Il commento di don Franco Mastrolonardo.
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Siamo piccoli, nonostante ci atteggiamo a grandi. Non a caso, sono proprio i bambini che imitano i grandi. Così anche noi, adulti per l’anagrafe, ma con un inguaribile cuore di bambini, ci trucchiamo, mascheriamo, cercando di sollevarci una spanna sugli altri, per apparire maturi, saggi, affidabili. I migliori insomma. Quando scopriamo d’essere così, quando i nostri figli cercano l’indipendenza, quando i pensieri ci vogliono spingere verso una stolta autonomia, non c’è nulla di strano e di cui stupirci.
E’ vero, siamo infantili, capricciosi come i bambini. Siamo “piccoli”. Bene, quando gli eventi e le persone ce lo mostrano senza lasciarci scampo, è il momento propizio per accettare d’esserlo, senza giudicarci e disprezzarci. Occorre solo fermarsi e non ricominciare a scappare e a metterci baffi e barba finte o quintali di rossetto e fondotinta. Quando la storia ci smaschera è una “benedizione”. Benedetti i giorni così come “piacciono” a Dio, perfetti per la nostra conversione alla santità. Benedetti coloro che non ci lasciano navigare tranquilli a cento metri d’altezza; benedetta nostra moglie quando ci dice la verità e ci scopre a cercare consolazioni effimere di carne malsana davanti al computer; benedetto nostro marito quando ci svela intrappolate nella vanità; benedetti i genitori che sanno rimproverare e richiamare alle responsabilità e all’obbedienza i propri figli; benedetti i mal di denti che ridimensionano i muscoli cesellati in palestra; benedetto il capoufficio che non ci fa sentire unici e indispensabili; benedetta la fidanzata che ci richiama al rispetto; benedetto chiunque incarna il vignaiolo che ci viene a potare perché, “rimpiccioliti”, possiamo dare più frutto.
Solo allora, spogliati della presunta grandezza, saremo capaci di prestare ascolto alle confidenze del Signore, le Parole con le quali ci rivela i misteri del Regno, ci fa conoscere suo Padre, ci mostra la porta stretta attraverso la quale si può entrare nella pace. Dove c’è già qualcosa di “grande”, la “sapienza” e l'”intelligenza” della carne, non c’è spazio per la “grandezza” delle “cose” di Dio e di Gesù. La Trinità si ferma dinanzi alla superbia, si “nasconde”, tace e occulta i suoi segreti. Solo chi è piccolo per adagiarsi sugli spazi angusti della Croce può intuire l’ampiezza infinita dell’amore celato in essa; è così che vanno le cose con Dio, solo alle frequenze bassissime, impercettibili Egli può comunicare se stesso; solo nella piccolezza alla quale Dio conduce gli apostoli si può ascoltare e accogliere la sua Parola ed essere rapiti nell'”esultanza benedicente” di Gesù che trasforma la vita in un rendimento di lode nella comunione intima della Trinità. Padre Figlio e Spirito Santo attendono solo di donarsi ai piccoli per colmarli dell’amore che li unisce. Finalmente piccoli, finalmente così come siamo, mettiamo, come Giobbe, la mano sulla bocca, e impariamo il silenzio stupito dell’infante.
E’ tutto troppo più grande di noi. Non sappiamo. Non conosciamo. Non capiamo. Accettiamolo. Conosciamo Dio per sentito dire, impariamo a conoscerlo attraverso gli occhi di un cuore puro, piccolo, infante. Tu ed io, oggi, siamo “quelli ai quali” il Padre “vuole rivelare suo Figlio”. Scopriremo che, nella nostra vita, anche quando l’evidenza che ci sfiora la pelle e ci fa tremare il cuore ci dice il contrario, “tutto è stato dato a Gesù”. Nulla di noi, neanche il momento più buio, è fuori del suo controllo amorevole: “tutto” è suo, nulla escluso. E in questa esperienza del suo potere infinito, della misericordia che “tutto” copre e “tutto” perdona, conosceremo il Figlio, una persona viva, un fratello che non ci giudica mai, un pastore che ci cerca senza stancarsi. Non è la carne, non è la volontà umana, non sono gli sforzi a farci “conoscere il Padre”: “nessuno se non il Figlio” e ciascuno di noi ai quali, nella Chiesa e per pura Grazia, giorno per giorno, ci rivela la bellezza e la pienezza di una vita da figli liberi, perdonati, sanati, amati. Come aveva sperimentato Francesco, che si sentiva “il più piccolo e più vile tra i frati”, e per questo ha conosciuto Cristo sino a diventargli conforme, crocifisso nel suo amore infinito.
