Abissi
Ci siamo scoperti agapetoi, amati. O forse ci stiamo scoprendo amati.
Non facile, con tutto il caos che abita le nostre vite, le nostre menti, le nostre emozioni.
Ma possibile: il cristianesimo รจ esattamente, un percorso alla ricerca di Dio sulle orme di Gesรน.
E, con fatica, da stagisti vogliamo imparare ad amare.
A non essere il centro dellโUniverso, storditi e affamati di like o spenti sotto il macigno del vittimismo. Vogliamo (vorremmo) diventare liberi seguendo la veritร che รจ Cristo.
Per non essere spazzati via, travolti dal nulla, anche se pieno.
Per non inseguire lโillusione che la fama, la ricchezza, il consenso, riempiano il cuore.
Come il racconto stordente e aspro del vangelo di oggi.
NN
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Il ricco della parabola non ha un nome, รจ definito da ciรฒ che mangia, da ciรฒ che possiede, dal suo palazzo, dalle sue vesti.ย Il racconto lo dipinge con tre pennellate: รจ ricco, veste di porpora e bisso, banchetta lautamente tutti i giorni.
Sapere cosa mettere sotto i denti, giorno per giorno, per arrivare al giorno successivo, era il problema principale. Raramente la gente mangiava fino a saziarsi.ย
Il ricco, invece, festeggia tutti i santi giorni. ร lui la misura del calendario. Lui decide che รจ festa.
Ogni giorno per lui รจ festivo, e organizza un lauto banchetto.ย
Questa cosa ha talmente colpito lโimmaginazione delle prime, affamate comunitร cristiane che il banchetto, epulรฆ in latino, รจ diventato il carattere distintivo del ricco: epulone, cioรจ banchettatore, vorace, mangiatore, gaudente.
ร tragicamente sazio, si compiace del fatto che รจ il Signore della sua vita. Non viene descritto come una persona malvagia, non รจ un brigante, รจ solo solo. Al centro di tutto.ย
ร ricco: una condizione rara, allora come oggi. Ma il testo non si sofferma sulla sua condotta morale: non si dice se sia un credente o meno, nรฉ se sia una persona corretta, se abbia fatto i denari col malaffare. Forse sale al tempio qualche volta durante lโanno, versa una lauta offerta facendosi ammirare e ricevendo le lodi dei sacerdoti di turno. Veste di porpora e di bisso, che รจ un lino egiziano pregiato.ย
La porpora รจ una tintura che si otteneva grazie a dei molluschi che vivono nel mar Rosso e nellโoceano indiano. Ne servono migliaia per tingere la stoffa e lโuso della preziosissima porpora era inizialmente riservato agli imperatori, ai sacerdoti e, solo in etร imperiale, ai ricchi per sfoggiare le loro possibilitร economiche. Il ricco, banchettando, ostenta tutta la sua opulenza.
ร imperatore del suo mondo. Come a volte accade anche a noi.
Invece
Invece un mendicante di nome Lazzaro, era gettato alla sua porta.
Cosรฌ, letteralmente, scrive Luca per sottolineare il contrasto, lo stridore, la totale opposizione: invece.
Lazzaro รจ privo di tutto, non ha casa, non ha vestito, non ha salute. ร gettato alla porta del ricco, รจ coperto di piaghe, di ulcere, รจ passivo, non riesce nemmeno ad allontanare i cani che gli si avvicinano per leccargli le ferite. Gesto di compassione o anticamera della morte, scegliete voi.
Possiede solo due cose.
Possiede il desiderio di sfamarsi di ciรฒ che cadeva dalla tavola del ricco.ย
Lโultima cosa che resta di lui, annichilito come persona, una โcosaโ gettata (bร llo scrive Luca) รจ il desiderio. Ha molto desiderato. Desidera. ร ciรฒ che resta di noi, quando tutto il resto scompare.
Tace, Lazzaro. Desidera ma non dice. Forse non ha nemmeno piรน la forza di parlare. Forse non osa. Forse vuole solo lasciarsi andare. Desidera cibarsi delle briciole cadute dalla tavola del ricco.
Possiede un nome. ร lโunico personaggio in tutte le parabole, di tutte!, che ha un nome.
Il nome, in Israele, indica lโidentitร profonda, ciรฒ che sei dentro, nella tua anima, nella tua essenza, ciรฒ che Dio rivela a te stesso e che sei chiamato a scoprire.
Si chiama Lazzaro. Dio aiuta.
Funerali
Lazzaro รจ il primo a morire, bella forza. E la morte, per lui, รจ stata una liberazione.
Nessun funerale, immaginiamo. Gettato in una fossa comune.
A quel punto diventa affare di Dio che manda un corteo di angeli a prelevarlo per portarlo direttamente nellโabbraccio di Abramo. Abramo! Lazzaro passa direttamente al vertice di tutti i giusti, ha scalato in un solo colpo la scala gerarchica.ย
Al tempo di Gesรน i rabbini dibattevano: si pensava che la parola di Abramo potesse liberare un ebreo anche dalle fiamme dello Sheol. No, sembra ribattere Gesรน, non basta essere ebreo. Bisogna essere vigile. E solidale.
Muore anche il ricco e, semplicemente, viene sepolto.
Nessuna processione angelica per lui, nessun abbraccio. Solo la comune esperienza della terra che copre il suo corpo e inizia a decomporlo. Mentre la sua anima scende anchโessa nello Sheol, nellโAde, scrive Luca in greco, la lingua dei vangeli. Il luogo dove si pensava, al tempo di Gesรน, finissero i morti.
Finisce fra i tormenti, fra le fiamme. Brucia come una scoria.
Vede Abramo, sรฌ, ma da lontano. Unโenorme distanza li separa. Un abisso che lui, il ricco, ha scavato.
Dialoghi
Nello Sheol ci si vede, secondo la dottrina del giudaismo.
Il ricco vede il povero Lazzaro, ancora silente, ma abbracciato.ย
Abbracciato teneramente. Ottiene lโattenzione dal padre di Israele, da Abramo, il primo fra i cercatori di Dio. Nessuno lo aveva abbracciato, in vita. Ora Abramo se lo tiene vicino.
Il ricco รจ tormentato dalla sete, osa parlare al padre Abramo.ย
Chiede di poter avere una sola goccia dโacqua da parte di Lazzaro, tanta รจ la sua arsura, o di avvisare i famigliari.
No, non รจ possibile, dice Abramo. Fra noi e voi cโรจ un abisso.
Il ricco non รจ condannato perchรฉ ha oppresso il povero. Ma perchรฉ lo ha ignorato.
Empietร e durezza di cuore vengono puniti, pietร e rassegnazione, compensati.
Esiste una parola-chiave nel racconto. Efficace e drammatica. Abisso.
Un abisso separa Abramo, Lazzaro e il ricco. Un abisso invalicabile, che non permette comunicazione, passaggio, salvezza. Un abisso che il ricco ha scavato, giorno dopo giorno, con la sua indifferenza.ย
Abramo quasi si scusa, in imbarazzo. Potrebbe anche aiutarlo, inviargli Lazzaro con un poโ dโacqua. Ma lโabisso impedisce ogni azione.
Siamo
Dio รจ fuoco.
Se siamo carta moneta, incontrandolo bruceremo. Se siamo oro, incontrandolo ci fonderemo in lui.
Se siamo cera, ci accenderemo.
Non costruiamo abissi di indifferenza, in questa vita. Non diventiamo imperatori della nostra vita o ci destiniamo ad unโeterna solitudine.
Perchรฉ anche Dio fa quel che puรฒ.
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