Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 28 Gennaio 2022

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Fiducia e speranza

In questa sezione del vangelo secondo Marco Gesù annuncia la Parola con una serie di parabole in cui riprende più volte l’immagine del seme gettato sulla terra. Seminare non è un atto esclusivamente umano, tutte le specie vegetali hanno elaborato sofisticati sistemi di semina servendosi anche di uccelli, insetti, mammiferi per trasportare i semi e propagare la specie. Il principio della vita è un cardine dell’economia della creazione.

Eppure, considerando l’atto stesso del seminare, esso appare come pura “follia”. Seminare è investire sul futuro contando solo su un piccolissimo seme nascosto nella terra, in balia degli animali, del gelo, delle alluvioni, della siccità. Seminare nella prospettiva biblica è un atto di sole fiducia e speranza.

Oggi potremmo dire che è un atto profondamente sovversivo e rivoluzionario. In una società preoccupata esclusivamente del presente, del controllo su tutto, del godimento qui e ora, la Parola del vangelo, ieri, oggi e sempre, orienta il nostro sguardo verso un futuro che non è dato a noi controllare e decidere. “che il seminatore dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce, come egli stesso non lo sa”.

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Seminare è atto di fiducia e speranza, in cui alla fatica che comporta zappare, concimare e preparare il terreno fa seguito il non far nulla, l’attesa inerte.

È atto di spoliazione in cui noi non siamo più il centro, il motore di tutto, ma il centro è il futuro; in questo senso seminare è atto di puro amore, perché quando smettiamo di conoscere noi stessi, quando ci svuotiamo dell’egoismo che minaccia ogni nostra azione e decisione, è allora che scopriamo la libertà di amare, di desiderare, di agire o non agire, di sognare e sperare il bene dell’altro, un futuro di bene e bellezza anche per chi verrà dopo di noi.

Queste parabole ci parlano di piccolezza. Il Regno di Dio non viene in maniera eclatante, appariscente, ma è dentro di noi come il piccolo seme. Questa parola non è semplice esercizio di poesia o arte retorica, per i nostalgici di un tempo che non c’è più, ma ci interpella nel nostro oggi qui e ora, nella vita, nelle relazioni, nelle scelte e decisioni che la nostra esistenza ci pone dinanzi.

Noi seminiamo il seme del regno nella quotidianità “banale” e nascosta delle nostre relazioni. Quel piccolissimo insignificante seme è ogni sguardo, parola, ogni sorriso donato, oggi purtroppo solo intuito dagli occhi, dall’incresparsi dei lineamenti del volto, è un fiore regalato, un filo d’erba, la fragranza di un pane sfornato e spezzato, è una mano che accarezza e vorrebbe asciugare ogni lacrima, è una parola di bene, una pacca sulla spalla, una mano tesa che solleva e sostiene, è l’attesa di chi fa passare avanti un altro, è un minuto di tempo in più dedicato a qualcuno, è un orecchio che ascolta, che accoglie anche quando non comprende.

Nessuno di noi è così povero da non poter seminare, ma tutti siamo chiamati a essere testimoni di futuro oggi più che mai, è una somma di piccole cose che da senso e profondità e nutre e ci sostiene nella fiducia e nella speranza anche nelle grandi decisioni che siamo chiamati a prendere e impegnano il nostro futuro.

Siamo chiamati a un esercizio di gratuità, senza calcoli opportunistici, solo così potremo realmente sperare per tutti coloro che troveranno rifugio all’ombra di quel grande albero che è la nostra vita. Perché “ la sua casa siamo noi se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6).

Ogni seme gettato sul terreno delle nostre esistenze, delle relazioni che viviamo ci ricorda che nonostante il male la vita non è finita perché ogni seme custodisce “una memoria e una prospettiva a prescindere dal tempo, a prescindere da tutto, a prescindere da noi”.

fratel Nimal


Fonte

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