don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 3 Novembre 2019

Cristo ha beatificato la cornacchia

Tarchiatello, basso di statura, un po’ cafone come chi detiene una fetta di comando da esercitare: a fidarsi delle pennellate evangeliche, Zaccheo non era certo la celebrazione della bellezza. Figurarsi della nobiltà: si era fatto ricco a spese degli altri, frodando più o meno legalmente: «Un uomo al quale il potere dà alla testa – scrive Henry de Montherlant – è sempre ridicolo». Ancora di più se, per vedere passare l’Uomo ch’è sulla bocca di tutti, si arrampica su un sicomoro: è alla mercè degli sguardi di tutti.

La sua biografia, qualora volessimo scriverla, ha già il titolo di copertina: “La dis(avventura) di uno sguardo”. Tutto parte dal sentirsi uno sguardo addosso, più sguardi addosso. Se non c’è quello non c’è niente, noi torniamo ad essere delle particelle inutili. Gli sguardi della gente: “Guarda chi è quello sull’albero! Vedrai che prima o poi la pagherà. Maledetto strozzino, cane ramengo!”. Il suo passato è nella memoria di tutti, sotto gli occhi di tutti: il suo presente, però, è solo suo. Anche il futuro, che lui vorrebbe diverso dal passato.

Quando Cristo passa, Zaccheo lo sta fissando da tempo: pur strozzino, gli va dato merito d’avere acceso in lui il desiderio della vista. E’ il Cristo-viaggiatore, però, a fare la grande differenza. Poteva proseguire a testa-bassa, con il paraocchi tra la folla, tutto affaccendato nei suoi pensieri. Invece si arresta e trova il tempo di uno sguardo all’insù, giusto là: «Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo». A volte ci sono parole che non dicono niente, sguardi che dicono tutto: «Zaccheo, scendi subito, perchè oggi devo fermarmi a casa tua». Sul sicomoro la salvezza è uno specchio: Zaccheo guarda Cristo, Cristo Zaccheo, i due si squadrano con gli sguardi. Avesse proseguito diritto, Zaccheo avrebbe visto Cristo: e basta. La magia di quell’attimo abita nel fatto che Cristo guarda Zaccheo: e, guardandolo, gli fa la grazia di vederci meglio. Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’uomo. Zaccheo, lassù, è un morto-che-cammina: «Scendi subito». Cristo ha fretta: chi sta male non può attendere. Zaccheo «scese in fretta»: qualora manchi la gioia, come credere al ravvedimento? Quello sguardo l’ha risuscitato: «Lei mi guardava sempre in quel modo, con quello sguardo, sapevo di esistere. Mi sentivo vivo» (dal film Super 8).

L’amore non nega la realtà, la trasfigura: «Scese in fretta, lo accolse pieno di gioia». Dentro-casa, non fuori, in mezzo alla gente chiacchierona: ci sono cose che non si possono discutere in pubblico. Sono cose che necessitano della giusta confidenza, della massima segretezza. E’ in casa che Zaccheo si confessa, è dentro casa che Cristo gli dà appuntamento: fuori c’è troppa voglia di gogna, dentro si respira aria di vergogna. Così la casa del farabutto diventa il confessionale della grazia: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri (…) restituisco quattro volte tanto». Si alza in piedi l’uomo-risorto, il suo passato non lo soffoca più: «Zaccheo si alza e confessa al Signore, alla presenza delle turbe, che è un ladro – scrive don Primo Mazzolari -. lo sapeva anche prima, ma ora lo sa in maniera che non può continuare nel mestiere, mentre in passato riusciva anche a vantarsene». E’ un uomo nuovo, Zaccheo. E mette la firma al suo testamento, mentre è ancora nel pieno delle forze: farlo in punto di morte è facile, la morte lo fa sembrare una sorta di riparazione. Farlo da vivi è salvarsi.

A guardalo dal basso verso l’alto, lassù sul sicomoro Zaccheo pareva una cornacchia: “Chissenefrega – avrà pensato – Riuscire a vedere quell’Uomo vale il rischio d’apparire ridicolo!” Sempre così: chi si sente peccatore ha la salvezza sulla punta del naso. «Oggi per questa casa è venuta la salvezza». Il mafioso di Gerico è stato beatificato. Dopo questa storia non temo più che Cristo non passi per la mia strada: temo che passi senza che io lo veda. Senza che me ne accorga.

Commento a cura di don Marco Pozza

(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)

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Letture della
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Hai compassione di tutti, perché ami tutte le cose che esistono.

Dal libro della Sapienza
Sap 11,22 – 12,2

 
Signore, tutto il mondo, infatti, davanti a te è come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.
 
Hai compassione di tutti, perché tutto puoi,
chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento.
 
Tu infatti ami tutte le cose che esistono
e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato;
se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure formata.
 
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l’avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all’esistenza?
 
Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue,
Signore, amante della vita.
Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
 
Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano
e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato,
perché, messa da parte ogni malizia, credano in te, Signore.
Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 144 (145)
R. Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre. R.
 
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. R.
 
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza. R.
 
Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto. R.
 

Seconda Lettura

Sia glorificato il nome di Cristo in voi, e voi in lui.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 1,11 – 2,2

 
Fratelli,  preghiamo continuamente per voi, perché il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e, con la sua potenza, porti a compimento ogni proposito di bene e l’opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo.
 
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

Parola di Dio

Vangelo

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 19,1-10

 
In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.
 
Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».
 
Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».
 
Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Parola del Signore

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