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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Medita

Il ritorno al sepolcro prima dell’alba la dice lunga su che notte abbia passato Maria di Màgdala e su quale sia il suo stato d’animo. La pietra ribaltata e la tomba vuota inseriscono subito nel racconto una tensione drammatica che continuerà a salire fino all’epilogo. Corre subito Maria dagli apostoli a riferire e il plurale Non sappiamo dove l’hanno posto tradisce il suo desiderio di coinvolgere anche loro nel suo dolore. Accorrono i due apostoli, ma poi se ne vanno e lei rimane sola a sfogare il suo dolore sulla tomba vuota. La immaginiamo in lacrime mentre continua a chinarsi e a guardare nel cunicolo, sperando chissà cosa. Alla prodigiosa apparizione degli angeli dentro la tomba non fa alcun caso e anche a loro chiede del Signore, questa volta in forma più personale: col singolare Non so dove l’hanno posto e soprattutto con l’aggettivo mio Signore. Ad un tratto, forse un fruscìo, lei si gira e Lui è lì! Ma non lo riconosce e torna a guardare verso la tomba! Sorprende l’apparente, incomprensibile distacco di Gesù che, senza svelarsi, la chiama donna e le rivolge domande oziose delle quali Lui sa benissimo le risposte. Anche a Lui Maria chiede con ostinazione del suo Signore. La tensione drammatica del racconto, esasperata da questa situazione irrisolta, si scioglie improvvisamente con due sole parole: un nome di persona, Maria, e una qualifica, Rabbunì, alterazione ebraica affettiva, confidenziale, della parola “maestro”. Il congedo di Gesù è quasi brusco, ma Maria, col cuore gonfio di consolazione, vola dai discepoli a dare la notizia della quale forse a lei sfugge l’immenso significato teologico: quello che per lei conta è che il “suo” Signore è vivo.

Rifletti

È un vero e proprio racconto d’amore il brano evangelico che abbiamo appena letto, e non sorprende che lettori non supportati dalla fede l’abbiano travisato fantasticando sui rapporti tra Gesù e la Maddalena. In realtà il paradigma di amore rappresentato dal racconto è riservato a ciascuno di noi, e Maria, con il suo attaccamento al Signore e la sua caparbietà nel cercarlo, anche e proprio nel momento di massimo dubbio circa il suo esserci ancora, è un luminoso esempio di cosa il Signore desidera da ciascuno di noi.

Prega

Signore Gesù, persino chi ti ha conosciuto bene
ha avuto difficoltà a ri-conoscerti.
Chissà quante volte sei apparso anche a noi
e noi abbiamo continuato a guardare altrove
senza accorgerci di niente.
Chiamaci per nome come hai fatto con la Maddalena,
te ne preghiamo, per farci guardare
verso il Tuo Volto e ricordarci tuoi insegnamenti.


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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fra Mario Berišić – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

La grazia non può fare nulla se noi non corrispondiamo con la volontà, se nostra voglia non desidera quello che la grazia ci offre. La grazia è il seme di qui il vangelo ci parla, la volontà è la terra sulla quale seme deve cadere. Per rendere una terra feconda e produttiva ci vuole un lavoro, delle volte anche duro e pericoloso, ci si può anche ferire.

Ciò che conta, non è tanto il seme, oppure chi semina, perché Dio seminerà sempre, Lui è fedele alla sua Parola, ma la terra che accoglie. Infatti quante volte ci è capitato di sentire la parola di Dio e poco dopo ci è sfuggita, come se qualcosa ci ha rubato dalla memoria il ricordo di questa parola? Quante volte abbiamo sperimentato che questa parola ci parla, ci affascina, ma passando dei giorni quel entusiasmo di seguirla è svanito?

