Commento al Vangelo del 28 maggio 2017 – p. Silvano Fausti

Messaggio nel contesto

“Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli”, dice Gesù agli Undici. Terminata la sua missione, quelli che l’hanno accolto cominciano il loro cammino. È il suo stesso di Figlio, che testimonia l’amore del Padre ai fratelli che ancora non lo conoscono. Ciò che il Nazoreo ha offerto a Israele, i “nazorei” lo offrono a tutti i popoli. Chi, in lui, ha scoperto il proprio nome di figlio, lo realizza, come lui, andando verso i fratelli, fino a che il nome del Padre dei cieli sia santificato su tutta la terra.

Il brano è una postfazione, che offre una visione sintetica di tutto il libro di Matteo. Come il finale di una sinfonia, riprende e fonde in un’unica armonia i temi sviluppati nel suo vangelo.

Il testo, come sempre, è rivolto ai lettori, perché facciano anche loro l’esperienza dei primi discepoli. Devono recarsi in Galilea, “sul monte” indicato loro da Gesù (v. 16). Lì lo vedono e lo adorano (v. 17a). Fa parte dell’incontro pure il dubbio (v. 17b), di cui la fede rappresenta il superamento.

Chi si reca sul monte, conosce “il Figlio” e gli è conferito il suo stesso potere (v. 18). È quello di farsi fratello di tutti (v. 19a), perché ogni uomo sia immerso nell’unico amore del Padre e del Figlio (v. 19b), che abilita a “fare” quanto Gesù ha ordinato (v. 20a). In questo modo lui è il Dio-con-noi, per condurre il mondo al suo compimento (v. 20b).

Gesù, il Crocifisso risorto, non ha esaurito il suo compito, né si assenta dal mondo: è presente come l’Emmanuele, il Dio-con-noi, perché in ciascuno si compia ciò che in lui è già compiuto.

La Chiesa ha la stessa “vocazione” del Figlio, che si realizza nella “missione” verso i fratelli. Porta avanti nella storia ciò che Gesù ha detto e fatto, fino a che in ogni uomo riluca la gloria di Dio.

Lettura del testo

16: Ora gli undici discepoli. Coloro che sono inviati, non sono “maestri”: uno solo è il Maestro (cf. 23,8). Sono e restano sempre “discepoli”, che imparano! Non sono padroni, ma ascoltatori della sapienza del Figlio, velata a sapienti e intelligenti, ma rivelata agli infanti (cf. 11,25-27).

E sono undici, non dodici; ne manca uno. La comunità è strutturalmente imperfetta: il peccato e il tradimento è sempre presente, anche in chi ascolta la Parola. Matteo lo sa: per questo insiste, anche qui (v. 20a), che bisogna metterla in pratica, senza sconti.

si recarono in Galilea.  La “Galilea delle genti” è il luogo dove Gesù ha vissuto la vita di ogni giorno, e iniziato il suo annuncio (4,12-17). È in Galilea, luogo della vita quotidiana e dell’ascolto, che il discepolo, ancora oggi, lo incontra.

sul monte, dove aveva ordinato loro Gesù (cf. 26,32; 28,10). Non è un monte qualunque; è un monte preciso, dove lui ha preordinato che lo ascoltiamo, vediamo e adoriamo, ricevendone il potere e la missione. In Matteo ci sono vari monti “teologici” di Galilea. C’è quello dove il Figlio annuncia la volontà del Padre (5,1; 8,1), quello dove si ritira a pregare (14,23), quello dove guarisce i malati (15,29), e infine quello della trasfigurazione (17,1ss), dove risuona la voce del Padre che dice di ascoltare il Figlio.

17. vistolo. Attraverso l’ascolto, la preghiera e la cura verso i fratelli, vediamo la gloria del Figlio.

adorarono. Adorare è portare alla bocca, baciare (cf. 2,2.11). Il fine della nostra esistenza è il bacio del Figlio. È lo stesso del Padre, per lui e per noi!

alcuni però dubitarono. Nell’andare incontro al Signore, che cammina sull’acqua e chiama a fare altrettanto, la Chiesa, come Pietro, è sempre colta da paura e dubbio (cf. 14,31). È la poca-fede, chiamata a diventare quella “grande fede”, che rende presente e operante Gesù, pur nella sua assenza fisica (cf. 8,10; 15,28!). È necessario che i dubbi escano. Una fede che non li conosce, forse semplicemente li evita. Per mancanza di fede!

