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Commento al Vangelo del 20 Luglio 2020 – Don Francesco Cristofaro

Vangelo del giorno e breve commento a cura di Don Francesco Cristofaro.


https://youtu.be/ibPQJv5YL3Y

AUTORE: Don Francesco Cristofaro
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Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 20 Luglio 2020

Il commento alle letture del 20 Luglio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Maestro, da te vogliamo vedere un segno

LUNEDÌ 20 LUGLIO (Mt 12,38-42)

Il Signore ha sempre dato ai suoi figli i segni della sua verità, onnipotenza, signoria universale, provvidenza. Ad Abramo ha dato il segno della sua onnipotenza capace di creare un figlio da una donna sterile e ormai avanzata negli anni e da un uomo consumato dall’età: “Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all’ingresso della tenda, dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono, dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: “Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia”? C’è forse qualche cosa d’impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te tra un anno e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma egli disse: «Sì, hai proprio riso»” (Gen 18,9-15).

A Giuseppe e alla famiglia di Giacobbe ha dato il segno che ogni sua Parola infallibilmente si compie: “Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancora di più. Disse dunque loro: «Ascoltate il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando covoni in mezzo alla campagna, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto e i vostri covoni si posero attorno e si prostrarono davanti al mio». Gli dissero i suoi fratelli: «Vuoi forse regnare su di noi o ci vuoi dominare?». Lo odiarono ancora di più a causa dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo narrò ai fratelli e disse: «Ho fatto ancora un sogno, sentite: il sole, la luna e undici stelle si prostravano davanti a me». Lo narrò dunque al padre e ai fratelli. Ma il padre lo rimproverò e gli disse: «Che sogno è questo che hai fatto! Dovremo forse venire io, tua madre e i tuoi fratelli a prostrarci fino a terra davanti a te?»” (Gen 37,5-10). Al faraone il Signore ha dato ogni segno della sua Onnipotenza e Signoria su tutta la creazione. Nulla è impossibile a Lui. Anche il suo popolo fu assistito con segni e prodigi per ben quarant’anni nel deserto. Ma il segno ha un solo fine: generare e far crescere la fede nella Parola. Se si prescinde dalla Parola a nulla serve il Signore. Nel Vangelo secondo Giovanni sono i segni che attestano che Gesù è veramente dal Padre. Se è dal Padre, tutto in Lui è dal Padre, anche la Parola, alla quale va data ogni fede.

In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

Scribi e farisei chiedono a Gesù un segno. Lui darà loro il segno della sua gloriosa risurrezione. Loro lo uccideranno e Lui il terzo giorno risorgerà dal sepolcro. Non risorgerà però come è risorto Lazzaro, legato mani e piedi, con gesto eclatante. Risorgerà nell’invisibilità. Nessuno lo vedrà nell’atto storico in cui la risurrezione si compirà. Gesù però darà molti segni che lui realmente è risorto. Ad altri si manifesterà. Saranno essi a testimoniare che Lui è realmente risorto. Dopo questo ultimo segno, non si avrà più nessuna scusa per non credere in Lui. Chi crederà, si lascerà battezzare, sarà salvo. Chi non crederà, sarà condannato perché non ha creduto nell’Unigenito Figlio di Dio, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati. Farisei e scribi nel giorno del giudizio saranno accusati sia dagli abitanti di Ninive che dalla regina del Sud. Ninive ha creduto alla predicazione di Giona e si è convertita senza alcun segno. La regina del Sud venne per ascoltare Salomone. Neanche a lei è stato dato alcun segno. A scribi e farisei segni ne sono stati dati molti, anzi moltissimi.

Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che la nostra vita sia un segno che attragga a Cristo.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.

don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 20 Luglio 2020

Il bisogno di qualcosa che rassicuri: ecco cosa soggiace alla richiesta avanzata dai farisei nei confronti di Gesù. A questa richiesta/pretesa Gesù risponde indicando due figure non stanziali: tanto la regina del sud quanto Giona, infatti, si sono lasciati mettere in cammino da qualcosa che li invitava ad andare oltre se stessi. La prima ha scelto di sua iniziativa di intraprendere il viaggio per mettersi alla scuola della sapienza di Salomone, il secondo, pur resistendo con tutte le forze, non ha potuto evitare di essere messo per strada.

Per accogliere il segno che è Gesù è necessario lasciarsi destabilizzare da esso abbandonando ogni nostro appiglio terreno. Non poche volte preferiamo restare schiavi dei nostri appigli piuttosto che gustare l’esperienza esaltante e drammatica al contempo della libertà.

Gesù apostrofa i suoi interlocutori come generazione adultera, ovvero persone sempre pronte a dare il proprio cuore ad altro, non contenti del partner che hanno al proprio fianco. Altro, altro, altro: sempre nuove esperienze! Ecco il bisogno spasmodico della generazione a cui Gesù si rivolge. Accade anche a noi: il proposito è quello di farlo per l’ultima volta, ma è un’ultima volta che non ha mai fondo e Dio è perennemente messo alla prova. Ciò che abbiamo già abbondantemente ricevuto non ci basta. Talvolta, non siamo neppure più in grado di ricordare di aver già ricevuto tanto. Ed eccoci perciò a barattare la nostra fiducia con l’ennesimo segno preteso. Finché non diventeremo consapevoli che “qui vi è ben più di salomone e ben più di Giona”, non ci sarà dono in grado di saziarci.

Dio non si impone mai con evidenza ma chiede di essere riconosciuto e accolto mediante i segni umili e poveri con cui si prende cura del nostro cammino. “Beato chi non si scandalizza di me”, dirà Gesù. Il viaggio compiuto dalla regina del sud e da Giona indica come l’approdo a questa accettazione dei segni di Dio richieda un tempo lungo e un percorso faticoso.

“Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buonoe ciò che richiede il Signore da te:praticare la giustizia,amare la bontà,camminare umilmente con il tuo Dio” (Mi 6,8). Ti basta?


AUTORE: don Antonio Savone
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Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 20 Luglio 2020

«Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno»

Un segno.

Non basta agli scribi e ai farisei quello che, ogni giorno, pone in essere il Maestro: guarigioni di ciechi, storpi, lebbrosi…vogliono vedere un segno.

In realtà è un scusa, la stessa che utilizziamo noi per non impegnarci seriamente.

Non ci basta quello che il Signore compie nella nostra quotidianità, aspettiamo il “ miracolo “, il “ prodigio “.

Chi ragiona in questo modo non si accontenterebbe neppure se il tanto atteso “ segno “ arrivasse, perché subito ne cercherebbe un altro di conferma.

Conferma di cosa?

Della propria incredulità, della propria non volontà di vedere.

La ricerca del segno è la scusa per la de-responsabilizzazione.

Se, infatti, facendo i “ cristiani adulti “, si prende atto che non vi è bisogno dell’evento magico per credere, non c’è più scusa per non offrire, nell’ottica del dono e del ringraziamento per quanto ricevuto, il proprio impegno a servizio del Regno.

Altrimenti si resta ipocriti, falsi ciechi a cui, giustamente, Gesu’ rifiuta di dare altri segni essendo lui, venuto, morto e risorto per la Redenzione e la Salvezza di ciascuno, l’unico segno di cui abbiamo bisogno.

Buona giornata e buona settimana a tutti.


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Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 20 Luglio 2020

Hanno appena decretato la morte di Gesù, i farisei, e ora chiedono un segno: sconcertante. Giocano con Gesù, lo ingannano, chiedono delle prove quando, invece, nulla farà loro cambiare idea.

Hanno deciso che deve morire, si divertono solo per confermare la loro decisione. E Gesù non ci sta, non porge l’altra guancia, non accetta la provocazione, non dona le perle ai porci. E indica un solo segno: quello di Giona. Giona, il pavido profeta, il vigliacco, che fugge, invece di accogliere l’invito di Dio e predicare a Ninive.

