Gioco di sguardi
โPerchรฉ guardi la pagliuzza che รจ nellโocchio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che รจ nel tuo occhio?โ (v. 41). Cโรจ qualcosa di assurdo nella situazione dipinta da Gesรน: come si puรฒ individuare una pagliuzza nellโocchio di chi ci sta di fronte con una trave davanti agli occhi? Eppure, lo sappiamo bene, alcune โtraviโ funzionano come dei microscopi, che ci permettono di scrutare fin nelle fibre il difetto del nostro vicino. Ma Gesรน ci mette in guardia: ipocrita! Vederci bene รจ unโaltra cosa. Ma la pagliuzza cโรจ davvero โ obiettiamo noi โ non me la sono inventata, non sto calunniando il fratello, lo sto correggendo. Sรฌ, ma non basta vedere, occorre vederci bene, e mentre, stranamente, รจ possibile vedere anche attraverso una trave, non รจ possibile vederci bene se non dopo essersi liberati di quella trave.
โTogli prima la trave dal tuo occhioโ (v. 42). In questo modo,ย Gesรน apre uno spazio, ci costringe a inserire un salutare intervallo tra il vedere e il parlare, tra la constatazione e la correzione. E in questa parentesi di tempo ci invita a volgere lo sguardo su di noi e ad accorgerci di quella trave, a smascherarla con delle semplici, quanto scomode domande: il difetto dellโaltro non mi dร forse tanto fastidio proprio perchรฉ รจ anche il mio? Oppure, non รจ che quel suo limite mi risulta tanto evidente semplicemente perchรฉ โquello lรฌโ io davvero non lo sopporto? Sรฌ, sono un ipocrita, che dice โamicoโ pensando โnemicoโ, che correggendo amorevolmente condanna!
Attenzione perรฒ che questo volgere lo sguardo su noi stessi non diventi un alibi. Gesรน non dice: preoccupati solo di togliere la trave dal tuo occhio, ma โtogli primaโฆโ. Non รจ che vedere la nostra trave debba condurci a chiudere gli occhi sulla pagliuzza dellโaltro; non deve sfociare in un comodo: โChi sono io per giudicare?โ.ย Certo, Gesรน vieta di giudicare, ma comanda di correggere!ย Quella pagliuzza sia per te un richiamo urgente: sbrigati a sbarazzarti della tua trave non solo per il gusto di vederci bene, ma anche perchรฉ cosรฌ potrai liberare tuo fratello dalla sua pagliuzza.ย Il fine ultimo del lavoro su di te non sei tu, ma il fratello.ย Se non vuoi correggerti per il tuo bene, correggiti per il suo!
Dopo esserti sbarazzato della tua trave, volgi di nuovo lo sguardo al fratello. Allora, infatti, ci vedrai bene.ย Allora, non vedrai una pagliuzza in un occhio, ma un occhio offuscato da una pagliuzza; allora,ย pronuncerai quel โfratello, lascia che ti aiutiโ, non con tracotanza e malizia, maย con lโumile sinceritร di chi, nella comune debolezza, riconosce un fratello; allora, sorriderai al pensiero che quellโocchio in cui scorgi una pagliuzza presto potrร vederci bene e togliere dal tuo occhio unโaltra trave di cui sei ancora inconsapevole.
E se volgendo lo sguardo sulla mia trave riconosco in me lo stesso difetto del fratello, ma non riesco ad estirparlo? In questo caso, devo rinunciare a correggere il fratello? In questo caso โ riflette con la grande umanitร che lo caratterizza Agostino dโIppona โ โnon rimproveriamolo, ma proviamone insieme dolore e invitiamolo non ad ascoltarci ma a tentare insiemeโ.
fratel GianMarco
Per gentile concessione del Monastero di Bose
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui



