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don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 22 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

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don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Chiedi a Maria come capire la vocazione che Dio ha scelto per te

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AUTORE: don Marco Scandelli
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d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Lo scoraggiamento, la sfiducia, possono ostacolare il nostro riconoscere Gesù presente e operante. Dio può cambiare anche immediatamente le carte in tavola, aprire nuovi orizzonti che erano lì dietro l’angolo e non vedevamo.

Possiamo trattenere nei nostri schemi persino Cristo. La grazia della preghiera, del cercare Gesù, ci possono portare oltre. Egli è qui, vicino a te ascoltalo! Fate quello che vi dirà, dice a Cana Maria ai discepoli.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

LA VOCE DELL’AMATO RISORTO E VITTORIOSO SUL PECCATO CI RIDONA LA DIGNITA’ E LA BELLEZZE PERDUTE

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“Maria!”. E’ bastato ascoltare il suo nome, e tutto è cambiato. L’amore di Gesù, già sperimentato tante volte, in quel momento, il più importante di tutta la sua vita, era tutto per lei, come se, per Lui, fosse l’unica persona al mondo. Si è sentita di nuovo importante, e per questo era risorta con Lui. In quel sepolcro, infatti, era scesa anche lei. Per questo vi si era recata “di buon mattino, quando era ancora buio”. Non resisteva in casa, aveva aspettato che finisse il sabato e poi via, di corsa, verso quel pezzo di lei che Gesù era diventato e che il sepolcro aveva inghiottito. La sua vita, i suoi desideri, le speranze, i progetti, tutto era precipitato in quell’anfratto di roccia.

Per Maria la vita s’era fermata allo spirare di Gesù, “il mio Signore”. E ora era giunta all’unico luogo a cui sembra essere destinata ogni carne; e Gesù era stato carne e ossa, parole e sguardi, fame e sete come lei, come tutti. L’aveva visto deporre nella tomba, non c’era altro posto dove andare. Ma era successo qualcosa di imprevedibile: arriva e “vede che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro”; certamente qualcuno aveva “portato via il Signore dal sepolcro, e non sapeva dove lo avevano posto!”. Maria aveva perduto l’unico luogo che ancora dava senso alla sua vita. Non aveva più “dove” andare, anche l’ultimo appiglio le era stato sottratto: con Lui era svanita anche lei.

Per questo, anche se i due apostoli entrano nella tomba vuota e Giovanni vede e crede, mentre essi se ne vanno, Maria rimane incollata dinanzi a quella tomba vuota, “piangendo”. Piange perché è una donna a cui hanno portato via lo Sposo, il Signore della sua vita. “Donna”, così l’hanno chiamata gli angeli, così le si rivolge Gesù iniziando a dialogare con lei. Una “donna”, innamorata e perduta. Solo le donne possono capire… Gli uomini arrivano sempre dopo, entrano, vedono, credono, ma se ne vanno. C’è una fretta in loro che li spinge sulla cresta della realtà. Le donne no, quando amano aprono se stesse per accogliere l’amato nella propria carne e nella propria anima. Hanno una sensibilità e una profondità sconosciute agli uomini, un amore materno che abbraccia e si lascia fecondare, riuscendo così a sperimentare l’unione con lo sposo a un livello ben più concreto ed esistenziale. L’uomo può staccarsi dalla donna e continuare la propria vita, magari sazio di piacere. La donna invece, accogliendone il seme di vita, resta unita alla parte più preziosa del suo uomo. Anche se se ne allontana, porta nelle sue viscere la carne del suo sposo, fatta ormai carne della propria carne. C’è una vita che palpita in lei, un frammento di lui che le è impossibile dimenticare; nel frutto del loro amore è legata a lui per sempre. Così Maria di Magdala con Gesù. L’aveva incontrato nel suo momento peggiore, mentre sette demoni le stavano lacerando cuore e anima. La sua carne stava per essere fatta a brandelli dalle pietre. E Gesù era apparso lì, con un amore di cui nessuna carne era capace; una misericordia che compiva il cuore della Legge secondo la quale sarebbe dovuta morire. Era un “rabbunì” diverso da tutti gli altri, un uomo speciale, l’unico che l’aveva amata davvero, un peccato dopo l’altro, scacciando un demonio dopo l’altro. E lei lo aveva accolto, e Lui aveva deposto nella sua carne e nel suo cuore il seme di Vita Eterna che l’aveva riportata alla dignità, alla pace, alla gioia. L’aveva liberata trasformando la sua libertà piegata verso il peccato in amore. Per questo era rimasta sulla soglia di quella tomba vuota.

