Un’azione semplice, il naturale bisogno di sfamarsi, è quello che compiono i discepoli di Gesù. La Scrittura prevedeva che i poveri potessero accedere al superfluo del raccolto (“Quando mieterai la messe … non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero”: Lv 23,22; cf. 19,9).
I discepoli di Gesù sono qui i poveri del Signore, gli anawim che confidano soltanto nel Signore. Ma l’occhio cattivo dei farisei che vedono la scena fruga nei precetti della tradizione un capo d’accusa: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato” (v. 2). C’è una certa ironia nella collocazione intenzionale di questa polemica sul sabato subito dopo la promessa di Gesù di dare riposo ai suoi discepoli (cf. Mt 11,29).
La risposta di Gesù consiste in un puntuale rimando alla Scrittura santa, con domande su due rilevanti precedenti biblici, che ribaltano le carte in tavola: quei farisei senza dubbio avevano letto la Scrittura, ma senza obbedirla né comprenderla. La prima domanda di Gesù allude a Primo libro di Samuele 21,1-6: David, in fuga da Saul, mente al sacerdote Achimelech, provocandone indirettamente la morte (cf. 1Sam 22,14-19). Se i farisei non si oppongono al comportamento tecnicamente illegale di David di mangiare il “pane della presenza” (cf. Lv 24, 5-9), a maggior ragione non dovrebbero opporsi a Gesù e ai suoi discepoli, che per necessità facevano ciò che era permesso da Deuteronomio 23,25 (“Se passi tra la messe del tuo prossimo, potrai coglierne le spighe con la mano …”).
La seconda domanda di Gesù riguarda il “lavoro” dei sacerdoti nel tempio nel giorno di sabato: essi sono senza colpa perché i loro obblighi cultuali prevalgono sulla legge generale del sabato (cf. Lv 24,8; Nm 28,9-10; Gv 7,23). I farisei sono incoerenti perché non si oppongono alla rottura del sabato da parte dei sacerdoti, ma si oppongono a Gesù, che è più grande del tempio e del ministero sacerdotale.
La conclusione del nostro brano tocca il cuore della differenza tra Gesù e questi farisei: le stesse Scritture possono essere lette in modi diametralmente opposti. Il rimando a Osea 6,6 (“Misericordia io voglio e non sacrifici”, v. 7), ricorrente in Matteo (cf. 9,13), sottolinea un conflitto ermeneutico di base tra Gesù e i suoi avversari e al tempo stesso costituisce la premessa per accogliere la rivelazione della sua identità e la sua signoria nei vv. 6 e 8 (cf. Mt 12,41-42). L’approccio dei farisei contraddice l’intenzione divina che sta dietro tutta la rivelazione della Scrittura: la misericordia di Dio, la sua compassione e il suo amore per gli uomini.
Solo se lasciamo che la Scrittura interroghi il nostro cuore, per discernere se è fatto di carne o di pietra, se lasciamo che la parola di Dio ci tocchi in profondità, come una spada che separa quello che in noi è secondo la volontà di Dio e quello che in noi è secondo i nostri desideri carnali, potremo ascoltare nel vangelo il Signore Gesù che parla alla nostra vita, riconoscerlo quale Figlio dell’uomo e Signore del sabato, proprio perché è il Figlio di Dio perfettamente obbediente alla volontà del Padre (cf. Mt 26,39.42). C’è infatti un modo diabolico di leggere le Scritture, che consiste nell’applicarle agli altri (cf. Mt 4,6), per non dovervi obbedire noi stessi (cf. Mt 4,10).
fratel Adalberto
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don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 17 Luglio 2020
CAMMINARE OGNI GIORNO NELLA LIBERTA’ CHE NASCE DAL SABATO DEL MESSIA
Cristo viene oggi con i suoi discepoli, con la Chiesa, e ci prende per mano per introdurci nel suo Regno; sì, nella nostra comunità impariamo ad essere con Lui sacerdoti, re, profeti, e per questo liberi di mangiare dei pani di vita preparati per l’offerta rituale. Ciò significa che per un cristiano, per te e per me, non c’è più separazione tra la vita di tutti i giorni e i momenti riservati al culto. Non ci sono parentesi, ma la nostra vita impregnata del suo amore diviene una liturgia, dove ogni rapporto sgorga da un cuore sanato, capace di amore e misericordia.
L’amore, infatti, è la cifra del Sabato, del Riposo, del Cielo. Chi ama è cittadino del Sabato, le nozze sono compiute, è passato all’altra riva, vive sulla sponda dove la Legge e i suoi sacrifici sono compiuti nell’amore dai sacerdoti della Nuova Alleanza, i cristiani che si offrono in cibo per ogni uomo. Quelle spighe strappate dai discepoli di Gesù, come i pani che hanno mangiato Davide e i suoi compagni, sono il cibo riservato proprio a loro, perché per loro è il sabato della misericordia. Chi, cieco su se stesso, “non comprende la misericordia, condanna individui senza colpa”, perché dove c’è Cristo il peccato è perdonato e inizia una vita nuova, nella libertà e nell’amore.
I “pani dell’offerta” erano profezia del corpo di Cristo, come le spighe strappate in giorno di sabato erano immagine del chicco di grano caduto in terra, nel sepolcro, proprio in giorno di sabato. Allora? Non erano proprio per sfamare chi cerca misericordia? Cristo è la novità, e la Chiesa ne è il segno! Egli è molto più del Tempio, e la comunità cristiana è infinitamente più grande di ogni legge. In Lui, Signore del Sabato, ogni cristiano è signore della storia, che diviene un unico altare dove offrirsi in una liturgia d’amore. Tutto ciò che Shabbat celebra è compiuto in Cristo, e chi vive in Cristo è già entrato nello Shabbat eterno, pur camminando nella storia. Il mondo non ha bisogno di religioni, ma di uomini che, nella propria vita, annuncino lo Shabbat che tutti attendono, e rivelino il Regno preparato per ogni uomo, nel quale si vive liberi da ogni schiavitù.
Dove non ci si preoccupa perché “caso mai viene qualcuno”, ma si vive intensamente il presente nel quale, l’unico Qualcuno che ogni uomo attende sin dalla nascita, è già arrivato. E’ Cristo, è il perdono, è la Grazia, è la libertà! E’ la Chiesa suo corpo che cammina nella storia lasciando dietro di sé le tracce del Cielo. In essa si compie ogni legge, perché chi ama ha la legge impressa nel cuore! Il Padre, infatti, non vuole sacrificio ed olocausto, ma, come al Figlio, anche a noi ha preparato un corpo nel quale compiere la sua volontà. La nostra vita, le ore che ci attendono, gli eventi che ci vengono incontro; i luoghi e i tempi della misericordia nei quali vivere e sfamarsi delle spighe mature fatte pane di vita nel corpo del Signore donato per noi. Misericordia per misericordia, perché, trasformati in spighe mature, possiamo sfamare questa generazione.