AUTORE: don Antonello Iapicca
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Questi piccoli – ci dice Gesù – sono i soggetti della predilezione divina, sono coloro cui viene rivelato il mistero del Padre e del Figlio. Ma il bambino, il piccolo, non è e non può essere un soggetto che vanta capacità proprie, se non quella della volontà di vivere. E si capisce bene quindi che non è una gara a chi è più intelligente, a chi è più sapiente, ma a chi semplicemente sa accogliere, a chi si pone nell’ottica che può solo essere oggetto di amore e benevolenza, di attenzioni che fanno vivere, non di merito o di contraccambio.
Qui si rivela il Dio di/in Gesù Cristo, perché solamente chiede a coloro che lo ascoltano, lo seguono di farsi accoglienza, di farsi utero in cui si deposita la rivelazione del Figlio e del Padre. E proprio quella rivelazione, che in Maria è avvenuta carnalmente, in ciascuno di noi, se sa farsi piccolo, bambino, ci fa diventare a nostra volta padri e madri del nostro Signore. Il paradosso di Dio!
Esagerazione? Ma non è Dio stesso che è esagerato nei nostri confronti? Dove sta scritto – per una idea di Dio che sia un po’ ortodossa – che Dio debba farsi carne, cibo, bevanda per coloro che è venuto a salvare? Non sarebbe più normale che noi ci sacrificassimo per lui? Niente di tutto ciò. Essere piccoli è la chiave.
Lino Dan SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato
Dal Vangelo di oggi:
“Tutto è stato dato a me dal Padre mio…” (Mt 11,27)
Quindi anche noi siamo Tuoi. Non siamo soli, né orfani, né dispersi. Prima lo scopriamo, prima ne viviamo, e prima la nostra vita acquista umanità.
Il Figlio rivela il Padre a chi si fa piccolo, semplice, povero… a chi accoglie la Parola come segno del Regno di Dio che è entrato in questo mondo.
Questa pagina evangelica fa riferimento alla vita di San Bonaventura, semplice frate, oggi Dottore della Chiesa, cioè colui che guida, insegna con la sua dottrina ancora oggi la cristianità. Ecco la Sapienza donata ai semplici, ai piccoli, ai poveri, a coloro che accolgono il Regno con animo e con il cuore sgombro da ogni egoismo, da ogni dubbio, con un cuore libero, con un cuore pacificato.
Questa è la pedagogia di Dio: rivelarsi ai piccoli, ai semplici, attraverso il Figlio suo Gesù. Oggi chiedo a Gesù di rendermi piccolo, semplice così come è stato lui, per poter avere anche io la Sapienza di Dio in me, il gusto delle cose Divine nella mia vita, per poter essere guida, riferimento, luce, per coloro che mi accostano perché la Sapienza che ci viene donata non è mai per noi soltanto ma è per riversarla sugli altri.
Chiedo al Signore di aiutarmi a fare questo cammino di piccolezza alla scuola della sua Parola e della sua benevolenza.
A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade
Il testo che propone oggi la liturgia è il prosieguo di quello di ieri.
Ieri dicevamo che per accorgersi dei “ prodigi “ che Dio compie nelle nostre vite bisogna “ affinare lo sguardo “.
Oggi capiamo perché è cosi’ complessa questa operazione.
E’ difficile perché siamo “ presuntuosi “, pieni di arroganza, cosi’ boriosi da pensare di essere autosufficienti e di non aver “ tempo da perdere “, nelle nostre giornate, per metterci all’ascolto della Parola.
Noi dobbiamo lavorare, dobbiamo guadagnare: per la Parola c’è tempo, al massimo, un po’ la Domenica, sempre che non ci sia di meglio da fare frequentando qualche centro commerciale o andando a fare una gita!!!
E allora un altro insegnamento.
Solo se ci si fa piccoli, umili, non arroganti, si comprende la nostra dimensione di creature fragili e l’enorme necessità che abbiamo di mantenere un rapporto con il nostro Creatore.
Solo chi ha questo atteggiamento del cuore e del pensiero può veramente mettersi all’ascolto della Parola e fare le proprie scelte a partire da cio’ che essa dice; solo chi è umile e fa fermentare la Parola in lui arriva, attraverso Cristo, a conoscere il Padre, la sua grande bontà e misericordia.
Questa conoscenza intima del Figlio e del Padre lo porta a prendere atto dell’immenso amore che entrambi hanno per lui e, consequenzialmente, naturalmente, docilmente, si converte, assumendo gli stessi atteggiamenti di misericordia e di amore nei confronti di se stesso e degli altri.
Dobbiamo quindi essere piccoli, umili, non presuntuosi.
In questo tempo questa pagina è attualissima.
E’ bastato un piccolo virus a smontare i nostri deliri di onnipotenza, la nostra presunzione di poter vivere senza Dio nella convinzione di essere più capaci di lui.
Pentiamoci della nostra presunzione.
Il Padre è pronto ad accoglierci a braccia aperte e farà festa per tutti i suoi figli che ritornano a lui.
Buona giornata e buona riflessione a tutti.
don Nicola Salsa – Commento al Vangelo del 15 Luglio 2020
L’impronta di Dio in tutto il creato