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Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Abbiamo già ascoltato questo vangelo pochi giorni fa. Andare verso Gesù, prendere l’amore e ristorarsi.

Tre verbi che Gesù ci consegna oggi come strumenti per vivere con autenticità la nostra fede. Solo l’amore ristora. E ci dà la capacità di capire quali si è quali no dirci e dire agli altri.

Per questo la Legge dell’amore è dolce e leggera. Nasce dal cuore, un cuore che ama il suo Dio al di sopra di tutto e di tutti. Ma per andare, prendere e ristorarsi bisogna prima imparare l’umiltà da Gesù stesso. Solo gli umili sanno che hanno bisogno di Dio per vivere. Oggi chiediamo questa grazia al Signore.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Il commento alle letture del 16 Luglio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

E io vi darò ristoro

GIOVEDÌ 16 LUGLIO (Mt 11,28-30)

La vita Dio l’ha posta nell’obbedienza alla sua Parola. Così nel Deuteronomio: “Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore, tuo Dio, preoccupandoti di mettere in pratica tutti i suoi comandi che io ti prescrivo, il Signore, tuo Dio, ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Poiché tu avrai ascoltato la voce del Signore, tuo Dio, verranno su di te e ti raggiungeranno tutte queste benedizioni. Sarai benedetto nella città e benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame, sia i parti delle tue vacche sia i nati delle tue pecore. Benedette saranno la tua cesta e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. Il Signore farà soccombere davanti a te i tuoi nemici, che insorgeranno contro di te: per una sola via verranno contro di te e per sette vie fuggiranno davanti a te. Il Signore ordinerà alla benedizione di essere con te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano. Ti benedirà nella terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti. Il Signore ti renderà popolo a lui consacrato, come ti ha giurato, se osserverai i comandi del Signore, tuo Dio, e camminerai nelle sue vie. Tutti i popoli della terra vedranno che il nome del Signore è stato invocato su di te e ti temeranno. Il Signore, tuo Dio, ti concederà abbondanza di beni, quanto al frutto del tuo grembo, al frutto del tuo bestiame e al frutto del tuo suolo, nel paese che il Signore ha giurato ai tuoi padri di darti. Il Signore aprirà per te il suo benefico tesoro, il cielo, per dare alla tua terra la pioggia a suo tempo e per benedire tutto il lavoro delle tue mani: presterai a molte nazioni, mentre tu non domanderai prestiti. Il Signore ti metterà in testa e non in coda e sarai sempre in alto e mai in basso, se obbedirai ai comandi del Signore, tuo Dio, che oggi io ti prescrivo, perché tu li osservi e li metta in pratica, e se non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle cose che oggi vi comando, per seguire altri dèi e servirli” (Dt 28,1-14). Questa verità attraversa tutto l’Antico Testamento.

Il Nuovo Testamento la ribadisce non in termini di abbondanza, ma di provvidenza: “Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,25-34). Con la nuova creazione, operata dallo Spirito Santo, l’uomo ha bisogno solo di nutrirsi di Parola. Ogni altra cosa è dono del Padre celeste. Questo significa cercare il regno di Dio e la sua giustizia.

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Si va da Gesù, si ascolta la sua Parola, si obbedisce ad essa, si cammina con purissima fede nella sua verità, si vive la vita imitando Lui nella mitezza e nell’umiltà, si prende il suo giogo e si cammina tirando nella storia l’aratro del suo Vangelo, mossi e guidati dallo Spirito Santo, Gesù ci colma di ogni pace e gioia. Quando il cuore è nella pace nulla gli manca. Ha Cristo Gesù che è tutto per esso. Quando nel cuore c’è Cristo, c’è anche il Padre e lo Spirito Santo. È il ristoro perfetto. Nulla più gli manca.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fateci obbedienti al Vangelo di Cristo Signore, sempre.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.

don Mauro Leonardi – Commento al Vangelo del giorno, 16 Luglio 2020

Maria dall’alto della sua grazia si pone sempre in atteggiamento di dono e ci offre come prima cosa il Figlio, peso leggero che porta ai nostri cuori ristori e salvezza.

È pace, è vita

Se viene da te.
Di quel giogo che mi metti sulle spalle.
Sentirò solo le tue mani.
Mani miti, che accarezzano.
Mani umili, che non prendono nulla, ma tutto donano.
Mani dolci, che tolgono le stanchezze.
Mani leggere, che non sento più l’oppressione.
Se viene da te.
È ristoro.
È pace.
È vita.
È casa.

Fonte: il sito di don Mauro Leonardi

Mauro Leonardi (Como, 4 aprile 1959) è un presbitero, scrittore e opinionista italiano.


Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 16 Luglio 2020

L’odierna liturgia propone, in sequenza ai brani letti negli ultimi due giorni, gli ultimi versetti del capitolo 11 del Vangelo di Matteo.

Il Maestro, a conclusione di un lungo discorso che invita alla conversione, al cambio di sguardo, alla capacità di accorgersi dei prodigi che compie nelle vite di ciascuno di noi, dopo averci rivelato la “ chiave segreta “ per riuscire in cio’, consistente nell’essere “ piccoli “, “ umili “, ci incoraggia nel nostro percorso.

Lui sa che siamo creature fragili, spesso stanche, con grandi difficoltà a portare i pesi della quotidianità, da cui, spesso, siamo schiacciati e, da cui, qualche volta, ci facciamo schiacciare per le eccessive “ preoccupazioni “; sa che siamo “ oppressi “ e che abbiamo bisogno di “ ristoro “.

E…allora, ci offre la soluzione.

Ci manda in vacanza?

Ci dice di andare una settimana in una beauty-farm?

No, ci indica l’unica strada che ci consente di non farci schiacciare dalle fatiche, dalle croci, pur esistenti, che fanno parte della nostra vita ordinaria: “ Venite a me e troverete ristoro per la vostra vita “.

Quando quindi ci viene il desiderio, comune a tutti, di fuggire, di scappare via…pensiamo bene a dove andare.

Andiamo da lui!!!

Non c’è bisogno di fare bagagli, preparativi, ore di traffico in autostrada: è molto più vicino di quanto pensiamo.

Basta dedicarsi un piccolo tempo per la preghiera, portargli i nostri affanni, le nostre inquietudini, immergersi nella lettura della sua Parola accorgendosi di come, a distanza di 2000 anni, è di un’attualità pazzesca e parla a ciascuno di noi, scendere di casa, fare al massimo 200 metri ed entrare in una chiesa ove, ogni giorno, lui si fa “ pane da magiare “ e aspetta solo noi.

La frequenza con preghiera, scrittura e sacramenti riesce a farti alleggerire il peso della quotidianità perché, giorno dopo giorno, ti rendi conto che lui realmente è con te, realmente condivide le tue fatiche, realmente porta i pesi con te facendoteli sembrare leggeri.

Venite a me “.

E’ un grande invito da tenere a mente soprattutto in questo imminente periodo di vacanza.

C’è più tempo a disposizione.

E’ una grossa opportunità per iniziare a sperimentare una relazione più profonda con il Signore, è un’occasione per “ andare da lui “ ogni giorno partecipando alla messa anche nella ferialità.

Iniziando si proverà “ gusto “ e, ne sono certo, non se ne potrà più fare a meno.

Provare per credere.

Buona giornata e buona riflessione a tutti.


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don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Chiedi a Maria come capire la vocazione che Dio ha scelto per te

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AUTORE: don Marco Scandelli
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Commento al Vangelo di domenica 19 Luglio 2020 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 19 Luglio 2020 – Anno A, a cura di Paolo Curtaz. Qui di seguito il testo ed il video.

Keep calm!

Se Gesù è venuto a inaugurare il Regno, perché il male sembra prevalere?

Perché l’uomo continua, imperterrito, a rifiutare l’opera di Dio? Mistificandola, manipolandola, stravolgendola? Perché sperimentiamo, in noi e attorno a noi, l’intreccio inestricabile fra luce e tenebre? Dov’è, dunque, la salvezza portata dal Maestro?

Sono alcune delle domande che una comunità composta da giudeo-cristiani, traumatizzata dalla distruzione del tempio, pone a Matteo, l’evangelista, lo scriba divenuto discepolo. Lui, che ha conosciuto il Signore, si accinge a rispondere, traendo dal suo tesoro cose antiche e cose nuove, riportando nel suo Vangelo una delle parabola raccolte dalle labbra del Maestro.

Sono domande che riecheggiano ancora oggi, in questo di tempo di grazia, non di disgrazia, in cui Dio fa nuove tutte le cose, seminando il seme della Parola che attecchisce nel cuore di chi cerca verità e pienezza.

Il cuore della parabola di oggi è molto semplice: nella nostra vita il bene e il male crescono insieme in un intreccio che l’uomo non deve districare, lasciando a Dio di compiere tale opera nella pienezza dei tempi.

È l’esperienza che facciamo tutti, anche dopo avere iniziato un percorso di fede, anche dopo una conversione che ci ha fatto cambiare vita. Pensiamo di essere cambiati, invece l’uomo vecchio di cui pensavamo di esserci sbarazzati, simpaticone, d’ogni tanto emerge e fa capolino nella nostra vita, facendo qualche danno e, soprattutto, gettandoci nello sconforto (Ef 4,22).

In particolare all’inizio del cammino di fede, i neofiti sono piuttosto convinti di essere cambiati, di avere superato la parte oscura. Magari raccontano in giro la loro inattesa conversione (in certi ambienti è diventato quasi un genere letterario!). Accogliere nella propria vita il Dio di Gesù cambia radicalmente il modo di vedere, di sentire, di operare, ci si sente e si è, in effetti, persone radicalmente diverse. Ed è proprio così che accade, davvero c’è un prima e un dopo l’incontro con Gesù.

Ma, come dicevamo più sopra, la conversione non è che l’inizio di un lungo cammino che richiede un’enorme pazienza.

La pazienza di Dio.

Link al video

Un nemico

Un tale semina del grano buono nel campo ma, durante la notte, viene il suo nemico e semina della zizzania, un’erba infestante molto simile al grano, ma che produce un chicco scuro, non commestibile e che, soprattutto, intreccia le sue radici con il grano.

Episodio plausibile: c’è sempre qualcuno che vuole distruggere il lavoro degli altri, con le buone o con le cattive maniere. Bisogna essere realisti: ci sono persone che agiscono per danneggiare gli altri, sperando di ricavarne un vantaggio o credendo di vendicare un torto subito. Anche fra i credenti, anche nella Chiesa.

In questo caso il sabotaggio è davvero malefico: ci si accorge del danno solo quando la pianta, all’inizio indistinguibile, si avvicina alla maturazione del frutto.

Un brutto episodio che fa entrare in scena i servi, addolorati e straniti dall’inquietante episodio.

Il punto di forza della parabola consiste proprio nel dialogo che segue l’episodio.

Al dolente stupore dei servi che chiedono al padrone per quale ragione il campo sia invaso dalla zizzania segue la meraviglia per l’ordine impartito dallo stesso: non devono strappare la zizzania, devono lasciare che cresca insieme al buon grano fino a quando la maturazione del frutto permetterà di riconoscere il grano con certezza, impedendo di strappare qualche spiga per errore.

Stupore motivato: di solito le erbacce nei campi si toglievano ben prima di iniziare il raccolto.

Ma anche sconcerto: la risposta argomentata e saggia del padrone ha, per noi che ascoltiamo, per la comunità di Matteo, per ogni comunità di cristiani, delle conseguenze imprevedibili.

Se Gesù è venuto a salvare il mondo, dov’è questa salvezza?

Non esiste una risposta puntuale ed esaustiva.

Almeno non quella che vorremmo.

Ci sconcerta l’agire di Dio. E la sua pazienza. E la sua logica. Davvero avvertiamo un’abissale distanza fra i suoi ragionamenti e i nostri, fra la sua logica e la nostra (Is 55,8).

Lasciate!

La risposta del padrone è destabilizzante, certo. Ma anche saggia e lungimirante.

