Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 14 Febbraio 2021

L’Incontro che purifica

Le leggi rituali dei capp. 13 e 14 del libro del Levitico, che riguardano i lebbrosi, sono ampie e dettagliate. Esse prevedevano severe norme di contenimento, di distanziamento sociale e rigidissimi protocolli di purificazione. Questa premessa è importante per comprendere l’impatto che un episodio come quello che ci viene narrato in questi 5 ultimi versetti del primo capitolo del Vangelo di Marco, doveva avere per i presenti e per l’ambiente giudaico. Il centro del brano evangelico, tuttavia, è dato dallo sviluppo del dialogo profondo e trasformante tra questo uomo, colpito dalla nefasta piaga della lebbra e Gesù, il Figlio di Dio.

La società vedeva in lui un lebbroso, facendo coincidere il suo status esteriore e sociale, con la totalità della sua persona. Gesù, invece, non ha paura di interfacciarsi con lui e addirittura di toccarlo, perché oltre lo schermo della sua pelle segnata dalle piaghe, vede un figlio di Abramo, un uomo, destinatario di tutto il suo amore. Questo sguardo di Gesù ha tanto da dire anche a noi, al nostro modo di approcciarci alle persone che si trovano in diverse circostanze di sofferenza, in condizioni di vita particolari, per situazioni fisiche e spirituali, per errori, cadute, scelte sbagliate.

Dall’approccio di Gesù possiamo attingere uno stile nuovo, un rinnovato approccio umano: parafrasando una celebre espressione di don Oreste Benzi, che era solito ripetere “l’uomo non è il suo errore“, possiamo dire che Gesù ci insegna che l’uomo non è mai la sua condizione, ma è sempre qualcosa di più! Niente, neanche la situazione più disonorevole, fisica o morale che sia, può mai sminuire la sua dignità di immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26). Quest’uomo, riconoscendo la sua condizione e con profonda fede nella potenza di Gesù, si getta ai piedi del maestro e con un’invocazione che è un vero modello di preghiera, gli apre tutto il suo cuore: “Se vuoi, tu puoi purificarmi“.

Il lebbroso viene a ricordarci che la preghiera cristiana non può mai essere altro che una sincera ricerca della volontà di Dio. Egli desidera essere purificato, ma sa che ciò dipende dall’imperscrutabile volontà del Figlio di Dio. L’atteggiamento spirituale di fondo di quest’uomo sofferente è lo stesso che si ritrova nella preghiera del “Padre Nostro”, vero modello di ogni preghiera cristiana insegnatoci da Gesù stesso e di fronte ad esso, il Maestro viene mosso a compassione. Vedendo l’uomo che soffre, al di là di ogni paura, lo tocca e con la sua Parola lo purifica, facendo scomparire ogni segno della lebbra. Ancora una volta, Gesù impone il silenzio, secondo lo stile che nelle ultime domeniche abbiamo iniziato a conoscere, quello del cosiddetto “segreto messianico”, volendo rinviare la piena rivelazione della sua identità al momento culminante del suo ministero, ossia quello della croce.

A questo punto, però, c’è un dettaglio importante. Gesù comanda al guarito di attenersi a tutte le norme rituali previste, perché Egli non è venuto a cancellare la legge antica, ma a darle compimento, dimostrando – proprio attraverso il gesto di toccare il lebbroso e di farlo avvicinare – che la legge non è fine a se stessa, ma mira alla salvezza dell’uomo, al suo bene integrale. Infine, non si può non sottolineare un altro elemento: in soli 5 versetti, per ben 4 volte si ripetono parole legate al campo semantico della “purificazione”. Non sarebbe stato fuori luogo se l’Evangelista avesse utilizzato anche altre espressioni, come “curare”, “guarire”. L’insistenza sul concetto di purificazione vuole suggerirci qualcosa di più profondo sul ministero di Gesù: l’uomo che entra in dialogo con Lui, si affida alla sua volontà e si lascia toccare da Lui e dalla sua Parola, ne esce purificato.

Ogni miracolo di guarigione di Gesù, infatti, ha sempre lo scopo di richiamare a qualcosa di più profondo, alla guarigione del cuore, che coincide con la purificazione dalla malattia peggiore di tutte, il peccato. Non è un caso, che nel capitolo successivo di Marco, quando viene raccontata la guarigione del paralitico, Gesù stesso dica: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua” (Mc 2,10-11).


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