Quante volte abbiamo sentito la parola di Dio, però eravamo talmente fissi e occupati con i nostri problemi e non permettevano che questa parola sradica ogni rovo che la soffoca? Ebbene, non è tutto negativo nella nostra anima e nella nostra volontà. Ci sono anche dei terreni buoni che producono dei frutti tutto l’anno, cioè frutti di fedeltà. Mi rivolgo anche a te che ti sei fermato oggi e hai lasciato tutto da parte per dedicare questi 5 minuti per la lettura del vangelo.

Il tuo fermarsi ogni giorno sulla parola di Dio vuol dire che stai provando a rendere tua anima e tua volontà un terreno fertile e fecondo, stai collaborando con Dio, e non devi temere se ancora oggi non vedi frutti diversi dalla fedeltà. Accogli col cuore questo frutto perché la fedeltà rafforza la nostra decisione di essere sempre più conformi a Cristo.

Commento a cura di fra Mario Berišić OFMCap

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don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Ascolto E Sguardo

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Una volta informati gli apostoli della sparizione del corpo di Gesù, Maddalena torna al sepolcro per rimanervi, così come era rimasta presso la Croce (Giovanni usa il medesimo verbo per indicarlo). Il legame con il suo Maestro è diventata la sua identità: senza di Lui non può stare.

Fuori dalla tomba piange e il suo pianto è più volte sottolineato, ad indicarne la drammaticità e l’inconsolabilità. La tristezza di Maria è quella del discepolo che ha perso il Maestro e che Gesù aveva preannunciato nei discorsi dell’ultima cena (Gv 16, 20).

Dall’esterno del sepolcro si china per vederne l’interno e scorge i due angeli la cui presenza, con la veste bianca simbolo del mondo celeste, cambia la natura del luogo: non si tratta di uno spazio di morte, bensì della presenza di Dio.

La loro domanda serve solo a preparare l’incontro di Maria con Gesù, il vero centro della scena.

La donna è costretta a voltarsi: per vedere il Signore deve allontanare lo sguardo dalla tomba e volgerlo verso un altro luogo. Per vedere il Risorto non è alla morte che si deve guardare.

Maria non lo riconosce. È il modo narrativo con cui Giovanni suggerisce che la resurrezione di Gesù non è la rianimazione di un cadavere. Il Risorto non è semplicemente identificabile con l’uomo storico Gesù, ma appartiene a una nuova dimensione, quella divina, non immediatamente percepibile dagli occhi umani.

L’interrogativo che rivolge alla donna, insieme alla risposta che lei dà, fanno emergere l’incapacità di Maria di accedere da sola al mistero del Risorto. La fede pasquale può essere generata solo da una parola di Cristo.

L’ulteriore malinteso – «Dimmi dove hai messo il suo corpo» – serve a Giovanni per evidenziare come il corpo storico di Gesù sia scomparso e come il rapporto con il Risorto possa stabilirsi solo a livello della Parola.

Il riconoscimento avviene esattamente così. Il Cristo chiama la donna per nome e ciò le apre gli occhi. Non avviene un miracolo o un segno prodigioso, ma solo viene pronunciata una parola, che non rivela l’identità del Risorto, bensì quella di chi lo incontra.

Maria è riconosciuta, chiamata, incontrata nella sua propria identità ed è così che riconosce a sua volta Gesù, colui che conosce perfettamente i suoi (cfr. Gv 10).

La reazione della donna che lo chiama «Rabbuni» e lo abbraccia, ripropone la modalità di rapporto che aveva con il Gesù storico, non più adeguata.

La famosa reazione del Risorto – «non mi toccare» – e le parole seguenti circa il suo salire al Padre, dicono a Maria che ora la modalità di rapporto con Lui deve essere differente. Egli ci sarà e sarà incontrabile, ma per strade differenti.

Viene inviata ai discepoli, chiamati per la prima volta «fratelli»: l’innalzamento di Gesù crea un nuovo ordine di rapporti. Ora possono vivere con Lui una comunione che prima della sua dipartita non era possibile e tale comunione trasforma le relazioni tra di loro introducendoli in una fraternità nuova.

