai evitare di replicare la scena del marito devoto in una famigliola felice. Certo che Giuseppe ha paura, ma riesce a non temere quello a cui sta andando incontro perché Maria non è un ripiego, è Maria. E lui è Maria che sceglie. E poi il bambino. Come chiamarlo? Emmanuele cioè Dio con noi, perché sarà il Salvatore dall’unico peccato che l’uomo può compiere: costringere e costringersi alla solitudine. All’abbandono.

Natale non è il ricordo della nascita di un bambino, non è la nascita di un Dio, è la morte della solitudine, è l’elogio della fede germogliata nei cuori di tutti quegli uomini che hanno fatto fare l’amore al sogno e al pensiero e hanno deciso di non abbandonarsi, che il nome vero di Dio è “con-noi”, cioè comunione.

Giuseppe quel giorno è nato per la prima volta. E noi leggiamo la storia di quest’uomo perché sentiamo che anche a noi è chiesto un Natale continuo. Una consapevolezza da ritrovare ogni volta che rischiamo di agiare solo per il quieto vivere, ogni volta che inventiamo alibi, che ci costringiamo a solitudini infernali, ogni volta che non prendiamo con noi la vita. Giuseppe prese con sé la sua sposa. Ecco Natale è diventare grembo, prendere la vita così come bussa ai nostri sogni e ai nostri pensieri, prendere la vita e perdere la tranquillità, prendere la vita e sposarla sapendo che qualcuno non apprezzerà, che quasi nessuno capirà, che per il quieto vivere erano altre le strade da scegliere. Ma Natale è vita mai quieta, è inquieto l’amore, è inquieto il grembo di ogni donna pronta a partorire, è inquieto il sogno di chi non si accontenta di sopravvivere. Ed è già buona notizia.


AUTORE: don Alessandro DehòSITO WEB Leggi altri commenti al Vangelo della domenica