Ma che, alla fine, accetta con rassegnazione il compito e cammina fra le strade della grande città per invitare a conversione. Ci sono già stati i profeti, non abbiamo bisogno di ulteriori stimoli, di nuove prospettive. Ma anche, secondo i padri, Giona che resta per tre giorni nel ventre del pesce, prima di essere riportato sulla terra ferma, e il segno, allora, sarebbe la morte di Cristo per tre giorni nel ventre scuro della morte.

Abbiamo tutte le risorse per credere, per non scoraggiarci, per restare discepoli. Se la regina di Saba ha fatto tanta strada per vedere Salomone e la sua sapienza, molto più di Salomone c’è qui…

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don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 20 Luglio 2020 – Mt 12, 38-42

<<Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno. Ed egli rispose: “Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così. il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra”>>.

La contestazione di Gesù non riguarda la semplice richiesta di un segno, ma il sotteso argomento di voler aspettare un segno per poter cambiare qualcosa nella propria vita. Chi aspetta un segno per cambiare allora rimarrà uguale senza nessuna via d’uscita. Chi invece decide di cambiare allora saprà cogliere tutti i segni del cambiamento. Ecco perché Gesù dice che l’unico segno sarà quello di Giona. È un chiaro riferimento alla sua morte e risurrezione.

Ognuno di noi deve decidere di entrare nella notte del morire a se stesso. Solo così può manifestarsi la risurrezione, cioè una vita diversa, di cui quella eterna ne è la versione definitiva. Ma la verità è che a nessuno di noi piace mortificarci in qualcosa. Non vorremmo mai morire ai nostri egoismi, alle nostre pretese, ai nostri capricci, al nostro orgoglio, ai nostri peccati. A noi piace assecondarci in tutto non accorgendoci però che in questo compulsivo assecondarci non riusciamo a cogliere un meccanismo di morte che ci mantiene schiavi.

Pur di non abbandonare le nostre abitudini siamo disposti a mettere sotto scatto persino il cielo: <<Dammi un segno e io cambio!>>, Ma Gesù risponde: <<Decidi di cambiare e avrai tutti i segni del cambiamento!>>.

Ma rimane il grande paradosso che davanti alla persona di Gesù, i farisei (e noi con loro!) cercano scuse: <<Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicareaquesta generamone e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c’è più di Giona! La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dalPestremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone!>>

Papa Francesco – Angelus del 19 Luglio 2020 – Il testo, il video e il file mp3

ANGELUS

Piazza San Pietro
Lunedì, 19 Luglio 2020

Scarica il file mp3

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo di oggi (cfr Mt 13,24-43) incontriamo ancora Gesù intento a parlare alla folla in parabole del Regno dei cieli. Mi soffermo soltanto sulla prima, quella della zizzania, attraverso la quale Gesù ci fa conoscere la pazienza di Dio, aprendo il nostro cuore alla speranza.

Gesù racconta che, nel campo in cui è stato seminato il buon grano, spunta anche la zizzania, un termine che riassume tutte le erbe nocive, che infestano il terreno. Fra noi, possiamo anche dire che anche oggi il terreno è devastato da tanti diserbanti e pesticidi, che alla fine fanno pure male sia all’erba, che alla terra e alla salute. Ma questo, fra parentesi. I servi allora vanno dal padrone per sapere da dove viene la zizzania, e lui risponde: «Un nemico ha fatto questo!» (v. 28). Perché noi abbiamo seminato buon grano! Un nemico, uno che fa concorrenza, è venuto a fare questo. Loro vorrebbero andare subito a strappare via la zizzania che sta crescendo; invece il padrone dice di no, perché si rischierebbe di strappare insieme le erbacce – la zizzania – e  il grano. Bisogna aspettare il momento della mietitura: solo allora si separeranno e la zizzania sarà bruciata. È anche un racconto di buon senso.