Continua qui…

Fonte: il sito di don Cristiano

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don Mauro Leonardi – Commento al Vangelo del giorno, 22 Luglio 2020

Credere in Gesù non è mai un punto di arrivo ma è un desiderio ardente, una richiesta inquieta, un amore indomabile che scruta ovunque per trovare i lineamenti del Signore da contemplare, adorare, amare.

Mariam di Magdala
Tu vedi
Vedi La pietra tolta
E resti lì e piangi perché desideri rivedere il Tuo Amato
Perché Lui è Amore e Dono e Tu lo hai sperimentato : non c’è più, nemmeno il suo corpo morto.
Ecco perché resti lì e piangi, piangi
E alla fine vedi il Tuo Signore
Mariam sei la prima che vede il Signore Risorto e che va ad annunciarlo agli Apostoli,
Sei l’Apostola degli Apostoli, colei che dà l’annuncio agli Apostoli.
Tu che hai scoperto cos’è la Sua Misericordia
Tu che conosci il Suo Amore
Solo l’Amore vede perché vede con il cuore
E tu lo sai che Dio è amore e dono e che ne ricevi nella misura del desiderio.
E tu Miriam, che hai desiderato tanto,che hai amato tanto, cui ti è stato per-donato
tanto, hai capito Chi desideri tanto e ti Si manifesta: lo vedi.
Ora sei in pace e puoi annunciarlo.

Fonte: il sito di don Mauro Leonardi

Mauro Leonardi (Como, 4 aprile 1959) è un presbitero, scrittore e opinionista italiano.


don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 22 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

Sito web – preg.audio

don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Chiedi a Maria come capire la vocazione che Dio ha scelto per te

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AUTORE: don Marco Scandelli
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d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

Lo scoraggiamento, la sfiducia, possono ostacolare il nostro riconoscere Gesù presente e operante. Dio può cambiare anche immediatamente le carte in tavola, aprire nuovi orizzonti che erano lì dietro l’angolo e non vedevamo.

Possiamo trattenere nei nostri schemi persino Cristo. La grazia della preghiera, del cercare Gesù, ci possono portare oltre. Egli è qui, vicino a te ascoltalo! Fate quello che vi dirà, dice a Cana Maria ai discepoli.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 22 Luglio 2020

LA VOCE DELL’AMATO RISORTO E VITTORIOSO SUL PECCATO CI RIDONA LA DIGNITA’ E LA BELLEZZE PERDUTE

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“Maria!”. E’ bastato ascoltare il suo nome, e tutto è cambiato. L’amore di Gesù, già sperimentato tante volte, in quel momento, il più importante di tutta la sua vita, era tutto per lei, come se, per Lui, fosse l’unica persona al mondo. Si è sentita di nuovo importante, e per questo era risorta con Lui. In quel sepolcro, infatti, era scesa anche lei. Per questo vi si era recata “di buon mattino, quando era ancora buio”. Non resisteva in casa, aveva aspettato che finisse il sabato e poi via, di corsa, verso quel pezzo di lei che Gesù era diventato e che il sepolcro aveva inghiottito. La sua vita, i suoi desideri, le speranze, i progetti, tutto era precipitato in quell’anfratto di roccia.

Per Maria la vita s’era fermata allo spirare di Gesù, “il mio Signore”. E ora era giunta all’unico luogo a cui sembra essere destinata ogni carne; e Gesù era stato carne e ossa, parole e sguardi, fame e sete come lei, come tutti. L’aveva visto deporre nella tomba, non c’era altro posto dove andare. Ma era successo qualcosa di imprevedibile: arriva e “vede che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro”; certamente qualcuno aveva “portato via il Signore dal sepolcro, e non sapeva dove lo avevano posto!”. Maria aveva perduto l’unico luogo che ancora dava senso alla sua vita. Non aveva più “dove” andare, anche l’ultimo appiglio le era stato sottratto: con Lui era svanita anche lei.

