Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2021

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Il segno del pane

A partire da questa domenica, per alcune settimane, la lettura cursiva del Vangelo di Marco si interrompe per lasciare spazio all’ascolto e alla riflessione sul capitolo 6 del Vangelo di San Giovanni. Dal segno della moltiplicazione dei pani e dei pesci operato da Gesù si sviluppa la rivelazione del Figlio di Dio come vero pane di vita, che ci accompagnerà nelle prossime domeniche. L’immagine della folla che segue Gesù ci riporta idealmente alle riflessioni di domenica scorsa sulla compassione che Gesù sentiva per la gente, che era come un gregge di pecore senza pastore.

San Giovanni in apertura del brano che abbiamo ascoltato dice che la folla lo seguiva perché vedeva i segni sugli infermi. Forse la motivazione con cui cercavano Gesù non era del tutto pura, perché dovuta a bisogni da soddisfare, ma non per questo il Maestro si tira indietro dall’andare incontro alle loro necessità con amore. Forse tante volte anche noi ci avviciniamo al Signore solo nel momento del bisogno, invece di cercarlo costantemente e di coltivare un’amicizia stabile con lui.

Nonostante ciò, anche quel modo maldestro di accostarsi a Lui, può diventare l’occasione di un incontro che ci trasforma. Un altro dettaglio risalta: era vicina la Pasqua. Il segno che Gesù sta per compiere è legato al dono che Gesù farà di sé stesso nel mistero pasquale. Con l’offerta della sua vita, questo segno del Pane troverà il suo contenuto più vero: Gesù non dona qualcosa di sé, ma sé stesso. Guardando la folla, Gesù coinvolge i discepoli: vuole che Filippo, il suo discepolo, avverta proprio come Lui la compassione per quella marea di umanità. Lo sguardo di Filippo, però, è troppo terreno: si sofferma sui numeri, i calcoli e le percentuali.

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Quello che hanno non sarò mai matematicamente sufficiente per sfamare l’intera folla. Andrea, intercettando con lo sguardo cinque pani e due pesci nelle mani di un ragazzo della folla, ne sottolinea immediatamente la penuria per tutti. A questo punto, Gesù invita a la folla a sedere, come un Maestro che insegna ai suoi discepoli e come il servo che si mette ad amministrare la razione di cibo ai commensali del suo padrone. Il buon pastore nutre il suo popolo: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla, su pascoli erbosi mi fa riposare” (Sal 22, 1-2).

Proprio su quel prato verde, Gesù nutre i cinquemila presenti in abbondanza, prendendo i pani e i pesci e dandoli a tutti, quanto ne volessero. Giovanni, con il suo stile profondo, utilizza gli stessi verbi dell’Eucaristia: prendere e dare. Il Vangelo di Giovanni non presenta esplicitamente la narrazione dell’istituzione dell’Eucaristia nell’ultima cena, che è invece sostituita dalla lavanda dei piedi. Questo è il segno che rivela pienamente il suo farsi cibo per l’umanità.

Il suo donare e il suo donarsi non solo soddisfano la fame materiale e spirituale dell’umanità, ma sono così abbondanti da sovrastare di gran lunga queste necessità: è questo il significato delle ceste avanzate. Il Signore non solo viene incontro ai bisogni dell’umanità, ma dà sempre molto di più di quanto possiamo desiderare e sperare. La grazia di Dio, la sua Parola e la sua Eucaristia sono come una fonte inesauribile che pur nutrendo con abbondanza l’umanità, rimane fresca e arricchente per tutti.


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