«Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
L’operosità che si oppone alla meditazione: ad una prima lettura questo Vangelo sembra raccontare proprio questo, ma forse c’è qualcosa di più profondo. Anche la Chiesa, come la nostra quotidianità , ha spazio per la contemplazione, come per l’azione operosa, e questa è proprio la sua potenza, il mettere insieme queste due forze.
Ma allora cosa condanna Gesù? Non di certo il darsi da fare di Marta, la questione non è contrapporre le due in una dicotomia giusto-sbagliato. Quello che ci è chiesto in realtà è tenere queste due realtà sempre unite facendo sì che una, l’azione, prenda sempre ispirazione dall’altra, la contemplazione.
Maria, anche quando Lazzaro suo fratello muore, rimane nella contemplazione, non si agita; l’unico momento in cui si alza e corre è quando è chiamata da sua sorella poiché Gesù la cerca, ma la sua è un’azione che ha radici nella contemplazione. Ciò che forse stupisce di più di questo Vangelo è che Maria non risponde alla sorella: anche davanti alla sua accusa resta ferma, in contemplazione, non cerca di spiegarsi o giustificarsi, le basta essere ai piedi di Gesù per avere tutto ciò di cui ha bisogno.
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi