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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

E’ un vangelo molto importante questo per capire qual è la rivoluzione che è venuto a portare Gesù.

Potremmo sintetizzarla con queste frasi: dal tempio al corpo, dal sacro all’uomo. O ancora meglio: tempio è il corpo, sacro è l’uomo!

Proprio così: non c’è cosa più importante per Gesù che l’uomo… è talmente importante che in ogni circostanza lo mette al centro… prima di tutto.
È talmente importante che ha dato la vita per gli uomini… e l’avrebbe fatto anche semplicemente per uno solo!

Con questa chiave di lettura vanno letti, ascoltati e meditati i vangeli.

L’uomo al centro… la sua salute… la sua vita… la sua salvezza. Ecco perché messaggio di Gesù si può comprimere nella frase: non puoi amare Dio che non vedi se non ami il fratello che vedi. L’amore per il fratello è amore per Dio.

Se ogni nostra parola e ogni nostra azione avesse come sfondo la domanda: ma quello che sto dicendo o facendo è per il bene del fratello? Tutto sarebbe diverso… tutto sarebbe più bello…

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AUTORE: Don Antonio Mancuso
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don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

“Condannare persone senza colpa”

Gesù viene accusato di compiere qualcosa che trasgredisce la legge ebraica. Ma egli si discolpa citando altri casi avvenuti in passato in cui è stata compiuta la stessa trasgressione di cui viene adesso accusato. Si è trattato di cogliere delle spighe di grano da un campo in giorno di sabato (giorno in cui era vietato) perchè i suoi discepoli erano affamati. Gesù sottolinea che se non si usa misericordia si finisce per usare un’interpretazione tanto stretta e letterale della legge che si finisce con il condannare persone che, invece, non hanno alcuna colpa.
Tante volte o si fa l’esperienza di essere accusati ingiustamente o, al contrario, di condannare persone incolpevoli o di giungere troppo in fretta alle conclusioni, con il rischio di dover fare clamorosi passi indietro.

Nel dubbio sull’agire degli altri è sempre meglio coltivare la migliore opinione possibile, almeno finchè non viene verificata e smentita. E quando i fatti o le circostanze contraddicono anche palesemente questa opinione è sempre meglio chiedere una spiegazione ulteriore all’interessato piuttosto che saltare subito alle conclusioni. Osservando questi piccoli accorgimenti è possibile arrivare ugualmente alla verità, ma custodendo il proprio cuore nella pace, custodendo la fama e rispettando la dignità della persona interessata.

In breve

Prima di affermare che le cose stanno in un certo modo, parti sempre da una buona opinione sull’agire degli altri e, se questa viene smentita dai fatti, prima di giudicare chiedi spiegazioni all’interessato. Custodirai così il tuo cuore nella pace, rispetterai l’altro e giungerai ugualmente alla verità.


Di don Vincenzo Marinelli anche il libretto:

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Commento a cura di don Vincenzo Marinelli

Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

Agli occhi degli esegeti il brano di oggi pare un po’ maldestro. Innanzitutto sarebbe irrealistico il pretesto polemico degli avversari, che avrebbero potuto accorgersi delle spighe di grano strappate dai discepoli di Gesù solamente se si fossero appostati lì di proposito, violando probabilmente il precetto per controllare le violazioni altrui.

Dunque la risposta, con errori grossolani nella citazione biblica soprattutto nella versione trasmessa da Marco, che poi Matteo ha provato in qualche modo ad aggiustare, accorgendosi dei problemi. Infine l’argomentazione decisiva, ad autorità: il Figlio dell’uomo è padrone del Sabato. Forse questa aggiunta è stata necessaria perché la citazione era fallace? Ma possiamo pensare che Gesù, che sapeva tenere testa ai vari interlocutori nei dibattiti sulla Legge, commettesse certi errori nell’argomentare? Probabilmente no.

Ma ciò non significa che vada buttato via questo brano, bensì va collocato nella polemica all’interno delle prime comunità dei seguaci di Gesù, forse per giustificare un’osservanza meno rigorosa del Sabato. Lo facevano richiamandosi a Gesù, probabilmente intervenuto su qualche fattispecie particolare, ma con una motivazione teologica: l’uomo viene prima del Sabato perché è stato creato il sesto giorno, prima del settimo. Per essere riposo, allora deve esserlo davvero anche per noi, e non un fardello.

Questo però non autorizza la violazione del comandamento: è il precetto stesso che, se vissuto come limite a ogni tipo di sfruttamento, implica il riscatto della dignità e della libertà dell’uomo, e pertanto entrambi vanno custoditi nella loro preziosità. Anche un rabbino del secondo secolo disse cose analoghe: «Il sabato è stato consegnato a voi, ma voi non siete consegnati al sabato». Oggi potremmo leggerla così: Dio non si presta mai come scusa per non amare. Pensando a questa pandemia: la Messa non può diventare un pretesto per fregarsene irresponsabilmente delle misure necessarie per impedire la diffusione del virus.

Né tantomeno Dio ci autorizza a condannare chi ci sembra violare le norme, perché non possiamo conoscere la sua coscienza e la sua situazione. La Legge ci aiuta ad amare, e implica pure eccezioni pratiche e di buonsenso per consentirci di vivere la misericordia anche quando, per cause di forza maggiore, ci è impedito di osservarla nel modo ordinario.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

Medita

Per comprendere il significato di questo passo evangelico è utile guardare a chi si rivolge Matteo. La tradizione vuole che Matteo abbia predicato agli ebrei di Palestina. Il suo rivolgersi agli Ebrei lo obbliga a confrontarsi con la legge ebraica fatta di una moltitudine di precetti e regole (ben seicentotredici!). È per questo che Matteo richiama fatti del Vecchio Testamento: per far capire che l’azione di Gesù si inserisce coerentemente all’interno di un percorso di salvezza già annunciato dai profeti.
Il messaggio principale che traspare da questo passo evangelico, però, è un altro. Cosa è che ci salva?
La risposta è eloquente. Non sono le regole e le pratiche religiose a salvarci, ma è la fede in Gesù. Lui è “più grande del Tempio” perché è Dio; come si legge nel prologo di Giovanni: “In principio era il Verbo (Gesù), e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”.
Ed è la fede che ci salva, perché chi giudica è un Dio misericordioso che non vuole sacrifici ed il cui giogo è leggero. Che imputa come peccato solamente il non accoglierlo. Si legge, infatti, ancora nel prologo di San Giovanni: “Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti, però, lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Di salvarsi!

Rifletti

Di fronte alle sfide contemporanee nei campi sociale, economico, politico e scientifico, riesco a testimoniare la mia fede orientando le mie scelte ad una Verità universale del bene, oppure mi limito ad una pratica rituale della religione per poi adattarmi e vivere un’etica sostanzialmente individualistica?

Prega

Maria, che con fede hai accolto l’annuncio dell’angelo
e con fede, in apparente contrasto con la promessa regale umanamente intesa,
hai condiviso la Passione del tuo figlio Gesù,
concedi anche a noi di avere fede nel Verbo incarnato
e vivere con questa fede in Dio
il quotidiano svolgersi della nostra vicenda terrena.


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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don Francesco Paglia – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

“Misericordia io voglio e non sacrifici”

Sembra strano ma Gesù in questa frase sconvolge oggi come ieri la tentazione della religiosità più apparente! Una religiosità che é molto radicata anche in noi cristiani, nonostante Gesù ci avesse avvisati già 2000 anni fa…

Siamo più pronti a fare sacrifici che ad amare con misericordia… C’é gente disposta a donare tutto per il suo santo preferito, ma che invece non é disposta a perdonare, a guardare con occhi diversi e nuovi la sua vita né quella degli altri…

Ma di sacrifici sarebbe disposto a farne fino alla fine! Nel sacrificio l’amore non ha bisogno di alterità, questo é il problema, nel sacrificio la donazione, il gesto di devozione é personale, e se qualcuno prova a dirmi che così é sbagliato eccoci su tutte le furie!

La misericordia invece ti cambia il cuore, e riesce a toccare il cuore di Dio perché tocca quello dell’altro… Proviamoci, vedremo il miracolo di tante conversioni!!


A cura di don Francesco Paglia

Coordinatore del Centro diocesano vocazioni della Diocesi di Frosinone


fra Mario Berišić – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

I discepoli di Gesù hanno fame, e camminando fra i campi del grano, raccolgono le spighe e le mangiano nel giorno di sabato, nel giorno santo per gli ebrei, quando nessuno deve fare neanche minimo lavoro.

Facendo così si mettono in una posizione scomoda, perché il giudizio non mancherà, fanno ciò che non è lecito, fanno quello che è diverso del solito, lo fanno anche nella presenza di Gesù, ma accusa che portano gli uomini della legge non colpirà tanto i discepoli quanto Gesù, perché se lui fosse il vero maestro non avrebbe permesso ai suoi discepoli di fare cose illecite.

C’è sempre la tentazione di passare la vita guardando e aspettando che uno sbagli, per poi usare giudizio che non conosce la misericordia. Non ci è difficile accusare quando uno fa qualcosa di sbagliato, però siamo altrettanto capaci di accusare qualcuno perché ha fatto una cosa un può diversa del solito, un po’ fuori legge.

Gesù ci ricorda che la vita non sta nella legge, la vita va oltre la legge, e spesso sembra che entra in contrasto con essa: “Misericordia io voglio e non sacrifici.” Il problema di questi guardiani è che non riconoscono in Cristo il compimento di ogni legge.

Non dobbiamo spaventarci quando mettiamo l’umanità prima della legge, dobbiamo preoccuparci piuttosto quando la legge diventa strumento di giudizio.

Commento a cura di fra Mario Berišić OFMCap

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d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

Gesù passa con i suoi discepoli nei campi di grano: che immagine meravigliosa e profetica. Loro mangiano quel grano che farà di loro stessi grano macinato per gli altri. Una germinale fame di Cristo fonte di ogni bene, spirituale, umano e materiale.

Solo Gesù, non certo i nostri ragionamenti, ci può condurre in questo sguardo sempre nuovo, così bello, di amore, di gioia e di pace.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 17 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

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don Fabio Zaffuto – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

Un minuto insieme con don Fabio Zaffuto

Le sai fare le punture?


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AUTORE: don Fabio Zaffuto
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p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020

“Venite a me, voi tutti affaticati e oppressi, e io vi darò riposo”. È Gesù il nostro sabato, è Lui il nostro riposo, è Lui il nostro cibo.

Dato che Gesù è questo per noi ne consegue che siamo chiamati a ribaltare la nostra religiosità per giungere alla fede. Non siamo noi per Dio ma è Dio per noi. Non siamo chiamati a vivere di sacrifici per Dio per poterlo placare, ma siamo chiamati a vivere grazie al fatto che Lui vive per noi e ci fa vivere nella sua misericordia.

Gesù è il nostro riposo non la Legge sul sabato che ha di tutto ma poco di riposo. Il nostro riposo non è né il precetto di andare a messa la domenica né la legge che dobbiamo riempire i centri commerciali. Il nostro riposo è Lui che si dona per noi e a noi.

Così il sabato diventa per l’uomo e non l’uomo per il sabato, perché Dio è per noi ed è con noi. Non è con noi contro qualcuno, ma è con noi perché fonte di vita.

È tempo di convertirci ad accogliere la Parola di Dio, la Scrittura non come un libro dove andiamo a vedere che cosa dobbiamo fare, ma un dono di Dio che narra la passione di Dio per noi. Non che cosa dobbiamo fare è la domanda, ma che cosa fa Lui per noi. Che cosa ha fatto e che cosa fa oggi per noi. Questo è il grande riposo.

Riposiamo pregando oggi il grande Hallel, il salmo 135. In questo salmo si canta il fatto che tutto ciò che c’è nella natura e nella storia, ha un solo perché: la sua eterna misericordia. Dopo avere dato ai suoi Lui cibo di vita eterna, pane vero disceso dal cielo, Gesù canta il grande Hallel. Entrare nella dinamica storica del grande Hallel significa essere santi perché Lui è santo, Lui che è fonte di ogni santità. Non è questione né di miracoli né di bravura, è solo questione di accoglienza della vita di Dio in noi. Se per accogliere questa vita di Dio debbo strappare le spighe in giorno di sabato, le strapperò. Se lo strappare le spighe perché abbiamo fame è riconoscimento del suo essere cibo per l’immortalità e pane di vita, le strapperò. Accogliere la fame che c’è in noi è accogliere la vita di Dio e giocarci con la danza di vita del Dio della Vita.

Così il Figlio che si dona per la nostra umanizzazione, vale a dire la nostra salvezza, diventa cibo che ci fa vivere la vita stessa di Dio, facendoci diventare ciò che siamo. Mangiare è vivere: chi prende dove ce ne è perché ha fame, ha tutti i diritti per farlo. Il grano con cui questo pane viene fatto è la conoscenza del Figlio che è data ai piccoli non ai sapienti. Arriviamo al punto: il sabato è Gesù stesso, è Lui il compimento della creazione e della redenzione, Lui è il Risorto. Noi discepoli che mangiamo in giorno di sabato la vita che Dio dona a noi, non mangiamo il frutto proibito in giorno di sabato e non prendiamo il frutto dell’albero della vita, l’albero del bene e del male. Tutto questo non lo prendiamo perché ci è donato. Non vi è colpa nell’accogliere il dono. Anzi, l’accogliere e il mangiare questo cibo ci fa uguali a Dio che vuole misericordia e non sacrificio.

Allora diventiamo Chiesa perché mangiamo. Gesù Signore del Sabato è il nostro Pane, la nostra vita. Noi mangiando di Lui viviamo la libertà dell’essere figli che amano i fratelli. Non più schiavi ma signori della legge perché viventi nella misericordia del Padre. Da qui discende ogni scelta che oggi siamo chiamati a porre in atto dalla vita, se vogliamo essere vivi.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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