18: avvicinatosi, Gesù parlò loro. Tutto il vangelo mostra come il Signore si fa vicino e parla.

mi fu dato ogni potere, ecc. Gesù è il Figlio, al quale è dato tutto ciò che è il Padre (cf. 11,27): ha il suo stesso “potere” (cf. 9,8), che conosce solo chi gli risponde (cf. 21,23.24.27). È quello di fare ciò che dice (7,29), di perdonare (9,6) e di vincere il male (10,1). Lo ha mostrato, con potenza e gloria grande, nel segno del Figlio dell’uomo (24,30): la croce!

19. andate dunque. Chi lo ascolta, vede e adora, diventa come lui: figlio, quindi inviato ai fratelli.

fate discepoli. Gli apostoli non devono “ammaestrare”, ma rendere tutti gli uomini discepoli dell’unico Maestro (cf. 23,8) – lo Spirito che guida nella verità del Figlio (cf. Gv 16,13). La loro missione è comunicare agli altri lo stesso potere che Gesù ha comunicato loro: quello di ascoltare e fare la Parola, per diventare un popolo che dà il frutto del regno (21,43).

tutti i popoli. Nel testo originale c’è “genti”: Israele è luce delle genti (cf. Is 42,6). Dio è Padre, e tutti ama come figli. Già ad Abramo fu promesso che in lui sarebbero state benedette tutte le famiglie della terra (Gen 12,3b). La missione, limitata dapprima al primogenito (cf. 10,5s), dopo pasqua è estesa agli altri fratelli. La luce, che con Gesù si è accesa in Israele, ora illumina il mondo.

battezzandoli. Discepolo è colui che è “battezzato” (= immerso). Ma non nell’acqua, dove si muore, bensì in Dio, del cui Spirito si respira e vive. I pescatori di Galilea saranno pescatori di uomini (4,19). Il Figlio li ha pescati dall’abisso per battezzarli nella luce; ora pescheranno i fratelli, facendo agli altri ciò che lui ha fatto a loro.

nel nome del Padre. Gesù è venuto a immergerci nel Padre della vita, di cui avevamo rifiutato il nome, perdendo il nostro.

del Figlio. È nel nome – nella persona! – del Figlio che siamo nel Padre.

e dello Spirito Santo. È nel nome dello Spirito, amore reciproco tra Padre e Figlio, che siamo inseriti nella Trinità, partecipi della vita di Dio.

20: insegnando loro ad osservare, ecc. Diventare come Dio non è un delirio di onnipotenza. Consiste nel fare la volontà del Padre, come il Figlio ci ha insegnato. È il tema fondamentale del vangelo di Matteo, sviluppato nei cinque grandi discorsi, che illustrano quanto Gesù ha compiuto (5,1-7,29; 9,36-11,1; 13,1-53; 18,1-35; 23,1-25,46).

tutto quanto vi ho comandato. Il comando è amare il Padre e i fratelli con lo stesso amore del Figlio (cf.22,34-40)

io sono con voi. Non siamo orfani, né abbandonati. Il Figlio è per sempre nostro fratello: il suo nome è Dio-con-noi (1,23). Il suo essere con noi rende possibile il nostro essere con lui.

tutti i giorni. Il Nazoreo, crocifisso e risorto, è presente tutti i giorni: ci viene incontro ogni giorno e ogni ora in cui, con fedeltà e saggezza, ascoltiamo e facciamo quanto lui ha fatto e detto.

sino al compimento del mondo. Il tempo è un cammino, la cui meta è essere con colui che da sempre e per sempre è-con-noi. Ciò sarà quando, attraverso la testimonianza dei discepoli, tutti diventeranno figli e fratelli.

Pregare il testo

  1. Entro in preghiera come al solito.
  2. Mi raccolgo immaginando il monte di Galilea.
  3. Chiedo ciò che voglio: andare per il mondo a testimoniare con la mia vita di figlio l’amore del Padre a tutti i fratelli.
  4. Lascio risuonare nel mio cuore ogni singola nota di queste parole.

  Testi utili

Solo alla fine della lettura uno capisce pienamente che cosa il testo vuole comunicargli. È quindi bene, sempre ogni volta, ricominciare il vangelo dall’inizio, per capirlo e viverlo sempre di più!

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