Come si infrange lโorgoglio delle nostre onde?
Giobbeโฆ straordinaria figura. Uomo di grande fede, letteralmente spaccato dalla sofferenza e dalle non-amicizie. Giobbe, uomo che nonostante tutto non smette di fidarsi di Dio. E si fida di lui anche le angosciate e dure domande sostituiscono benedizione, lode, difesa strenua del divino operato.
La Prima lettura e il Vangelo di questa XII domenica del Tempo Ordinario ci portano in mezzo a tempeste e uragani. Giobbe, leggiamo giร nei primi versetti della Prima lettura, รจ in mezzo a un uragano e i discepoli si ritrovano nella notte in mezzo a una tempesta.
Quello di Giobbe sembra rimandare un uragano interiore che ha distrutto anche le piรน lapidarie certezze e ha fatto emergere la fragilitร delle relazioni o le ha completamente annullate; la tempesta che travolge i discepoli arriva quasi come un fulmine a ciel sereno, a conclusione di giorni fatti di insegnamenti, miracoli, guarigioniโฆ
Cโรจ anche un altro aspetto in comune: per i discepoli รจ notte, ma lo รจ anche per Giobbe. La notte di chi non vede, di chi non ha piรน un senso e un orientamento, la notte di chi รจ stato indurito e reso cieco dalla sofferenza.
Quella domanda dei discepoli a Gesรน โ โMaestro, non ti importa che siamo perduti?โ โ potrebbe ben rappresentare Giobbe, il giusto Giobbe che sembra non aver ricevuto quanto giustizia neppure da Dio.
Ma forse in quella domanda molti tra noi si ritrovano, molti oggi la potrebbero a Dio.
La notte e la cecitร spesso ci tolgono la possibilitร di vedere, di accorgerci di ciรฒ che cโรจ, ci bloccano in noi stessi.
Cโรจ un passaggio nelle due letture che รจ fondamentale: in mezzo allโuragano Dio parla, esattamente come Gesรน nella tempesta. Forse dovremmo semplicemente ammettere che le notti, le nostre notti personali, ci rendono ciechi e sordi, ma non fanno sparire Dio. Noi nei momenti difficili, esattamente come Giobbe, chiamiamo Dio alla sbarra, gli chiediamo di dimostrarci la sua presenza, gli imputiamo assenza e impotenza solo perchรฉ non allโaltezza delle nostre richieste e aspettative.
Ma quando agiamo cosรฌ dovremmo piรน correttamente chiederci in quale Dio crediamo.
Mi dico piรน volte, e ne sono certa, che quando nella notte della vita la prima cosa che ci viene in mente รจ: โE allora Dio non esisteโ, oppure: โA cosa รจ servito essere giusti e credenti se poi Tu ci hai mandato questo?โ.
E sempre quel retrogusto amaro: โNon ti importa di noi e della nostra vita?โ.
Ma lo ripeto, il punto รจ un altro, e servono occhi liberi e cuore aperto per accorgersene: nellโuragano Dio parla e nella tempesta Gesรน dorme. Cioรจ: ci sono, sono presenti. ร questo ciรฒ che dobbiamo ricordare nella notte: Dio resta, Dio รจ con noi, Dio sostiene, la nostra fiducia, il nostro percorso, le nostre difficoltร . Lui resta anche nellโuragano del nostro rifiuto o della nostra superbia, quando orgoglio o sofferenza ci rendono ciechi e sordi.
ร Gesรน che nel Vangelo ci riporta al centro, o meglio rivolge a noi, esattamente come ai discepoli, la domanda chiave: โPerchรฉ avete paura? Non avete ancora fede?โ.
Giร , la pauraโฆ Paura di ciรฒ che a un certo punto tutto sfugga dalle nostre mani, paura che ogni progetto fallisca, paura che quel Dio in cui abbiamo riposto tante certezze non risponda piรน, paura di non farcela, paura di scoprirci soli e deboli.
- Pubblicitร -
Come fare allora perchรฉ la nostra fede cresca?
Come fare per divenire capaci di vedere nella notte Dio dormirci accanto?
Come fare per non smettere di sentire la sua parola negli uragani?
La risposta รจ nella seconda lettura.
Lโamore di Cristo, lโamore che รจ Cristo puรฒ darci occhi nuovi, per guardare ogni cosa e persona in modo nuovo, per andare in profonditร , per accorgerci dellโinvisibile, per vedere il nuovo che nasce anche tra le macerie.
Per gentile concessione di Sr. Mariangela, dal suo sito cantalavita.com