Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 15 Maggio 2022

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Cosรฌ anche voi

Il vangelo di questa V domenica di Pasqua presenta Gesรน che dร  il comando nuovo che si trova al cuore dell’alleanza nuova: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, cosรฌ amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Tratta dai discorsi di addio di Gesรน nel IV vangelo, la pericope liturgica presenta lโ€™ereditร , cioรจ il dono e il compito, che Gesรน lascia ai suoi discepoli:ย lโ€™amore, lโ€™agape. Gesรน trasmette ciรฒ che ritiene irrinunciabile per i suoi discepoli nel futuro. Gesรน sta disponendo la sua ereditร , come sempre avviene quando si avvicina la fine della vita. Trasmettere ha infatti a che fare con la morte. Ha scritto Rรฉgis Debray: โ€œNoi trasmettiamo affinchรฉ ciรฒ che viviamo, crediamo e pensiamo non muoia con noiโ€.

La trasmissione ci mette a contatto con il problema della morte. Ma Gesรน non trasmette semplicemente โ€œqualcosaโ€, bensรฌ la suaย forma vitae, e la sua vita รจ stata caratterizzata da quellโ€™amore che รจ il piรน potente antidoto nei confronti della morte. Espresso in forma di comando (โ€Amateviโ€), lโ€™amore che Gesรน chiede di praticare ai suoi discepoli, ha forma pasquale, chiede unโ€™uscita da sรฉ da parte del discepolo per accogliere in sรฉ la forma di Cristo, e โ€œforma e figura di Cristo in noi รจ lโ€™amoreโ€ (Cirillo di Alessandria). Vivere lโ€™amore come Gesรน lโ€™ha vissuto significa partecipare alle energie del Risorto, passare dalla morte alla vita, significa confessare nelle relazioni quotidiane la fede pasquale. Come l’amore vissuto da Gesรน รจ la forza intima della resurrezione, cosรฌ Gesรน indica ai discepoli la via dell’amore come via per fare della resurrezione una prassi, per vivere cioรจ la novitร  cristiana narrando esistenzialmente nel quotidiano che la morte non ha lโ€™ultima parola.

L’affermazione di Colui che siede sul trono trasmessa in Ap 21,5 “Io faccio nuove tutte le cose” trova una sua ermeneutica nella resurrezione di Gesรน. La resurrezione รจ il punto di vista da cui guardare ogni cosa in modo radicalmente nuovo. Tra prima e dopo la resurrezione di Gesรน nella vita degli uomini e nella storia non รจ cambiato nulla, le tragedie storiche e i drammi personali non sono finiti, e gli umani mostrano con ostinatezza il loro perseverare negli errori, nei vizi e nelle follie di sempre, ma la resurrezione consente di guardare tutta la realtร  da un altro punto di vista e di coglierla come occasione di fare qualcosa di nuovo in noi e tra di noi, dunque nelle nostre vite personali ed ecclesiali, e anche nelle vicende storiche.

La resurrezione ci insegna non tanto ad aspettarci cose nuove e diverse fuori di noi – sarebbe deresponsabilizzante -, ma ci infonde la responsabilitร  di vivere in modo nuovo le realtร  spesso penose e dolorose del quotidiano, ci porta a guardare in modo nuovo e diverso le solite storie e le consuete esistenze. รˆย il punto di vista della resurrezione, ovvero della pratica concreta dell’amore, che porta Gesรน a guardare il tradimento di Giuda, che รจ l’evento che apre la pericope evangelica di oggi (โ€œQuando Giuda fu uscitoโ€: Gv 13,31), come occasione di amore, come possibilitร  che gli viene concessa di vivere con amore. Gesรน non rende migliore Giuda, non lo cambia, non lo converte, nemmeno lo distoglie con opera di convincimento, con esortazioni, con minacce, con esclusioni, da ciรฒ che ha in mente di fare, ma accoglie il reale, e ne fa l’occasione di vivere l’amore e di narrare concretamente l’amore di Dio. Anzi, per Gesรน, il tradimento di Giuda รจ l’occasione di amare anche chi si fa suo nemico. Di narrare dunque che l’amore di Dio รจ per tutti, non solo per alcuni. รˆ anche per chi amabile non รจ, non solo per chi lo รจ.

Il vangelo pone in stretta relazione l’uscita di Giuda dallo spazio comunitario con la glorificazione di Gesรน (cf. Gv 13,31). Il gesto di tradimento, che poteva essere esecrato e biasimato, giudicato e condannato, divenire motivo di espulsione di Giuda dal gruppo comunitario, viene visto da Gesรน all’interno della sua storia con il Padre e dunque come segno della sua glorificazione. La domanda che emerge e che pone in crisi le nostre reazioni, i nostri modi di ragionare e di comportarci anche nella vita ecclesiale รจ: che uso facciamo delle situazioni di conflitto o di ingiustizia? Come ci relazioniamo alle difficoltร  che una persona ci pone con un comportamento ingiusto e offensivo? Spesso la nostra prima reazione รจ l’autodifesa, che รจ piรน che legittima e probabilmente anche doverosa in molte occasioni se non sempre. Tuttavia, qui Gesรน mostra un comportamento altro. Per comprenderlo dobbiamo cambiare il punto di vista a partire dal quale consideriamo la realtร  e gli altri. Il gesto di Giuda รจ occasione per Gesรน di domandarsi come continuare ad amare Giuda anche in quella situazione.

