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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 27 Marzo 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mt 26,14-25

Gesù è tradito, messo nelle mani dei sacerdoti in cambio di trenta monete d’argento che ancora tintinnano nella notte del tradimento e della tristezza. La delusione, la paura, la solitudine non fecero vacillare Gesù tanto era fermo, saldo e radicato nell’Amore del Padre.

Giuda, “colui che ha intinto la mano nel piatto”, ha invece preferito guadagnare trenta monete d’argento piuttosto che pagare il prezzo di un amore profondo, ha preferito essere pagato per svendere l’amore, svendendo sé stesso. Il segno del tradimento si mescola con quello della prossimità più intima.

La storia della salvezza non è solo storia degli amori umani impossibili o falliti, ma è la storia di Dio che ama l’uomo a partire anche dai suoi tradimenti. Il peccato, per quanto grave, non rompe il patto di amore e fedeltà con Dio e non decreta la fine; anzi, Lui è venuto per i malati e non per i sani e nel momento in cui annuncia il tradimento, proclama la sopravvivenza dell’amore sulla morte e sul peccato che la provoca.

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A Giuda è mancata l’umiltà di arrendersi, ritornare al suo Signore e riconoscere il suo peccato; ha disperato non confidando nella misericordia del Signore: se avesse guardato ancora una volta Gesù negli occhi in essi avrebbe scoperto che non c’era rancore né collera, e avrebbe rivisto la stessa gioia con cui lo aveva chiamato a sé affinché fosse suo apostolo.

Anche Pietro, colui che sarebbe diventato il fondamento della Chiesa, in quella notte di tradimenti rinnega il Signore, ma poi piange il suo peccato con lacrime amare d’amore mantenendo ferma la speranza nella misericordia del Signore, perché per quanto grandi siano le nostre offese, sempre più grande è la misericordia di Dio.

Di questa notte resti una certezza e una consolazione, tutto si può rimediare se ritorniamo al Signore e apriamo il cuore alla grazia in modo che Cristo possa guarire le nostre ferite. Impariamo dalla forza che acquistò l’umiltà di Pietro: «La paura e la vergogna, che non ci permettono di essere sinceri, sono i nemici più grandi della perseveranza. Siamo di creta; ma, se parliamo, la creta raggiunge la forza del bronzo» (San Josemarìa).

Per riflettere

Lo scontro tra amore e tradimento mette la nostra esistenza in una condizione di inquietudine, che scopriamo sempre presente e nuova, anche quando ci sembra d’averla superata e risolta. Nel silenzio del nostro cuore inquieto troviamo una domanda capace di avvolgere tutto il mistero del nostro esistere e che si proietti in avanti, anche quando ci sentiamo peccatori e traditori.

FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi

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