Davanti allo zelo dei servi che vorrebbero, come sembra logico, strappare la zizzania, Dio invita ad aspettare, a pazientare. E ne spiega la ragione: strappando anzitempo la zizzania, molto simile al grano all’inizio della sua crescita, si potrebbe erroneamente strappare qualche spiga.

Dal nostro punto di vista è un danno collaterale: cosa volete che sia qualche spiga al cospetto dell’intero raccolto salvato?

Il punto di vista di Dio, al solito, è diverso. Deriva dalla sua ossessiva attenzione alla pecora smarrita (Lc 15,6), all’uno che diventa unico, al marginale che viene messo nel mezzo (Mc 3,3).

La soluzione c’è: pazientare per vedere il frutto, per poterlo distinguere. E, a questo punto, intervenire tagliando entrambi, grano e zizzania e separandoli. L’uno nel fuoco, l’altro nel granaio.

Il padrone non nega la necessità della separazione. Dice solo che non è ancora il tempo e che non spetta agli uomini decidere quando sia il momento.

La pazienza è necessaria perché noi uomini non siamo in grado di compiere la cernita. E perché è Dio ad avere stabilito l’ora della separazione, non noi.

Pazienza

Non siamo in grado di operare correttamente la cernita, non scherziamo.

Grossolani come siamo, e anche un po’ autoreferenziali, noi uomini corriamo il rischio d giudicare gli altri dal nostro punto di vista, appellandoci a convinzioni profonde, radicate che, se esasperate, diventano ideologia, cioè idea assurta a dogma intangibile, cui vanno sacrificate anche le vite umane. E poco importa se queste idee siano ispirate a Dio, anzi, peggio. Nella Storia noi cristiani abbiamo compiuto degli abomini, facendo l’esatto contrario di ciò che insegnava il vangelo… appellandoci al vangelo! Ci vogliono, invece, un po’ di buon senso e di sana prudenza, al fine di moderare lo zelo della distruzione e della soluzione finale che tutti portiamo nel cuore, pugnaci come siamo nel profondo.

 

È Dio ad avere stabilito l’ora della separazione.

E ne intuiamo le ragioni: solo dal frutto riusciamo a cogliere la bontà della pianta (Mt 7,16). Se una spiga è buon grano o zizzania lo capiamo solo quando vediamo il frutto gonfiare lo stelo.

L’apparenza inganna, e Dio lo sa bene.

Persone che sembrano lontane da Dio, travolte dall’ombra, impestate, possono cambiare, convertirsi, fare buon frutto. Perciò i cristiani, inguaribili ottimisti, cocciuti nella speranza, pensano sempre che una persona possa cambiare in meglio. E come tali dovrebbero agire.

Gesù chiede di pazientare perché sa bene che il cuore dell’uomo può cambiare.

Addirittura il nostro.


don Fulvio Capitani – Commento al Vangelo del 19 Luglio 2020

Non spetta a noi dividere il grano buono dalla zizzania “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”

Duemila anni di Vangelo, e sorge una domanda circa gli effetti che i suoi semi buoni producono sul mondo, sugli uomini e che a uno sguardo disincantato appaiono alquanto contraddittori. In questo tempo molti, che sono all’opera nel campo vasto del regno di Dio, vorrebbero superare la difficoltà della contraddizione del convivere del bene e del male nel mondo e nella chiesa.

Essi desiderano una netta distinzione, chi ponendo un netto confine tra Chiesa e mondo, chi invece una radicalizzazione che faccia sue le istanze di questa epoca. Gesù dice nel vangelo che c’è una distinzione ma che non è operata dai volenterosi e zelanti “servi” del campo di Dio, ma solo alla fine, dagli angeli di Dio, quando sarà evidente la differenza tra i frutti buoni e quelli cattivi.

Occorre per salvare i frutti buoni del vangelo, vivere il tempo presente tenendo conto della contraddizione e del misto di bene e di male che attraversa il mondo, la Chiesa e noi.