Gesรน si trova glorificato dal modo con cui decide (perchรฉ di decisione si tratta) di amare Giuda fino alla fine. Il capitolo 13 di Gv inizia dicendo che Gesรน amรฒ i suoi fino alla fine. Qui ama Giuda fino alla fine. E se l’elevazione sulla croce sarร  per Gv il segno dell’avvenuta glorificazione e la croce sarร  il luogo in cui Gesรน narra Dio pienamente, in veritร  questa glorificazione avviene ora, nella decisione con cui Gesรน sceglie di non opporsi al malvagio. Gesรน sta mostrando ai suoi che tutto, tutto, puรฒ essere vissuto in modo evangelico, ovvero sotto il segno dell’amore. Anche il male che l’altro compie. รˆ chiaro pertanto che lโ€™ora della sua glorificazione non รจ suscitata da Giuda con il suo gesto, ma dall’amore di Gesรน stesso che ha amato i suoi “fino alla fine” (Gv 13,1).

Gesรน perdona, ovvero, continua ad amare con fedeltร  chi smette di amarlo, chi lo tradisce, chi gli mente. E cosรฌ narra esistenzialmente che l’amore รจ piรน forte della morte, che amare รจ prassi di resurrezione, e questo paradossalmente proprio nel momento in cui quello stesso amare lo condurrร  alla morte. Le parole di Gesรน: “Ora, il Figlio dell’uomo รจ stato glorificato” (Gv 13,31) suonano come un grido di vittoria: vittoria perchรฉ il male non ha soffocato l’amore, perchรฉ la delusione e l’amarezza per il tradimento dell’amico non hanno impedito a Gesรน di perseverare unilateralmente nell’amare. Questa vittoria di Gesรน sul male altrui senza che questo male renda cattivo o attiri nelle sue spire di malvagitร  anche lui, รจ resurrezione. Ecco dunque che Gesรน, che sta per lasciare i suoi, che ha lucida coscienza del futuro immediato che gli sta di fronte, per non lasciare soli i suoi, lascia loro un’ereditร , l’indicazione dell’amore come via per praticare la resurrezione. Nella pratica dellโ€™agape vi sarร  continuitร  di Gesรน con i suoi discepoli nella storia.

Qui noi vediamo l’esperienza umana che sottostร  al nostro testo. Vediamo quale sia l’umanitร  di Gesรน. Egli consegna ai discepoli il comandamento di amarsi gli uni gli altri come lui stesso li ha amati. San Gerolamo scrive: “Se questo fosse anche l’unico comando del Signore, basterebbe”. Che cosa vuole Gesรน che rimanga di lui dopo la sua dipartita? L’amore dei suoi discepoli tra di loro. Non dice โ€œamatemiโ€, ma dice โ€œamateviโ€, โ€œamatevi gli uni gli altriโ€. Gesรน chiede che coloro che vivono la vita cristiana si amino. “Come io ho amato voi, cosรฌ voi amatevi gli uni gli altri”.ย Come io: si tratta per noi di trovare in Gesรน, nella sua vita, nella sua prassi di amore e di incontro, il fondamento e la misura da assumere nelle nostre vite per amare coloro che sono accanto a noi.

Possiamo dire che ciรฒ che Gesรน lascia in ereditร  รจ la sua vita e il suo esempio, la sua pratica di umanitร  che ci insegna a vivere insegnandoci ad amare. Gesรน risuscita e si fa presente nell’amore che i discepoli vivono nella storia. La presenza del Risortoย avverrร ย cosรฌ nello spazio relazionale intracomunitario: โ€œgli uni gli altriโ€. Scrive Ignazio di Antiochia: โ€œNella vostra armonia e nel vostro amore concorde si canta Gesรน Cristoโ€. Cristo si fa presente e vivente nellโ€™amore che abita le relazioni nella comunitร  cristiana. E lรฌ si canta Gesรน Cristo, ovvero, si celebra esistenzialmente la sua presenza di Risorto. Ciรฒ che fa la qualitร  cristiana di una vita รจ l’amore, รจ l’umanissima realtร  dell’amarsi gli uni gli altri. L’unica cosa necessaria. Come quello di amarsi รจ l’unico comando, come diceva Gerolamo, che Gesรน ci poteva lasciare e sarebbe bastato.

Mentre ci lascia questo insegnamento sullโ€™essenzialitร  della vita cristiana, Gesรน ci insegna che per amare occorre aprirsi agli altri e accoglierli senza giudicarli, anzi accettando di costruire insieme. Amare รจ sempre volontร  di creare insieme. L’amore implica pertanto la rinuncia alla volontร  di potenza, che ha un carattere marcatamente individuale. Il carattere comunitario e comunionale dell’amore รจ segno del suo essere abitato dalla potenza della resurrezione. Esso ci salva facendoci passare dallโ€™io al noi, al con-gli-altri. Certo, amare, come ci mostra Gesรน nel capitolo tredicesimo di Giovanni, รจ spogliarsi fino a non trattenere nulla per sรฉ. Gesรน si spoglia delle sue vesti, le depone e si mette ai piedi dei suoi fratelli per servirli. Amare รจ darsi fino a non tenere nulla per sรฉ: amando ci si spoglia di tutto, come Cristo che “spogliรฒ se stesso” (Fil 2,7). La morte ci priva di tutto; amando, noi stessi ci priviamo di tutto ma con un atto di morte vitale che dร  senso alla nostra vita mortale. E che scardina la chiusura e lโ€™isolamento in cui consiste la morte. Lรฌ vediamo la vittoria dell’amore sulla morte, l’amore come prassi di resurrezione.


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose

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