Per questo, anche se i due apostoli entrano nella tomba vuota e Giovanni vede e crede, mentre essi se ne vanno, Maria rimane incollata dinanzi a quella tomba vuota, “piangendo”. Piange perché è una donna a cui hanno portato via lo Sposo, il Signore della sua vita. “Donna”, così l’hanno chiamata gli angeli, così le si rivolge Gesù iniziando a dialogare con lei. Una “donna”, innamorata e perduta. Solo le donne possono capire… Gli uomini arrivano sempre dopo, entrano, vedono, credono, ma se ne vanno. C’è una fretta in loro che li spinge sulla cresta della realtà. Le donne no, quando amano aprono se stesse per accogliere l’amato nella propria carne e nella propria anima. Hanno una sensibilità e una profondità sconosciute agli uomini, un amore materno che abbraccia e si lascia fecondare, riuscendo così a sperimentare l’unione con lo sposo a un livello ben più concreto ed esistenziale. L’uomo può staccarsi dalla donna e continuare la propria vita, magari sazio di piacere. La donna invece, accogliendone il seme di vita, resta unita alla parte più preziosa del suo uomo. Anche se se ne allontana, porta nelle sue viscere la carne del suo sposo, fatta ormai carne della propria carne. C’è una vita che palpita in lei, un frammento di lui che le è impossibile dimenticare; nel frutto del loro amore è legata a lui per sempre. Così Maria di Magdala con Gesù. L’aveva incontrato nel suo momento peggiore, mentre sette demoni le stavano lacerando cuore e anima. La sua carne stava per essere fatta a brandelli dalle pietre. E Gesù era apparso lì, con un amore di cui nessuna carne era capace; una misericordia che compiva il cuore della Legge secondo la quale sarebbe dovuta morire. Era un “rabbunì” diverso da tutti gli altri, un uomo speciale, l’unico che l’aveva amata davvero, un peccato dopo l’altro, scacciando un demonio dopo l’altro. E lei lo aveva accolto, e Lui aveva deposto nella sua carne e nel suo cuore il seme di Vita Eterna che l’aveva riportata alla dignità, alla pace, alla gioia. L’aveva liberata trasformando la sua libertà piegata verso il peccato in amore. Per questo era rimasta sulla soglia di quella tomba vuota.

Aveva in sé un pezzo di Lui, e le gridava dentro graffiandole il cuore di nostalgia. Le sarebbe bastato restare in ginocchio dinanzi alla “pietra”, il limite imposto dalla violenza e dalla morte, sapendo che però quell’amato che l’aveva amata come nessuno era lì dietro. Esangue, diafano, privo di vita certo, ma quella bocca che le aveva sussurrato l’amore era lì; quegli occhi che l’avevano guardata con tenerezza infinita; quelle mani che l’avevano rialzata dai suoi peccati; quei piedi che l’avevano cercata. Gesù era comunque lì dentro, e lei era con Lui, perché Lui era rimasto in lei nell’amore che l’aveva riscattata. Troppo grande il dolore, troppo forte la paura di restare sola, per immaginare l’impossibile. Per questo il dolore s’era moltiplicato scendendole sulle guance in un fiume di lacrime. Le “avevano portato via” l’unica ancora per la sua memoria. “Piange”, infatti, non solo la morte del suo amato, ma anche e soprattutto perché glielo hanno “portato via”, e non sa dov’è. Questo era insopportabile, un dolore più acuto della stessa morte di Gesù. Maria aveva bisogno di quel corpo, era Gesù accidenti, era il suo amore, la sua vita. E’ disposta ad “andare a prenderlo” per riportarlo alla sua tomba. C’è qualcosa di molto profondo in queste parole che Maria rivolge a Gesù mentre ancora lo crede il “custode del giardino”. Perché non le basta sapere “dove è stato posto”? Sarebbe potuta andare a piangerlo là. E invece no, lo vuole “prendere” e riportare in quella tomba. Ebbene, in questa volontà vi è nascosta tutta la sua storia. Lo aveva seguito sulla via della croce, lo aveva contemplato crocifisso, lo aveva pianto insieme a sua Madre; infine, lo aveva visto deporre in quella tomba. E tutto questo era accaduto a Gesù per l’infinito amore con il quale aveva amato l’umanità, e quindi anche lei.