Aveva in sé un pezzo di Lui, e le gridava dentro graffiandole il cuore di nostalgia. Le sarebbe bastato restare in ginocchio dinanzi alla “pietra”, il limite imposto dalla violenza e dalla morte, sapendo che però quell’amato che l’aveva amata come nessuno era lì dietro. Esangue, diafano, privo di vita certo, ma quella bocca che le aveva sussurrato l’amore era lì; quegli occhi che l’avevano guardata con tenerezza infinita; quelle mani che l’avevano rialzata dai suoi peccati; quei piedi che l’avevano cercata. Gesù era comunque lì dentro, e lei era con Lui, perché Lui era rimasto in lei nell’amore che l’aveva riscattata. Troppo grande il dolore, troppo forte la paura di restare sola, per immaginare l’impossibile. Per questo il dolore s’era moltiplicato scendendole sulle guance in un fiume di lacrime. Le “avevano portato via” l’unica ancora per la sua memoria. “Piange”, infatti, non solo la morte del suo amato, ma anche e soprattutto perché glielo hanno “portato via”, e non sa dov’è. Questo era insopportabile, un dolore più acuto della stessa morte di Gesù. Maria aveva bisogno di quel corpo, era Gesù accidenti, era il suo amore, la sua vita. E’ disposta ad “andare a prenderlo” per riportarlo alla sua tomba. C’è qualcosa di molto profondo in queste parole che Maria rivolge a Gesù mentre ancora lo crede il “custode del giardino”. Perché non le basta sapere “dove è stato posto”? Sarebbe potuta andare a piangerlo là. E invece no, lo vuole “prendere” e riportare in quella tomba. Ebbene, in questa volontà vi è nascosta tutta la sua storia. Lo aveva seguito sulla via della croce, lo aveva contemplato crocifisso, lo aveva pianto insieme a sua Madre; infine, lo aveva visto deporre in quella tomba. E tutto questo era accaduto a Gesù per l’infinito amore con il quale aveva amato l’umanità, e quindi anche lei.

Quella tomba era, dunque, il tempio che custodiva la memoria di quell’amore. Voleva la tomba di Gesù, perché essa era anche la sua, il segno rimastole di quell’amore sino alla fine che l’aveva salvata. Lo abbiamo visto, vi era scesa con Lui, le era familiare, come il talamo dove s’erano consumate le loro mistiche nozze. Non ne voleva un’altra, non apparteneva al suo Amato, non apparteneva a lei. E per questo “piangeva” non un “chi”, come le aveva chiesto il Signore. Piuttosto “piangeva” un passato troppo bello e sfuggito via. In una parola: come tutti noi alla morte di una persona cara, piangeva soprattutto se stessa, quella parte di lei così legata all’Amato da essere morta con Lui. “Piangeva” il fallimento che ha spezzato sul più bello la sua storia di riscatto e libertà. Ma quelle lacrime segnano per lei l’inizio di un cammino nuovo, non più verso la carne del Signore da “prendere” e possedere, seppure in una tomba; ma verso i suoi fratelli, i discepoli, e, attraverso di loro, verso il mondo, sino a dimenticare se stessa nell’amore nuovo e straripante che spinge a non vivere più per se stessi.

Maria si sente chiamare, ed è resurrezione: “Maria!”, ed è una creatura nuova. Quel nome dava finalmente un nome a Colui che stava parlando con lei. L’amore sprigionato da quella parola le ha dischiuso gli occhi del cuore e della carne: no, non era il “guardiano del giardino”, ma Gesù. Era dunque risorto, era vivo, il sepolcro non è riuscito a trattenere la forza dirompente del suo amore. Era tutto vero quello che aveva sperimentato, e ora era diventato eterno. Sì, non finisce l’amore, non si spegne la misericordia; l’opera di Dio non conosce epilogo, zampilla sino alla vita eterna. Il suo nome era stato pronunciato proprio lì, dinanzi al luogo dove aveva creduto di dover spegnere la sua vita sotto una pioggia di lacrime. Nessuno le aveva portato via il Signore! Solo, non era più come prima. Quel “giardino” era immagine di quello che tutti abbiamo perduto a causa del peccato; e Maria era la nostra vita sperduta lontano dall’identità originaria. Senza Cristo, come ogni uomo che si è separato da Dio. Ma quel “Maria!” era la nuova creazione che la destava a una vita ancor più bella. “Sia la luce, e la luce fu”… “Maria!”, e “Maria fu!”… Quella voce veniva da oltre la pietra, da molto più in là del sepolcro; veniva dal Cielo; per questo il suo nome spandeva una fragranza nuova, che sapeva di libertà. Cristo risorto le consegnava la sua vittoria, la attirava nel suo passaggio al Padre, le spalancava il “giardino” perduto. Ecco la notizia che investe e trasforma Maria. In quel nome pronunciato vibra l’amore nuovo, più forte della morte. L’amore che è uscito vittorioso da quella tomba, spostando la pietra sulla quale avrebbe voluto piangere la disfatta. Cristo è risorto!

