Commento al Vangelo del 15 novembre 2009 – Paolo Curtaz

Data:

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Trentaduesima domenica durante lโ€™anno
Dn 12,1-3/ Mc 13,24-32

Cristo il giudiceApocalissi
Siamo alla fine dellโ€™anno liturgico, stiamo per salutare lโ€™amico Marco e Pietro, suo maestro.

Domenica prossima affronteremo la sconcertante festa della regalitร  di Cristo, poi lโ€™Avvento a preparaci a sopravvivere alla tragedia del Natale (non che sia una tragedia, รจ che cosรฌ lโ€™abbiamo ridotto!).

Oggi la Parola ci orienta in una direzione ostica e impegnativa, ci invita a guardare avanti e altrove e con un altro sguardo.

Avanti
รˆ uno dei temi piรน trascurati della fede cristiana, essendo la Chiesa tutta intenta, in questi fragili tempi, ad andare allโ€™essenziale: รจ il tema del futuro, della fine del mondo, in teologichese, i novissimi.

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Cosa succederร  domani? Come andrร  a finire la Storia? Che ne sarร  di noi?

Predicazioni medioevali e film di serie โ€œBโ€ ci rappresentano la fine del mondo come un delirio di fiamme e di distruzione, come il sommo giudizio finale fatto di caligine e di paura.

La โ€œcolpaโ€ di questa interpretazione approssimativa รจ del linguaggio apocalittico usato da alcuni libri della Scrittura, come il brano di Daniele che abbiamo letto oggi, fatto di forti immagini da non prendere alla lettera.

Ciรฒ che i cristiani hanno capito รจ semplice: Cristo, risorto e asceso al Padre, tornerร  nella pienezza dei tempi, tornerร  per completare il suo Regno, le anime dei nostri defunti riprenderanno i propri corpi trasfigurati e risorti e sarร  la pienezza. Nel frattempo โ€“ e questa รจ una nota dolente โ€“ quel buontempone di Dio ha affidato a noi, fragile Chiesa, il compito di far crescere il Regno.

San Paolo si chiedeva (!) perchรฉ Cristo tardasse tanto, avendo le comunitร  una fortissima tensione per il ritorno del Signore. La sua risposta รจ struggente: se Cristo รจ il capo, la testa, e noi siamo membra di un corpo, egli tornerร  solo quando tutto il corpo sarร  sviluppato e pronto.

Questo รจ il tempo della Chiesa.

Non il tempo di restare seduti ed aspettare (come sta succedendo), ma di annunciare il Vangelo, finchรฉ il Signore torni.

Una corrente del pensiero ebraico contemporaneo invita tutti, anche i non ebrei, a comportarsi secondo rettitudine, per accelerare la venuta del Messia, per noi il ritorno.

Non รจ una ragione sufficiente per cambiare il mondo a partire da noi stessi?

Altrove
Gesรน ci ammonisce: la costruzione del Regno non รจ necessariamente semplice, non รจ un passaggio di gloria in gloria, essere travolti dal Vangelo ed iniziare il cammino di discepolato significa porsi in un atteggiamento di cambiamento perpetuo, di fatica nellโ€™affrontare le contraddizioni del sรฉ e del mondo. Il Regno subisce violenza, non si manifesta con adunate oceaniche e opere mirabolanti.

Nel segno della contraddizione, della fatica si esplica il Regno, fra il giร  e il non ancora, allontanandoci dalla logica manageriale del successo misurabile che โ€“ ahimรจ โ€“ a volte si insinua anche nella logica ecclesiale.

Gli angeli radunano i discepoli dai quattro angoli della terra, coloro che affrontano con serenitร  la costruzione del Regno vengono radunati e sostenuti. Solo la Parola e la certezza di avere sperimentato Dio o di averne intuita la presenza ci fanno andare avanti tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

รˆ per me segno di immensa consolazione, nel mio pellegrinaggio di speranza in giro per lโ€™Italia, in punta di piedi, accorgermi di quanto bene il Signore stia facendo nei vostri cuori e di come la Parola sia ormai la luce per molte coppie, per molti cercatori di Dio e consolazione per gli sconfitti.

รˆ un modo altro di essere Chiesa, dispersi nelle nostre cittร , spesso senza scogli cui aggrapparci.

La Parola del Signore che non passa ci dice che il Signore รจ alla porta e chiede di entrare.

Con un altro sguardo
Lโ€™uomo sembra concentrato a distruggere il proprio futuro, ignorando i richiami della natura, facendo prevalere la logica del profitto ad ogni costo, accentuando le distinzioni, facendole diventare divisioni e odio razziale o religioso.

La fine del mondo la costruiamo giorno per giorno e, spesso, al viviamo come evento ineluttabile, e con un fatalismo crescente non facciamo altro che rifugiarci in un privato miope e dal respiro corto.

Siamo chiamati, invece, a rimboccarci le maniche,a rendere presente questo Regno che รจ giร  e non ancora, diventare profeti di conversione, non profeti di sventura.

Il mondo non precipita nel nulla, ma nelle braccia di Dio, e la Parola, che dimora, che resta, รจ lโ€™appiglio che la Chiesa ha per leggere la storia e per vedere il Regno che avanza.

Non รจ facile vederlo, ovvio.

Incontro molte persone, molti preti, molte realtร  di Chiesa, dalle parrocchie immense di Roma a quelle perse sullโ€™Appennino, comunitร  dinamiche e comunitร  addormentate, tradizione e innovazione, fatica e speranza, profezia e lentezza. Ma vedo.

Vedo lโ€™opera straordinaria che il Signore compie in voi, in me, in noi.

Arresi alla Parola, malgrado la fatica, il dolore, la logica del mondo che ancora alberga nei nostri cuori nei nostri giudizi, vedo lo Spirito che avanza e dice alla sua sposa, la Chiesa: vieni.

Lo vedete anche voi?

Paolo Curtaz

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