Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 24 dicembre 2025

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Benedictus: il racconto della storia della salvezza

Il Benedictus è il canto di Zaccaria, che ritrova la voce della fede dopo il lungo silenzio dell’incredulità. Pieno di Spirito Santo (cf. v. 67), egli trasforma la propria esperienza in poesia, narrando con gratitudine la storia della salvezza. Zaccaria è immagine di ogni credente che, dopo il dubbio, toccato dalla grazia, riprende la parola per lodare: la fede, quando rinasce, si fa canto di riconoscenza e testimonianza.

Questo cantico è l’inno che la chiesa ripete ogni mattina nelle lodi e che, nelle ferie dell’avvento, prepara particolarmente il cuore alla venuta del Signore. In esso la memoria dell’alleanza e la profezia si intrecciano, il ringraziamento diventa speranza che si fa preghiera. Il Benedictus può essere ascoltato come un itinerario spirituale, scandito in cinque parole − visita, redenzione, misericordia, luce e pace − che raccontano l’opera di Dio nella storia. Ogni termine rivela un volto della sua azione: avvicinarsi, liberare, risanare, illuminare, riconciliare.

La salvezza comincia con una visita: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo” (v. 68). Nell’Antico Testamento, Dio “visita” Sara (cf. Gen 21,1), il popolo oppresso in Egitto (cf. Es 3,16) e Anna, madre di Samuele (cf. 1Sam 2,21): ogni visita è segno di fiducia e di vita nuova. Oggi, in un mondo di relazioni superficiali e virtuali, essa ci ricorda che l’amore autentico passa per il farsi vicino, nella presenza concreta.

Da questa prossimità nasce la redenzione. “Ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti di un tempo” (vv. 69-70) e secondo il giuramento fatto ad Abramo, nostro padre (cf. v. 73; Gen 12,3). Redimere significa restituire libertà e dignità a chi era schiavo del peccato e della paura, rendendolo capace di vivere “senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni” (vv. 74-75), dove il bene orienta le scelte e la pace diventa stile di vita.

Al centro si rivela la misericordia: “Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza” (v. 72; cf. Es 19,5-6). Quando Dio “si ricorda”, porta il passato nell’oggi e agisce nel presente con fedeltà. La misericordia è la forma più concreta dell’amore, è imparare a guardare con gli occhi di Dio (cf. Ef 2,4-5).

Poi il canto si apre alla luce: “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto” (v. 78). Giovanni Battista, “profeta dell’Altissimo” (v. 76), prepara questa aurora annunciata dai profeti: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1). Cristo è questa luce che viene a “risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e a dirigere i nostri passi sulla via della pace” (v. 79).

La pace, dunque, non è solo una promessa ma un cammino. Anche un piccolo gesto di bontà, una parola di pace, un perdono donato, il coraggio di ricominciare un rapporto ferito diventano scintille di luce. La pace è il frutto maturo di un cuore riconciliato. Essa non si possiede, ma si percorre quotidianamente, lasciandosi guidare da Dio per essere operatori di pace (cf. Mt 5,9).

Il Benedictus ci invita a lasciarci raggiungere dalla presenza di Dio, oggi e sempre, a vivere in uno stato di gratitudine che trasforma il nostro sguardo e il nostro cuore, e così possiamo diventare segni viventi di speranza per chi ancora abita nell’ombra.

sorella Mónica

Per gentile concessione del Monastero di Bose.

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