<<Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò>>.
È bello che il Vangelo ci rivolga queste brevi e intense parole proprio in un giorno in cui si fa una memoria mariana. Infatti il titolo con cui viene oggi ricordata Maria è <<Beata Vergine Maria del Monte Carmelo>>. Se l’immagine del monte è quella di Cristo, la nostra vita spirituale è cercare di scalare questo monte per arrampicarci fin sulle braccia di Gesù.
Al Signore andiamo perché fondamentalmente sperimentiamo nella vita P affanno di vivere e l’oppressione di non sentirci liberi. E finché non troviamo il coraggio e l’umiltà di consegnare a lui la nostra stanchezza e oppressione allora continueremo a vivere con l’acqua alla gola e con la costante ansia di volerci salvare da soli.
La fede è decidersi a non vivere più come se fossimo soli al mondo, e a lasciare che Gesù entri in maniera decisiva in ogni frammento della nostra esistenza: <<Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». Il giogo è un attrezzo che tiene insieme due buoi che tirano un aratro. Se l’aratro è la nostra vita, Gesù è colui che si mette accanto a noi per portare il peso della vita insieme con noi.
È ciò che accade a Simone di Cirene quando porta la croce insieme con Gesù. Tutti sono convinti che è il Cireneo ad aiutare Gesù, ma la verità è un’altra: è Gesù ad aiutare il Cireneo perché quella croce è la croce di ogni uomo che Gesù abbraccia per amore. E lo fa con “mitezza e umiltà”.
Il contrario di questi due atteggiamenti è “la rabbia e la superbia” , e troppe volte noi viviamo arrabbiati e facendoci violenza nel voler risolvere tutto da soli e sempre. La verità è che la nostra vita cambia quando noi cambiamo l’atteggiamento con cui la viviamo. E possiamo cambiare atteggiamento perché sappiamo in fondo di non essere soli. Senza questa memoria tutto è vano e mortifero.




Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020
Certo, Signore, veniamo a te. Perché ci sentiamo oppressi e stanchi, perché il peso della vita, in alcuni momenti, è davvero insostenibile. Veniamo a te perché sappiamo che solo in te troviamo conforto e incoraggiamento.
Non vogliamo che tu risolva i problemi ma che ci renda capaci di vederli nella giusta prospettiva, senza lasciarci scoraggiare, senza piangerci addosso, senza fuggire. Veniamo a te, Signore, non perché non sappiamo dove andare ma perché tu solo, ora e sempre, ci dai la possibilità di vedere le cose in maniera radicalmente diversa.
Veniamo a te perché il mondo ci seduce ma non ci vuole, ci spreme come dei limoni, ci chiede fiducia cieca nelle sue leggi, nel suo mercato, nelle sue logiche ma dimostra mille volte di non volere davvero il nostro bene. Veniamo a te perché sei l’unico che ti sei caricato, come noi, del peso della vita. Senza scorciatoie, senza preferenze, senza inganni.
Un Dio che diventa uomo sul serio, che impara a ridere e a piangere, che ha amato come nessuno mai ha amato, fino a morirne. Veniamo a te, Signore, in questa estate fiacca e scoraggiata, segnati dalla delusione e dallo sconforto. Veniamo a te, Maestro.
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