Non è lì dentro, non è lo stesso di prima, ha varcato la soglia della morte, del peccato, della carne. E’ Lui, è il Signore, ma viene dal Cielo, vivo della vita celeste, una vita che Maria non aveva ancora conosciuto. E’ la risurrezione che appare oggi anche davanti a noi, come agli occhi di Maria quel mattino di Pasqua. E’ qualcosa di totalmente nuovo, che dobbiamo imparare a conoscere. Si schiude per noi il cammino della Maddalena. Quante volte ci hanno annunziato la resurrezione del Signore, e non abbiamo compreso… Ma abbiamo iniziato a credere e il Signore s’è fatto nostro compagno. Ci ha parlato, ci ha infiammato il cuore, come ai discepoli di Emmaus, ma eravamo ancora piegati sulla nostra carne, sulla storia che ci pesava, le ferite, il male, il dolore. E quel senso di vuoto che neanche l’amore di nostra madre, del marito, dei figli ha mai potuto colmare. Quel vuoto duro e immobile come la pietra del sepolcro, sulla quale ci siamo abituati a piangere. Non abbiamo compreso, ci mancava l’esperienza decisiva. Chi non ha mai sentito il suo nome pronunciato dal Gesù risorto come Maria non può essere cristiano. Quante volte abbiamo tentato di riprenderci il Signore e rimetterlo nella tomba della nostra abitudine al fallimento; quante volte abbiamo pianto lacrime acide di cinismo.

Forse anche oggi, di fronte alla tomba nella quale è chiuso il nostro matrimonio, o quella relazione; o forse di fronte all’incapacità di governare le nostre pulsioni, gli eccessi depressivi del carattere, le parole che ci sfuggono dalle labbra e combinano macelli. Sicuramente anche oggi stiamo piangendo di fronte all’ennesimo peccato, sempre lo stesso, che ci umilia e ci frustra, rubandoci la speranza. Ma oggi la sua chiamata, il nostro nome pronunciato dalle sue labbra in modo così unico, ci apre gli occhi e il cuore ad una possibilità impensabile. Solo il suo amore per te e per me così come siamo può metterci in cammino, come Maria. Sì, perché le mancava ancora un passo, decisivo. Doveva imparare a conoscere Cristo non più secondo la carne, ma secondo la nuova dimensione celeste nella quale era venuta a cercarla. Doveva camminare ascoltando la sua voce chiamarla per nome per attirarla al di là dell’affetto umano. Doveva vivere con Cristo la Pasqua. Lo avrebbe voluto “trattenere”, come noi. Vivo sì, ma per la nostra vita, per sistemare i nostri cuori, le nostre menti: “Un’ultima soglia deve essere varcata, la più importante di tutte: quella che permetterà a maria di elevarsi dall’attaccamento al sensibile al livello della fede. Di non volgersi più verso il passato ma verso l’avvenire…. Ma bisogna che Gesù stesso le comunichi il messaggio pasquale: “Io salgo verso il Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (De La Potterie).

Il luogo dove siamo chiamati con Maria Maddalena è dunque il Cielo, dove arrivare con un cammino che ci conduca dalla carne allo Spirito; e in esso imparare a “non trattenere” il Signore, per vivere ogni rapporto nella totale libertà che è frutto della novità di vita dettata dalla Spirito Santo. Oggi il Signore ci chiama a vivere dimentichi del passato e protesi verso il futuro; le cose vecchie ormai passate, non ritorniamo a rimescolare la stanca minestra dei dubbi, delle debolezze, dei fallimenti. Chi ha conosciuto l’amore di Cristo non potrà più vivere senza il suo amore. Chi ha sperimentato la sua resurrezione sarà naturalmente rimbalzato verso i “fratelli di Gesù”. Ecco la vita che Dio aveva preparato per Maria e per ciascuno di noi: andare, senza posa, a ogni fratello di Gesù perduto nel mondo, per annunciare l’unica notizia capace di cambiare l’esistenza: Cristo è risorto, è salito al Padre suo e Padre di ogni uomo!

