Dehoniane – Commento al Vangelo del 17 Gennaio 2019

Il commento alle letture del 17 gennaio 2019 a cura del sito Dehoniane.


I settimana del tempo ordinario – I settimana del salterio

S. Antonio, abate (memoria)
Compassione!

Abbiamo ascoltato pochi giorni fa, l’11 gennaio, il racconto della guarigione del lebbroso, secondo il racconto di Luca. Oggi ascoltiamo il medesimo evento, ma nel Vangelo di Marco. Un po’ di memoria può aiutarci a confrontare queste diverse narrazioni dello stesso episodio. I due racconti sono molto simili, tuttavia Marco ha un paio di annotazioni che non troviamo nel parallelo di Luca.

Per quanto di dettaglio, almeno all’apparenza, hanno un rilievo significativo. Marco, come è sua consuetudine, pone attenzione ai sentimenti di Gesù, a che cosa si muove nel suo intimo. Non si limita a scrivere, come fa Luca, che Gesù tende la mano per toccare il lebbroso, dicendogli una parola autorevole di guarigione. Aggiunge che «Gesù ne ebbe compassione» (Mc 1,41).

Tutto quello che subito dopo dirà e farà viene generato da que sto sentire interiore, che ci svela il suo modo di essere prima che  il suo modo di agire. Gesù non è soltanto uno che può e vuole guarire le nostre infermità, è anzitutto uno che sa compatirle, nel senso che sa condividerle, patendole con noi, assumendo su di  sé la nostra sofferenza. Anche la seconda particolarità conferma questa visione peculiare.

Gesù, dopo averlo guarito, caccia via il lebbroso (c’è qui un verbo forte, inaspettato) e, «ammonendolo severamente» (il linguaggio rimane alquanto aspro), gli impone il silenzio: «Guarda di non dire niente a nessuno» (1,43-44). Ci troviamo di fronte al cosiddetto «silenzio messianico», tipico in Marco: non bisogna troppo presto divulgare che cosa Gesù compie, perché il suo significato lo si comprenderà soltanto alla fine del cammino, negli eventi pasquali.

C’è però dell’altro in questo atteggiamento di Gesù. Anzitutto egli caccia via il lebbroso, non lo chiama alla sequela, come ha già fatto con i primi discepoli, né gli consente di seguirlo. Ciò che Gesù compie, lo fa gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio, neppure la sequela. Gesù guarisce gli uomini non per legarli a sé, ma per restituirli alla libertà e alla dignità della  loro  vita,  liberata  ora  dal  male che la sfigurava. In secondo luogo, la richiesta di questo silenzio svela che Gesù opera guarigioni esclusivamente per il bene delle persone che incontra, non per il proprio vantaggio, per ricavarne fama, successo, o per dimostrare i suoi poteri straordinari.

Gesù non cerca niente di tutto questo, cerca solo il bene degli altri, di  cui compatisce la sofferenza. Poi, questo lebbroso non riuscirà a stare zitto, ma si metterà «a proclamare e a divulgare il fatto», tanto che Gesù, che non cerca successo o pubblicità, non può più entrare nelle città, ma se ne sta fuori, «in luoghi deserti» (1,45). Prima era il lebbroso a dover rimanere fuori dalla convivenza umana, a motivo della sua malattia; ora è Gesù a doverlo fare, proprio per il fatto di averlo guarito da quella malattia. Anche questo è il segno simbolico di una compassione che giunge a prendere su di sé la condizione dell’altro per portarla con lui.

Il testo della Lettera agli Ebrei si conclude oggi con un’affermazione straordinaria: «Siamo infatti diventati partecipi di Cristo» (Eb 3,14). Ecco l’esito ultimo della compassione di Gesù: egli prende su di sé le nostre impurità per condividere con noi la sua santità.

Questo è l’oggi di Dio nella nostra vita, la buona notizia che oggi dobbiamo ascoltare, per entrare nel riposo di Dio, cioè nella comunione con lui, con la sua gioia e la sua santità, frutto di quella compassione per noi che si è pienamente manifestata e attuata grazie alla carne del Signore Gesù. Di fronte a questa parola non dobbiamo indurire il cuore.

Il nostro cuore, insegna la tradizione patristica, è come un blocco di cera: quando è freddo rimane duro e non malleabile. La cera, per poter essere modellata, deve essere scaldata e sciolta dal calore di una fiamma. La compassione di Gesù sia per noi come la fiamma dell’amore che vince e scioglie ogni nostra rigidità e durezza.

Signore Gesù, noi ti ringraziamo e ti benediciamo, perché riconosciamo che a toccarci non è tanto la tua mano potente, e neppure la tua parola efficace, ma anzitutto la tenerezza del tuo cuore che, diversamente dal nostro, spesso così rigido e duro, è abitato dalla compassione e dalla misericordia. Abbi cura delle nostre infermità, impurità, peccati. Liberaci dal male perché possiamo davvero diventare partecipi del tuo modo di essere.

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Mc 1, 40-45
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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