Commento a cura di don Fulvio Capitani

Parroco di San Jacopo in Polverosa (Firenze)
Assistente della Sottozezione Unitalsi di Firenze Centro
Assistente Ecclesiatico Comunità Toscana Foulards Blancs

don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Gesù ci insegna a lottare per vivere non a vivere lottando contro qualcuno

Giovedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Gesù, dopo aver benedetto Dio che si rivela ai piccoli e non ai dotti e sapienti di questo mondo, si rivolge agli stanchi e agli oppressi. Essi sono coloro, che come lui, sperimentano la fatica nell’amare gli uomini, del credere rimanendo fedeli a Dio e del perseverare nella speranza. Amare è un lavoro faticoso come lo è fare il cammino di ricerca per conoscere e aderire alla volontà di Dio, soprattutto quando s’incontrano forti resistenze a partire dalla famiglia e dalla comunità in cui si vive. Lo stress dovuto alle incomprensioni, alla gestione dei contrasti, alla lotta per parare i colpi di chi offende o di chi pretende qualcosa, pesa sul cuore che senza un supporto valido cede inesorabilmente. Ogni uomo, sin dal momento in cui nasce, impara che per vivere deve lottare, ma crescendo sceglie se lottare per un fine o lottare contro qualcuno. Chi ci sta attorno non sempre ci insegna e ci aiuta a lottare per vivere, ma spesso ci viene inculcato sin da piccoli, soprattutto con i cattivi esempi, che per vivere bisogna lottare contro qualcuno. La scelta di lottare per vivere o vivere per lottare s’impone davanti ai nemici. Essi sono quelli che con il loro atteggiamento ci danneggiano oppure sono ex amici perché non più alleati ma avversari.

Il discepolo di Cristo, come tutti gli uomini, soffre sulla propria pelle il dramma delle lacerazioni nelle famiglie, dei conflitti tra i membri di un gruppo, dei dissidi tra i componenti di una comunità o di un’associazione. Tutto ciò provoca stress che incide sulla tenuta psicofisica e spirituale del credente tentato dalla sfiducia e indotto a usare gli stessi mezzi dei nemici. La lotta contro gli altri uomini si rivela causa di altra oppressione e stanchezza.

Gesù, mite e umile di cuore, propone di unirsi a lui nella lotta, ma non contro qualcuno, ma per la vita. Egli è sì venuto a portare la spada, ma essa è quella della Parola di Dio. È la spada della benedizione e non della maledizione, del perdono e non dell’offesa, della riconciliazione e non dell’ottenimento della soddisfazione personale. Gesù, piccolo tra i piccoli, comprende e testimonia che solo stando unito al Padre si può amare fino alla fine e nonostante tutto e amando vivere la pace del cuore. Gesù, invitando a prendere il suo giogo, propone di condividere con lui l’intimità che lo unisce al Padre e così portare a compimento il lavoro faticoso dell’amore.

Con la mitezza e l’umiltà, che attingiamo al cuore di Cristo, possiamo realizzare la profezia di Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2, 4-5). 


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020 – Don Francesco Cristofaro

Vangelo del giorno e breve commento a cura di Don Francesco Cristofaro.


AUTORE: Don Francesco Cristofaro
FONTE: YouTube
SITO WEB:
CANALE YOUTUBE:
https://www.youtube.com/channel/UC5QE8R_HI_h4XCN_31qhm5Q

d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Noi siamo creature, figli. Tendiamo ad un padre, a dei riferimenti. Finché non è Dio si tratterà in vario modo di un padre padrone. Solo il giogo di Gesù col suo amore delicato può aprire il nostro cuore alla vita e condurla gradualmente in un cammino verso la serenità, la gioia.

Siamo stanchi e oppressi dai molti carichi fasulli che confondono, appesantiscono, inutilmente la nostra vita. Gesù ci porta per una strada sempre più semplice e leggera.

Piccoli, creature, che semplicemente cercano di corrispondere a quel seme di grazia che via via, accolto, matura in noi. Non dobbiamo fare tutto subito, in un perfezionismo astratto da energumeni. Passiamo dal moralismo del fare alla grazia della fede in Gesù. Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Domandano le folle a Gesù.

Questa è l’opera di Dio (prima e più che degli uomini. NdR), Egli risponde: credere in colui che il Padre ha mandato (cfr Gv 6).


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.