Quella tomba era, dunque, il tempio che custodiva la memoria di quell’amore. Voleva la tomba di Gesù, perché essa era anche la sua, il segno rimastole di quell’amore sino alla fine che l’aveva salvata. Lo abbiamo visto, vi era scesa con Lui, le era familiare, come il talamo dove s’erano consumate le loro mistiche nozze. Non ne voleva un’altra, non apparteneva al suo Amato, non apparteneva a lei. E per questo “piangeva” non un “chi”, come le aveva chiesto il Signore. Piuttosto “piangeva” un passato troppo bello e sfuggito via. In una parola: come tutti noi alla morte di una persona cara, piangeva soprattutto se stessa, quella parte di lei così legata all’Amato da essere morta con Lui. “Piangeva” il fallimento che ha spezzato sul più bello la sua storia di riscatto e libertà. Ma quelle lacrime segnano per lei l’inizio di un cammino nuovo, non più verso la carne del Signore da “prendere” e possedere, seppure in una tomba; ma verso i suoi fratelli, i discepoli, e, attraverso di loro, verso il mondo, sino a dimenticare se stessa nell’amore nuovo e straripante che spinge a non vivere più per se stessi.

Maria si sente chiamare, ed è resurrezione: “Maria!”, ed è una creatura nuova. Quel nome dava finalmente un nome a Colui che stava parlando con lei. L’amore sprigionato da quella parola le ha dischiuso gli occhi del cuore e della carne: no, non era il “guardiano del giardino”, ma Gesù. Era dunque risorto, era vivo, il sepolcro non è riuscito a trattenere la forza dirompente del suo amore. Era tutto vero quello che aveva sperimentato, e ora era diventato eterno. Sì, non finisce l’amore, non si spegne la misericordia; l’opera di Dio non conosce epilogo, zampilla sino alla vita eterna. Il suo nome era stato pronunciato proprio lì, dinanzi al luogo dove aveva creduto di dover spegnere la sua vita sotto una pioggia di lacrime. Nessuno le aveva portato via il Signore! Solo, non era più come prima. Quel “giardino” era immagine di quello che tutti abbiamo perduto a causa del peccato; e Maria era la nostra vita sperduta lontano dall’identità originaria. Senza Cristo, come ogni uomo che si è separato da Dio. Ma quel “Maria!” era la nuova creazione che la destava a una vita ancor più bella. “Sia la luce, e la luce fu”… “Maria!”, e “Maria fu!”… Quella voce veniva da oltre la pietra, da molto più in là del sepolcro; veniva dal Cielo; per questo il suo nome spandeva una fragranza nuova, che sapeva di libertà. Cristo risorto le consegnava la sua vittoria, la attirava nel suo passaggio al Padre, le spalancava il “giardino” perduto. Ecco la notizia che investe e trasforma Maria. In quel nome pronunciato vibra l’amore nuovo, più forte della morte. L’amore che è uscito vittorioso da quella tomba, spostando la pietra sulla quale avrebbe voluto piangere la disfatta. Cristo è risorto!