Esiste il Cielo, nessuno è orfano. Non ci sono più tombe dove versare lacrime, ma spazi infiniti dove correre ad annunciare il vangelo. Tu ed io saremo, come la Maddalena, gambe e mani, sguardi e voce prestate a Cristo risorto: non importano i peccati commessi, da oggi, la nostra vita riscattata e libera, perduta per amore oltre la morte, camminerà nella Chiesa per dare ovunque al Signore una voce umana per chiamare con il suo amore il nome di ogni suo fratello.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 22 Luglio 2020

Oggi con questa pagina del vangelo ci raggiunge la buona notizia che il Signore Gesù è risorto e vivente, avendo sconfitto per sempre la morte. Non solo, ma anche che egli continua a occuparsi degli uomini, a stare loro vicino, a chiamarci per nome (“Maria”) e a considerarci suoi fratelli (cf. v. 17).

Davvero non c’è niente che possa separarci dall’amore che egli ha per noi (cf. Rm 8,35). Questa è la grande buona notizia che a Maria Maddalena è concesso, è dato in dono di poter annunciare: non solo che la Vita ha vinto la morte, ma anche che colui che gli uomini hanno ucciso, una volta risorto continua ad amarli, senza provare rancore, senza volere vendetta, senza farsi giustizia. Non solo, dunque, la Vita ha vinto la morte, ma l’Amore ha vinto l’odio, l’Amore ha vinto la morte!

Nel Vangelo secondo Giovanni vi sono due menzioni di Maria Maddalena: in questo episodio e sotto la croce, insieme a Maria di Cleopa, alla madre di Gesù e alla sorella di questa. Quattro donne più il discepolo amato (cf. Gv 19,26). Ed è a una di queste quattro donne, Maria Maddalena, che Gesù risorto si farà conoscere, mentre lei “stava” presso il sepolcro, come prima “stava” (stesso verbo) presso la croce.

Maria Maddalena è una donna che “sta”, che resiste, che accompagna fedelmente, che non viene meno nell’ora della tribolazione e che anche dopo, nell’assenza del suo Signore, persevera, continua a “stare”, e a “stare verso” (prós), non solo accanto, vicino, come sotto la croce (pará). Sembra quasi che al sepolcro sia protesa verso una presenza, tanto che piangendo, in un gesto molto umano di desiderio dell’assente, ma forse già animato dalla fede, si china verso il sepolcro, per guardare dentro. Per guardare cosa? Il testo non lo dice; ci dice solo che Maria Maddalena sembra non essere rassegnata alla morte di Gesù, ma che ancora cerca, cerca qualcosa; forse, senza saperlo, lo cerca ancora.

E vede due angeli, che la chiamano “donna” (v. 13), come poco dopo Gesù stesso la chiamerà “donna” (v. 15), così come egli aveva chiamato “donna” sua madre (cf. Gv 2,4): c’è una prossimità, un’intimità, una vicinanza di Maria Maddalena con Gesù che la accomuna a quella della madre di lui, così come Giovanni dice che entrambe stavano presso la croce.

Ed è a lei che Gesù, per prima, si fa conoscere risorto. Come dice il salmo: “Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con sincerità” (Sal 145,18). Maria Maddalena è una credente che cerca il Signore con cuore sincero, e il Signore le si fa vicino, le si fa incontro, le si fa conoscere e le dà il mandato di annunciarlo agli altri discepoli.

Sia i due angeli che Gesù le fanno delle domande: “Perché piangi? Chi cerchi?” (v. 15). La fanno parlare, le concedono il dono della parola senza farla rimanere, muta, vittima del proprio dolore. Dandole la possibilità di esprimerlo e di dargli un nome, la fanno emergere all’esistenza, consentendole di far diventare il proprio dolore occasione di incontro, di relazione e di rivelazione. Suscitandole la parola la fanno emergere al suo essere persona (“donna”). L’Amore continua ad agire e a rivelarsi, per gli umani, umanizzante. Che questo dono ci trovi pronti ad accoglierlo!

sorella Cecilia


Fonte

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Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 22 Luglio 2020

Maria Maddalena si alza, al buio, per andare a cercare l’amato del suo cuore: lo cerca e non lo trova, torna indietro, chiama Pietro e Giovanni, ma alla fine si ritrova da sola davanti a un sepolcro vuoto. Un vuoto che crea dolore, un vuoto che non offre risposte, ma che apre ad altre domande, come i due angeli che le chiedono perché piange.