Si può leggere in questa parabola una visione della storia. Accanto a Dio – il padrone del campo – che sparge sempre e solo semente buona, c’è un avversario, che sparge la zizzania per ostacolare la crescita del grano. Il padrone agisce apertamente, alla luce del sole, e il suo scopo è un buon raccolto; l’altro, l’avversario, invece, approfitta dell’oscurità della notte e opera per invidia, per ostilità, per rovinare tutto. L’avversario al quale si riferisce Gesù ha un nome: è il diavolo, l’oppositore per antonomasia di Dio. Il suo intento è quello di intralciare l’opera della salvezza, far sì che il Regno di Dio sia ostacolato da operatori iniqui, seminatori di scandali. Infatti, il buon seme e la zizzania rappresentano non il bene e il male in astratto, ma noi esseri umani, che possiamo seguire Dio oppure il diavolo. Tante volte, abbiamo sentito che una famiglia che era in pace, poi sono cominciate le guerre, le invidie … un quartiere che era in pace, poi sono cominciate cose brutte … E noi siamo abituati a dire: “Qualcuno è venuto lì a seminare zizzania”, o “questa persona della famiglia, con le chiacchiere, semina zizzania”. È sempre seminare il male che distrugge. E questo lo fa sempre il diavolo o la nostra tentazione: quando cadiamo nella tentazione di chiacchierare per distruggere gli altri.

L’intenzione dei servi è quella di eliminare subito il male, cioè le persone malvagie, ma il padrone è più saggio, vede più lontano: essi devono sapere attendere, perché la sopportazione delle persecuzioni e delle ostilità fa parte della vocazione cristiana. Il male, certo, va rigettato, ma i malvagi sono persone con cui bisogna usare pazienza. Non si tratta di quella tolleranza ipocrita che nasconde ambiguità, ma della giustizia mitigata dalla misericordia. Se Gesù è venuto a cercare i peccatori più che i giusti, a curare i malati prima ancora che i sani (cfr Mt 9,12-13), anche l’azione di noi suoi discepoli dev’essere rivolta non a sopprimere i malvagi, ma a salvarli. E lì, la pazienza.

Il Vangelo di oggi presenta due modi di agire e di abitare la storia: da una parte, lo sguardo del padrone, che vede lontano; dall’altra, lo sguardo dei servi, che vedono il problema. Ai servi sta a cuore un campo senza erbacce, al padrone sta a cuore il buon grano. Il Signore ci invita ad assumere il suo stesso sguardo, quello che si fissa sul buon grano, che sa custodirlo anche tra le erbacce. Non collabora bene con Dio chi si mette a caccia dei limiti e dei difetti degli altri, ma piuttosto chi sa riconoscere il bene che cresce silenziosamente nel campo della Chiesa e della storia, coltivandolo fino alla maturazione. E allora sarà Dio, e solo Lui, a premiare i buoni e punire i malvagi. La Vergine Maria ci aiuti a comprendere e imitare la pazienza di Dio, il quale vuole che nessuno si perda dei suoi figli, che Egli ama con amore di Padre.

Dopo l’Angelus

Cari fratelli e sorelle,

in questo tempo in cui la pandemia non accenna ad arrestarsi, desidero assicurare la mia vicinanza a quanti stanno affrontando la malattia e le sue conseguenze economiche e sociali. Il mio pensiero va specialmente a quelle popolazioni, le cui sofferenze sono aggravate da situazioni di conflitto. Sulla scorta di una recente Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, rinnovo l’appello ad un cessate-il-fuoco globale e immediato, che permetta la pace e la sicurezza indispensabili per fornire l’assistenza umanitaria necessaria.

In particolare, seguo con preoccupazione il riacuirsi, nei giorni scorsi, delle tensioni armate nella regione del Caucaso, tra Armenia e Azerbaigian. Mentre assicuro la mia preghiera per le famiglie di coloro che hanno perso la vita durante gli scontri, auspico che, con l’impegno della Comunità internazionale e attraverso il dialogo e la buona volontà delle parti, si possa giungere ad una soluzione pacifica duratura, che abbia a cuore il bene di quelle amate popolazioni.

Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, fedeli di Roma e pellegrini provenienti dall’Italia e da altri Paesi.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.

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p. Enzo Fortunato – Commento al Vangelo del 19 Luglio 2020

Buongiorno brava gente e pace e bene.

Oggi condividiamo alla luce del Vangelo la pazienza la grande bellezza di Dio…

E lo facciamo da un posto che richiama la pagina del Vangelo…

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don Giovanni Cesare Pagazzi – Commento al Vangelo di domenica 19 Luglio 2020

Davanti alla sfida della zizzania il lento e faticoso discernimento di Dio

“Buon Pastore” è tra le più consuete e belle immagini per descrivere Gesù. Tuttavia le pagine evangeliche si soffermano più diffusamente sulla padronanza del Signore in ambito agricolo. Nelle parabole Cristo racconta sentimenti e pratiche contadine in maniera puntuale ed esperta; difficilmente sono solo frutto del sentito dire. Parla della semina mostrando precisa conoscenza della morfologia del terreno lavorato dagli agricoltori galilei del suo tempo. Quanto è attento al mondo concreto il Figlio dell’Altissimo! Il Signore conosce perfino la dimensione dei vari semi in uso, assegnando con sicurezza alla senape il posto del “più piccolo di tutti”. Come tanti agricoltori, egli prevede l’arrivo dell’estate scrutando i segni della campagna, quale l’intenerirsi del ramo di fico.

Tra i nemici giurati dei contadini sono gli infestanti che, impoverendo le risorse del terreno, limitano la crescita della piantagione. Non solo: al momento della falciatura e della battitura, i chicchi dell’erbaccia si mescolano con quelli buoni, parte dei quali diverrà seme per la stagione successiva. Per non diffondere la gramigna nella prossima coltura, è necessaria la monda del raccolto, eliminando la semenza dal parassita. Proprio sulla qualità della semente s’interrogano i contadini protagonisti della parabola della “zizzania”: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo?». Il proprietario è convinto d’aver usato seme mondo. È stato un nemico invidioso a spargere la gramigna.

Che fare? Non si tratta di scegliere tra un’opzione giusta e una sbagliata, ma tra due giuste. Questo è il difficile. I contadini hanno ragione: l’immediata monda del terreno favorirebbe la crescita rigogliosa del grano. Ma ha ragione anche il proprietario, permettendo a frumento e zizzania di crescere insieme; infatti: meglio un raccolto sporco che nessun raccolto. L’agricoltura di cui il Signore è esperto è luogo di discernimento faticoso; non sempre la strada giusta è diritta (a dirla tutta: quasi mai).

Non è complicato capire cosa il Signore ci chiede, quando la scelta è tra bene e male. Diviene complesso quando, onestamente, entrambe le alternative sono buone. Conviene cominciare adottando la tattica del padrone del campo: tenere alla larga la fretta.

don Giovanni Cesare Pagazzi (annuario al 04/09/2019)

Fonte: L’Osservatore Romano


don Francesco Cosentino – Commento al Vangelo di domenica 19 Luglio 2020

Pazienza, piccolezza, impegno: tre parabole sorprendenti

Continua a parlarci in parabole Gesù e oggi ci offre tre modi sorprendenti di interpretare la nostra relazione con Dio, con noi stessi e con la realtà: non strappare con impazienza e violenza la zizzania, ma accogli le ombre e le fragilità con la pazienza del discernimento; non scoraggiarti se il bene non appare vittorioso e grande, ma porta avanti il piccolo seme perché sarà l’albero dove tutti troveranno rifugio; non separarti dal mondo considerandolo perduto e corrotto, ma impegnati e cambialo dal di dentro come fa il lievito nella pasta.


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