Commento alle letture di domenica 26 Settembre 2021 – Carlo Miglietta

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Il commento alle letture di domenica 26 settembre 2021 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

C’è qui una serie di detti di Gesù legati tra di loro da “parole aggancio”, parole chiave: nei versetti 37, 38, 39, 40, 41, c’è la frase: “nel mio nome”. Ai versetti 42 e 43 c’è il tema dello scandalo.  Dal versetto 43 al versetto 48 c’è il tema del fuoco. Ci troviamo di fronte a una serie di “loghia Christi”, “detti del Signore”, insegnamenti del Signore, che venivano raggruppati attraverso parole chiave per favorirne la memorizzazione.

L’evangelista li mette qui per un preciso scopo teologico. Gesù sta dando alcuni insegnamenti e qui insegna sulla via sulla vita comunitaria.

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Il tema dello scandalo è un tema molto importante, che ricorre molto spesso, nella Scrittura.

Scandalo significa ostacolo. Le parole di Gesù sono un monito per impedire di essere scandalo alla fede degli altri, di essere di ostacolo. Ci dice Paolo in Rm 14,13: “Non turbate la fede dei fratelli. Non fate nulla che possa essere occasione di caduta o di scandalo per un vostro fratello”. In 1 Cor 8,9: “Badate però a questa vostra libertà: non diventi un’occasione di turbamento per chi è debole nella fede”.

Gesù ci dice che è meglio essere inghiottiti nel mare con al collo una macina usata per macinare il grano (una grossa pietra fatta come un tronco di cilindro) piuttosto che dare scandalo ai fratelli. L’attenzione dei credenti è di evitare di essere inciampo per gli altri: ciascuno, nonostante si senta sicuro di certe verità, deve sempre far prevalere la carità rispetto alle sue sicurezze intellettuali. Quante volte Paolo dirà che alcune cose sono permesse, alcuni cibi sono leciti, alcune usanze che i pagani propongono sono giuste, ma se ciò è di inciampo ai fratelli che arrivano dall’ebraismo, egli preferisce soggiacere a tutte le loro richieste.

Rm 14,1-22:Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni. 2 Uno crede di poter mangiare di tutto, l’altro invece, che è debole, mangia solo legumi. 3 Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto. 4 Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di farcelo stare. 5 C’è chi distingue giorno da giorno, chi invece li giudica tutti uguali; ciascuno però cerchi di approfondire le sue convinzioni personali. 6 Chi si preoccupa del giorno, se ne preoccupa per il Signore; chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio; anche chi non mangia, se ne astiene per il Signore e rende grazie a Dio. 7 Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, 8 perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. 9 Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi. 10 Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti infatti ci presenteremo al tribunale di Dio, 11 poiché sta scritto:

Come è vero che io vivo, dice il Signore,

ogni ginocchio si piegherà davanti a me

e ogni lingua renderà gloria a Dio.

12 Quindi ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso. 13 Cessiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; pensate invece a non esser causa di inciampo o di scandalo al fratello. 14 Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è immondo in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come immondo, per lui è immondo. 15 Ora se per il tuo cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Guardati perciò dal rovinare con il tuo cibo uno per il quale Cristo è morto! 16 Non divenga motivo di biasimo il bene di cui godete! 17 Il regno di Dio infatti non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: 18 chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. 19 Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole. 20 Non distruggere l’opera di Dio per una questione di cibo! Tutto è mondo, d’accordo; ma è male per un uomo mangiare dando scandalo. 21 Perciò è bene non mangiare carne, né bere vino, né altra cosa per la quale il tuo fratello possa scandalizzarsi. 22 La fede che possiedi, conservala per te stesso davanti a Dio. Beato chi non si condanna per ciò che egli approva. 23 Ma chi è nel dubbio, mangiando si condanna, perché non agisce per fede; tutto quello, infatti, che non viene dalla fede è peccato”.

Paolo ci ricorda il primato assoluto della carità, anche rispetto alle acquisizioni teologiche, anche rispetto alla cosiddetta libertà.

Ma c’è un altro tipo di scandalo: è lo scandalo che ciascuno pone in se stesso, l’ostacolo personale che ciascuno di noi può incontrare nella sequela del Signore, che ognuno di noi conosce molto bene; ognuno di noi ha uno scandalo, una pietra che gli impedisce di correre dietro al Signore: ecco allora che bisogna fare violenza proprio agli stessi.

Il linguaggio di Marco è molto duro: bisogna fare scelte radicali, decise: bisogna cavarsi un occhio, bisogna cavarsi un braccio, se questi sono di scandalo per i fratelli. La scelta del discepolato è una scelta che a volte mozza delle parti pesanti di noi stessi, è scelta che brucia, è una scelta che impone sacrifici personali: questa è la nostra chiamata. Ogni scelta per il Signore è spesso una scelta dolorosa: non c’è logica di “sequela Christi” che non sia anche logica di “sequela crucis”, che non sia la logica di prendere la croce e seguire il Signore. E prendere la croce fa sempre male: è pesante, si cade, si è sfiniti, ci si muore sopra. Il credente è colui che deve fare delle scelte radicali per togliere in lui ciò che gli è di ostacolo per essere alla sequela del Signore.

Si parla della Gheenna (9,45): la Gheenna è la “Valle di Innon”, in ebraico “Gheinnon”, a sud di Gerusalemme, tra il Monte degli ulivi e la spianata del Tempio. Era il luogo dove, al tempo del re Acaz, venivano sacrificati i fanciulli al dio Molok. Come si legge nel secondo libro dei Re (2 Re 23,10), il pio re Giosia fece di questa valle, che era luogo sacro per la divinità pagana, l’immondezzaio del tempio, la discarica pubblica. Come in tutte le discariche il fuoco ardeva continuamente per bruciare le grandi quantità di pattume che veniva buttato. Ora sempre nel secondo libro dei Re (23,10) e in Geremia (7-9) si dice che in questa valle i nemici del popolo di Dio saranno distrutti e divorati dal fuoco. In Marco la punizione viene completata con il richiamo al testo di Isaia 66, dove la pena dei nemici consiste nel disfacimento dei cadaveri insepolti.

Is 66,23-24:   

“23 In ogni mese al novilunio,

e al sabato di ogni settimana,

verrà ognuno a prostrarsi

davanti a me, dice il Signore.

24 Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini

che si sono ribellati contro di me;

poiché il loro verme non morirà,

il loro fuoco non si spegnerà

e saranno un abominio per tutti”.  

Ecco quindi l’inferno: sarete spazzatura, se non seguirete il Signore, se perderete l’immenso

valore che è la sequela di colui che solo è “la via, la verità, la vita” (Gv 14,6).    

Carlo Miglietta