Eppure, è proprio da questa condizione di assenza che passa la Resurrezione: è nell’assenza che Maria fa luce su ciò che è davvero importante per lei, è nell’assenza che nasce il desiderio dell’incontro.

Un incontro che arriva, come sempre, come non ce lo aspettiamo; persi nella ricerca della vita come ce la siamo immaginata, spesso anche in mezzo a cose che vita non hanno, non ci accorgiamo che è lei che ci viene a trovare. Gesù appare, vivo, e Maria, che si aspettava di trovare un morto, lo scambia per il custode del giardino.

Un giardino in cui Dio colma il vuoto con la sua presenza, come in quello della Creazione, ma questa volta solo per un’istante: l’amore non può essere trattenuto. Quella che pensavamo essere la fine della ricerca, diventa allora solo il punto di partenza: ci viene chiesto di fare ancora un passo in più, e di tornare per la nostra strada verso quei fratelli e quelle sorelle con cui, giorno dopo giorno, condividere il cammino.

Rete Loyola (Bologna)


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 22 Luglio 2020

Il brano odierno ci dimostra come cambia il nostro sguardo quando ci sentiamo riconosciuti, amati personalmente da Cristo.

Maria va al sepolcro e, vedendo che la pietra era stata tolta, corre da Simon Pietro e dall’altro discepolo e dice: “ Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove lo hanno posto “.

Maria pensa che qualcuno “ abbia rubato “ il corpo mortale di Cristo e, quindi, dice: “ hanno portato via il Signore “.

Questa constatazione la abbatte perché non ha neppure più un luogo ove recarsi per “ piangere il morto “.

Piange, piange fortemente perché Gesu’ è morto.

Fine dell’avventura.

Poi incontra due angeli in bianche vesti che le dicono: “ Donna, perché piangi “?

La stessa domanda le rivolge un uomo che lei non riconosce, aggiungendone però un’altra: “ Chi cerchi “?

E’ questo il quesito chiave, quello che consente a Maria allora e, oggi, a noi, di svoltare nel nostro cammino di fede.

Chi cerchiamo?

Se cerchiamo “ un morto da piangere “, un profeta vissuto molti anni fa, un “ morto in croce “, allora il Vangelo non produrrà alcun frutto nella nostra vita.

Se non crediamo, per fede, fidandoci delle testimonianze di chi lo ha visto, che quell’uomo morto 2000 anni fa dopo tre giorni è risorto e, con quel suo vincere la morte, ci ha redenti e salvati, allora lasciamo stare, dedichiamoci ad altro.

Cristo non è morto, ma VIVO, vero, vitale; anche oggi abbiamo modo di incontrarlo nella scrittura, di parlargli nella preghiera, di mangiarlo nell’Eucarestia, sacramento favoloso che ci consente di “ nutrirci “ ogni giorno del suo corpo e del suo sangue.

E’ vivo e chiama ciascuno di noi.

Maria, Fabrizio, Antonio, Pasquale…sono qui, non mi vedi, non mi vedete?

E’ questione di sguardo.

Se credi, per fede, in Cristo Risorto, sai scorgere la sua presenza in tutti i momenti della tua vita, anche in quelli brutti, e comprendi che, anche allora, lui ti è vicino, ti consola, ti chiede “ perché piangi “ e ti chiama per nome dicendoti: “ io ci sono “.

Se assumeremo questo sguardo anche noi, sentendoci, come Maria, chiamati, non diremo più “ lo hanno portato via “ ma “ lo ho visto “.

Che cambio di prospettiva.

Che cambio di esistenza.

Dalla morte alla vita.

Buona giornata e buona riflessone a tutti.


Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Oggi la chiesa fa memoria di una donna splendida a cui Dio fa l’onore di vedere per prima sua Figlio risorto. Tutto si svolge in quel giardino che ha accolto la morte del Giusto. Il nuovo Eden dove tutto riparte con la Potenza della resurrezione dove la morte viene sconfitta per sempre.

Maria è la prima testimone di questo prodigio, della nuova creazione. E ne diviene apostola, cioè annunciatrice. Il suo cuore risorge da morte appena si sente chiamata per nome dalla Vita che aveva tanto amato. Lei liberata e guarita, si innamora di Gesù e lo segue sino al sepolcro. Vuole possedere Gesù…

Almeno per l’ultima volta attraverso il suo corpo morto ma Gesù le fa capire apparendole, che da quel momento sarà lei ad essere posseduta dall’amore di Gesù. Chiediamo oggi al Signore per intercessione di questa donna gloriosa di possederci nel suo amore.

