Paolo Curtaz – Commento al Vangelo di domenica 21 Agosto 2022

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Porte

Gesรน sta salendo a Gerusalemme con fare deciso, determinato. Ha indurito il suo volto.

Sa bene che nella cittร  che uccide i profeti ci sarร  la resa dei conti.

Ma non vi sale imbronciato, incattivito, non fa la vittima, come a volte facciamo noi.

Non mette se stesso al centro anche se per lui รจ un momento difficile. Anzi.

Salendo predica per i villaggi, si ferma, annuncia, guarisce.

Ama.

รˆ venuto a portare il fuoco. E continua a lanciare scintille sperando che prima o poi attecchiscano.

Non รจ un grande riformatore, non รจ un innovatore, non vuole essere scambiato per un guaritore, un santone, unย guru.

Lui per primo brucia. Arde dโ€™amore.

Di passione per il Padre, di desiderio, di anima.

Perciรฒ non puรฒ capire.

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Non puรฒ capire quel tale che viene per essere rassicurato.

Che viene per essere applaudito, per vedere il suo nome scritto nella lista dei bravi ragazzi.

Sono pochi quelli che si salvano?

Gli altri, ovvio. Non io.

Idiota.

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Salvezza

Curioso parlare di salvezza ad un mondo che non pensa di averne bisogno.

Altalenante fra un irragionevole ottimismo e un catastrofico pessimismo, il nostro mondo non sente bisogno di salvezza.

Di Salvatori sรฌ, continuamente.

Qualcuno che faccia al posto nostro, che risani il pianeta, elargisca lavori, regalie e prebende, ripiani ogni dissidio. Aumenti stipendi e pensioni e condoni le tasse e dia posti di lavoro, anzi meglio, che dia uno stipendio senza neppure lavorare. Ma che non chieda niente a me. Salvi e basta.

Ma no, sinceramente, non abbiamo bisogno di salvezza.

Perchรฉ anela alla salvezza chi ha fatto lโ€™esperienza di essersi perduto.

E siamo troppo sazi per sentire ancora quellโ€™urlo dellโ€™anima, quella mancanza profonda che diventa il trampolino di lancio per cercare. Troppo vittime per fare gli adulti e rimboccarci le maniche.

Troppo sprofondati nel vittimismo e nella paura per prenderci, sul serio, cura di noi stessi.

Il tizio che si avvicina al Signore pensa di essere in regola.

Osserva i precetti, almeno quelli principali.

No, certo, non รจ uno stinco di santo.

Ma sicuramente migliore di quelli che gli stanno attorno.

Come, a volte, pensiamo di essere noi. Non siamo poi cosรฌ male, diamine!

Regole e timbri

รˆ la tentazione che colpisce noi discepoli, noi cattolici di lungo corso, quando smarriamo la dimensione dellโ€™attesa, lโ€™ansia del discepolato, quando crediamo che le mura della cittร  siano talmente robuste da non necessitare, in fondo, della veglia della sentinella.

Colpisce come un cancro noi discepoli, quando, dopo una strepitosa e travolgente esperienza di Dio, sentiamo dโ€™improvviso di essere entrati in un gruppo a parte, e guardiamo con sufficienza โ€œgli altriโ€, quelli che non capiscono, che non conoscono, quelli che hanno fatto altri percorsi di Chiesa, quelli che la domenica, a Messa, si annoiano e non colgono la dimensione dellโ€™interioritร , quelli che, fuori, non capiscono e ci attaccano, ci insultano, ci offendono, ci giudicano, ci attaccano.

Anche noi, in fondo, pensiamo di essere dei prescelti.

E se ci sbagliassimo? Meglio chiedere a Gesรน.

Che non ama accarezzare per il verso del pelo.

Incomprensioni

Il rischio cโ€™รจ, ammonisce Gesรน.

Di investire tanto della nostra vita a cercare un Dio che, alla fine, non ci riconosce.

Non perchรฉ lunatico, ma perchรฉ, semplicemente, non ci ha mai incontrati.

Allora a chi abbiamo rivolto le nostre preghiere? In quale Dio, sul serio, crediamo?

Al Dio assicuratore? Garante dellโ€™ordine morale? Al Dio che cโ€™รจ ma chissร  comโ€™รจ veramente? Al Dio dei preti?

Sarebbe assurdo arrivare davanti alla porta, tenendo in mano, in ordine, tutti i fioretti fatti, le (presunte) buone azioni svolte, il rispetto (in linea di massima) delle norme che ci hanno insegnato e, con stupore, non riconoscere il volto del Dio di Gesรน.

Che ci allontanerร  se non avremo praticato la giustizia (non la coerenza, non lโ€™apparenza, non la devozione).

Se non avremo amato il fratello. E il nemico. O ci avremo provato.

Se non avremo perdonato. O ci avremo provato. Cavolo.

Strettoie

รˆ stretta la porta.

Non esclusiva, non escludente. Ma perchรฉ uno solo รจ la porta: Cristo. Lui solo ci conduce a Dio.

Nelle cittร  fortificate cโ€™era sempre la porta principale, sprangata durante la notte e sorvegliata. E una piรน piccola, nascosta, conosciuta solo ai cittadini, per le sortite notturne.

La strada stretta del vangelo non ha a che fare col sacrificio o la penitenza, ma con laย diversitร .

Tutti seguono il flusso, senza porsi problemi, lasciando ad altri la fatica del pensare.

Noi no. Pensiamo, prima di agire. E preghiamo. E amiamo.

E il vangelo, sempre, resta lโ€™ultimo criterio di giudizio, anche se non lโ€™unico.

Ci vuole tutta la vita per diventare cristiani, tutta la vita per diventare uomini, tutta la vita per liberarci dai troppi condizionamenti che ci impediscono di cogliere lโ€™assoluto di Dio in noi.

Attenti, allora, al rischio dellโ€™abitudine, al modo piรน triste di essere cristiani, che รจ quello di credere di credere, di confondere la propria sensibilitร , il proprio stile di preghiera, la propria esperienza in un gruppo con lโ€™unico modo di essere cristiani. Avremo delle sorprese, ammonisce il Signore.

Persone che giudichiamo lontane da Dio, persone che in cuor nostro devotamente giudichiamo come peccatori e lontani da Dio, li vedremo a mensa col Signore, vedremo i pagani, gli atei diremmo oggi, come profetizza Isaia, officiare nel tempio di Gerusalemme come sacerdoti. Perchรฉ lโ€™uomo guarda lโ€™apparenza, Dio guarda il cuore. Animo, amici, Dio ci vuole bene e ci prende sul serio, ci scuote se necessario, ci invita, ora e sempre a diventare veramente discepoli secondo il suo cuore.

Proprio perchรฉ ci ama ci corregge, invitandoci a superare la tentazione del sentirci arrivati.

Cristo brucia.

Il suo amore brucia, lasciamolo divampare.

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