Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 14 Novembre 2021

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Il fine della storia

Per comprendere il messaggio della pagina evangelica di questa domenica, è importante inquadrarne brevemente il contesto. Gesù sta parlando ai suoi discepoli che commentano la bellezza e la maestà delle pietre che compongono il Tempio di Gerusalemme in tutto il suo splendore. Guardando all’imponenza della costruzione, mosso dallo Spirito profetico, nell’imminenza della sua passione, il Maestro parla ai suoi discepoli delle cose ultime. In questa parte dell’anno liturgico che volge a conclusione, infatti, la Chiesa vuole farci meditare sul fine della storia, quello che il p. Teillard de Chardin definì come il punto omega.

Con la mente cristiana noi non parliamo della fine del mondo e della storia, quanto invece del loro fine. La creazione dal nulla, infatti, rappresenta il punto alfa, l’inizio della storia, che non è un ciclo infinito e casuale di eventi, ma una linea orientata verso il compimento, il ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi. Dall’antica concezione greca della storia come di un ciclo che si ripeteva infinitamente e di cui gli uomini di ogni generazione erano prigionieri, la rivelazione giudeo-cristiana ci ha portato alla verità di una storia orientata, che Dio, attraverso il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione, ha reso una storia di salvezza.

La creazione visibile, il cielo e la terra, il sole e la luna, i mari, i fiumi, i boschi, e tutti gli spettacoli incantevoli che la natura ci riserva e che i nostri occhi creaturali possono ammirare, quando verrà il momento del compimento, saranno trasfigurati. Lo sconvolgimento di cui parla Gesù all’inizio del brano si può parafrasare con le parole dell’Apocalisse: “E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più” (Ap 21,1). Il protagonista di questo momento definitivo della storia del mondo e dell’umanità sarà Cristo, che ritornerà glorioso e potente. Tutto passa, anche la stessa creazione, Lui resta per sempre! Gesù alla vigilia della sua passione, prima di essere umiliato e reso impotente sul legno della croce, preannuncia che nel giorno finale Egli tornerà vittorioso e glorioso. Colui che innocente sta per essere giudicato dagli uomini, alla fine dei tempi tornerà come vero Giudice di tutta l’umanità.

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Nella sua vita terrena, manifestandosi nell’umiltà della carne umana, fino ad essere disprezzato e reietto specialmente nell’ora della morte, Gesù è riconosciuto come Signore e Dio solo con lo sguardo fede. Così accade anche nel tempo della Chiesa, avendo Egli disposto di proporsi alla libertà e alla fede dei credenti, senza imporsi. Al suo ritorno glorioso, però, non ci saranno più scusanti, dalla fede si passerà alla visione: tutti lo vedranno e lo riconosceranno così come Egli è, nello splendore e nella maestà della sua gloria. Le ingiustizie, i soprusi e le menzogne scompariranno come fumo, mentre la verità risplenderà per sé stessa. Attraverso un vortice di luce, come genialmente lo ha rappresentato Michelangelo nello stupendo affresco del Giudizio universale della Cappella Sistina, tutti gli eletti saranno attirati attorno a Lui da ogni angolo del cielo e della terra.

Le divisioni, le separazioni, le differenze non ci saranno più, ma chi lo amato veramente troverà in Lui il suo centro pieno e definitivo. Attraverso le vicende della natura e le trame liete e tristi della storia degli uomini, ci viene ricordato costantemente che “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,29). In ogni epoca e latitudine, uomini di ogni razza, cultura, estrazione e sensibilità, anche all’interno della Chiesa stessa, hanno cercato di porre una data certa a questi eventi, evidentemente senza conseguire alcun risultato. Dio stesso, infatti, nel suo piano imperscrutabile ha deciso di tenere nascosto questo alla conoscenza degli uomini, perché tutti vivano in una costante tensione spirituale verso tale Incontro. L’unico modo per affrontare il Mistero è quello di mantenersi sempre pronti, vigili, senza abbassare la guardia.

Perché la presenza sconvolgente del Cristo glorioso alla fine dei tempi non ci colga impreparati, come furono trovare all’arrivo dello sposo le vergini stolte della nota parabola del Vangelo di Matteo, che dimenticarono di prendere con sé l’olio delle loro lampade (cf. Mt 25,1-13), così bisogna che noi ci concentriamo sempre, nella nostra vigilanza spirituale, sul Veniente. Chiediamoci in questa domenica: la mia vita è costantemente orientata a questo incontro? Quando penso, parlo e agisco, sono illuminato dalla presenza di Cristo, cosicché quando verrà il momento del mio incontro con Lui, io mi trovi pronto? La liturgia della Chiesa, nella quale siamo introdotti alla sua Presenza attraverso i riti e le preghiere, specialmente nella forma più elevata che è la Santissima Eucaristia, è per noi una vera scuola di preparazione al fine della storia.

Non a caso in ogni celebrazione, dopo la consacrazione sacramentale, l’assemblea proclama: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.


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