Lì staremo al sicuro dalle insidie del Maligno, vivremo nella sua Pace e evangelizzaremo il mondo. La Chiesa ha bisogno di riscoprire il genio femminile che la abita e darle spazio e considerazione. Maria di Msgdala è l’emblema della liberazione delle donne voluta da Gesù. Una liberazione fuori e dentro la Chiesa.

La pagina odierna ci fa capire quanto la chiesa è povera senza la presenza attiva del suo femminile.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Dal Vangelo di oggi:
“Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare”. (Mt 13,1)

Ci hai salvato con la Tua Passione, la Resurrezione. Con la predicazione potente, i miracoli misericordiosi.
Ci hai salvato anche quella mattina in cui ti sei seduto in riva al mare. Hai assaporato la brezza, disteso la mente. Sorridendo hai cercato con lo sguardo l’orizzonte.


don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Chi-amati per nome

Santa Maria Maddalena

Nel giorno in cui celebriamo la festa di Maria Maddalena meditiamo sulla pagina del vangelo di Giovanni che traccia nel profilo di questa donna quello del discepolo missionario. Maria di Magdala aveva seguito Gesù dopo essere stata liberata da “sette demoni”, cioè da uno stato di depressione molto forte in cui aveva perso il senso della vita. Davanti al sepolcro vuoto ella si sente nuovamente sprofondare ne baratro dello smarrimento, ma reagisce innanzitutto denunciando l’accaduto e poi facendo quello che le è possibile per ritrovare il contatto con il corpo del Signore. Ha affrontato il mistero dell’incomprensibile morte di Gesù ma non può rassegnarsi alla perdita del suo corpo. Prima d’incontrare Gesù Maria Maddalena si era arresa alla tristezza, ma dopo aveva imparato innanzitutto ad amarsi, ad accettarsi nei suoi limiti, a non dipendere dal giudizio degli altri e ad essere libera di esprimere la sua potente carica d’amore senza inibizioni o complessi che i pregiudizi potevano ingenerare.

La tomba vuota non l’aiuta a ricordare la promessa che Gesù aveva fatto ai suoi che lo avrebbero visto di nuovo, ma interpreta quel fatto come un ulteriore oltraggio al Signore. Ella lo cerca e desidera recuperare il contatto con lui. Le lacrime che le solcano il viso raccontano il suo dolore, ma anche la forza dell’amore che la anima nella ricerca. Gli occhi pieni di lacrime e il cuore colmo di dolore le impediscono di ricordare e di riconoscere. Come potrebbe sapere che Gesù non è stato portato via ma che è lì, vivo? Non basta la passione perché nel momento del dolore la ragione stessa si offusca e la realtà ci appare confusa. 

Dio si fa trovare da chi lo cerca non cuore sincero anche se a tentoni. Gesù non è il custode del giardino ma è il pastore che chiama per nome le sue pecorelle. Esse riconoscono la voce di chi le chiama per nome. È la voce dell’Amato. 

Maria si sente chiamata col suo nome, come tutti i grandi amici di Dio, e amata personalmente. Avviene un cambiamento profondo nel cuore di Maria che non solamente conosce Gesù, e gli è riconoscente per quello che ha fatto per lei, ma è chiamata anche a riconoscerlo davanti agli uomini cioè a diventare missionaria del Vangelo presso i fratelli nella fede. 

La vicenda di Maria Maddalena ci insegna innanzitutto a non arrenderci davanti alle prove della vita che ci destabilizzano ma ad aprire il cuore nel momento del dolore, non solo per condividere la sofferenza che portiamo dentro o per cercare una spiegazione logica a ciò che è accaduto, ma per ascoltare la voce di Dio che ci chiama per nome perché ci conosce intimamente. Egli ci chiama per rassicurarci nella paura, per ravvivare in noi l’amore verso di lui, e finalmente per comunicarci il suo Spirito attraverso il quale portare a tutti la gioia del vangelo. 

La testimonianza della Maddalena, come quella del cristiano che ha incontrato Gesù nella sua vita, non è una fredda cronaca che lascia indifferenti ma è capace di contagiare di speranza coloro ai quali giunge, per mezzo suo, la voce del Maestro.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]