Non è lì dentro, non è lo stesso di prima, ha varcato la soglia della morte, del peccato, della carne. E’ Lui, è il Signore, ma viene dal Cielo, vivo della vita celeste, una vita che Maria non aveva ancora conosciuto. E’ la risurrezione che appare oggi anche davanti a noi, come agli occhi di Maria quel mattino di Pasqua. E’ qualcosa di totalmente nuovo, che dobbiamo imparare a conoscere. Si schiude per noi il cammino della Maddalena. Quante volte ci hanno annunziato la resurrezione del Signore, e non abbiamo compreso… Ma abbiamo iniziato a credere e il Signore s’è fatto nostro compagno. Ci ha parlato, ci ha infiammato il cuore, come ai discepoli di Emmaus, ma eravamo ancora piegati sulla nostra carne, sulla storia che ci pesava, le ferite, il male, il dolore. E quel senso di vuoto che neanche l’amore di nostra madre, del marito, dei figli ha mai potuto colmare. Quel vuoto duro e immobile come la pietra del sepolcro, sulla quale ci siamo abituati a piangere. Non abbiamo compreso, ci mancava l’esperienza decisiva. Chi non ha mai sentito il suo nome pronunciato dal Gesù risorto come Maria non può essere cristiano. Quante volte abbiamo tentato di riprenderci il Signore e rimetterlo nella tomba della nostra abitudine al fallimento; quante volte abbiamo pianto lacrime acide di cinismo.

Forse anche oggi, di fronte alla tomba nella quale è chiuso il nostro matrimonio, o quella relazione; o forse di fronte all’incapacità di governare le nostre pulsioni, gli eccessi depressivi del carattere, le parole che ci sfuggono dalle labbra e combinano macelli. Sicuramente anche oggi stiamo piangendo di fronte all’ennesimo peccato, sempre lo stesso, che ci umilia e ci frustra, rubandoci la speranza. Ma oggi la sua chiamata, il nostro nome pronunciato dalle sue labbra in modo così unico, ci apre gli occhi e il cuore ad una possibilità impensabile. Solo il suo amore per te e per me così come siamo può metterci in cammino, come Maria. Sì, perché le mancava ancora un passo, decisivo. Doveva imparare a conoscere Cristo non più secondo la carne, ma secondo la nuova dimensione celeste nella quale era venuta a cercarla. Doveva camminare ascoltando la sua voce chiamarla per nome per attirarla al di là dell’affetto umano. Doveva vivere con Cristo la Pasqua. Lo avrebbe voluto “trattenere”, come noi. Vivo sì, ma per la nostra vita, per sistemare i nostri cuori, le nostre menti: “Un’ultima soglia deve essere varcata, la più importante di tutte: quella che permetterà a maria di elevarsi dall’attaccamento al sensibile al livello della fede. Di non volgersi più verso il passato ma verso l’avvenire…. Ma bisogna che Gesù stesso le comunichi il messaggio pasquale: “Io salgo verso il Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (De La Potterie).

Il luogo dove siamo chiamati con Maria Maddalena è dunque il Cielo, dove arrivare con un cammino che ci conduca dalla carne allo Spirito; e in esso imparare a “non trattenere” il Signore, per vivere ogni rapporto nella totale libertà che è frutto della novità di vita dettata dalla Spirito Santo. Oggi il Signore ci chiama a vivere dimentichi del passato e protesi verso il futuro; le cose vecchie ormai passate, non ritorniamo a rimescolare la stanca minestra dei dubbi, delle debolezze, dei fallimenti. Chi ha conosciuto l’amore di Cristo non potrà più vivere senza il suo amore. Chi ha sperimentato la sua resurrezione sarà naturalmente rimbalzato verso i “fratelli di Gesù”. Ecco la vita che Dio aveva preparato per Maria e per ciascuno di noi: andare, senza posa, a ogni fratello di Gesù perduto nel mondo, per annunciare l’unica notizia capace di cambiare l’esistenza: Cristo è risorto, è salito al Padre suo e Padre di ogni uomo!

Esiste il Cielo, nessuno è orfano. Non ci sono più tombe dove versare lacrime, ma spazi infiniti dove correre ad annunciare il vangelo. Tu ed io saremo, come la Maddalena, gambe e mani, sguardi e voce prestate a Cristo risorto: non importano i peccati commessi, da oggi, la nostra vita riscattata e libera, perduta per amore oltre la morte, camminerà nella Chiesa per dare ovunque al Signore una voce umana per chiamare con il suo amore il nome di ogni suo fratello.


AUTORE: don Antonello Iapicca
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Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 22 Luglio 2020

Oggi con questa pagina del vangelo ci raggiunge la buona notizia che il Signore Gesù è risorto e vivente, avendo sconfitto per sempre la morte. Non solo, ma anche che egli continua a occuparsi degli uomini, a stare loro vicino, a chiamarci per nome (“Maria”) e a considerarci suoi fratelli (cf. v. 17).

Davvero non c’è niente che possa separarci dall’amore che egli ha per noi (cf. Rm 8,35). Questa è la grande buona notizia che a Maria Maddalena è concesso, è dato in dono di poter annunciare: non solo che la Vita ha vinto la morte, ma anche che colui che gli uomini hanno ucciso, una volta risorto continua ad amarli, senza provare rancore, senza volere vendetta, senza farsi giustizia. Non solo, dunque, la Vita ha vinto la morte, ma l’Amore ha vinto l’odio, l’Amore ha vinto la morte!

Nel Vangelo secondo Giovanni vi sono due menzioni di Maria Maddalena: in questo episodio e sotto la croce, insieme a Maria di Cleopa, alla madre di Gesù e alla sorella di questa. Quattro donne più il discepolo amato (cf. Gv 19,26). Ed è a una di queste quattro donne, Maria Maddalena, che Gesù risorto si farà conoscere, mentre lei “stava” presso il sepolcro, come prima “stava” (stesso verbo) presso la croce.

Maria Maddalena è una donna che “sta”, che resiste, che accompagna fedelmente, che non viene meno nell’ora della tribolazione e che anche dopo, nell’assenza del suo Signore, persevera, continua a “stare”, e a “stare verso” (prós), non solo accanto, vicino, come sotto la croce (pará). Sembra quasi che al sepolcro sia protesa verso una presenza, tanto che piangendo, in un gesto molto umano di desiderio dell’assente, ma forse già animato dalla fede, si china verso il sepolcro, per guardare dentro. Per guardare cosa? Il testo non lo dice; ci dice solo che Maria Maddalena sembra non essere rassegnata alla morte di Gesù, ma che ancora cerca, cerca qualcosa; forse, senza saperlo, lo cerca ancora.

E vede due angeli, che la chiamano “donna” (v. 13), come poco dopo Gesù stesso la chiamerà “donna” (v. 15), così come egli aveva chiamato “donna” sua madre (cf. Gv 2,4): c’è una prossimità, un’intimità, una vicinanza di Maria Maddalena con Gesù che la accomuna a quella della madre di lui, così come Giovanni dice che entrambe stavano presso la croce.

Ed è a lei che Gesù, per prima, si fa conoscere risorto. Come dice il salmo: “Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con sincerità” (Sal 145,18). Maria Maddalena è una credente che cerca il Signore con cuore sincero, e il Signore le si fa vicino, le si fa incontro, le si fa conoscere e le dà il mandato di annunciarlo agli altri discepoli.

Sia i due angeli che Gesù le fanno delle domande: “Perché piangi? Chi cerchi?” (v. 15). La fanno parlare, le concedono il dono della parola senza farla rimanere, muta, vittima del proprio dolore. Dandole la possibilità di esprimerlo e di dargli un nome, la fanno emergere all’esistenza, consentendole di far diventare il proprio dolore occasione di incontro, di relazione e di rivelazione. Suscitandole la parola la fanno emergere al suo essere persona (“donna”). L’Amore continua ad agire e a rivelarsi, per gli umani, umanizzante. Che questo dono ci trovi pronti ad accoglierlo!

sorella Cecilia


Fonte

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